Racconto di Barbara Bottalico

(Prima pubblicazione – 1 luglio 2019)

 

In effetti a vederla sembra proprio questo. Una casa alla fine del mondo.

La nebbia sottile e cristallina, quella nebbia che a volte si trasforma in ghiaccio puro la avvolge completamente, a volte mischiandosi con il fumo che esce dai camini, la rende difficile da trovare.

L’aria completamente grigia la avvolge. È tutto grigio, in questo piccolo angolo di mondo. Gli alberi sono così grigi da sembrare di pietra. Alberi anoressici, con frutti piccoli, amari, poco colorati.

Un paio di strani animali girano per la zona. Sono procioni senza pelo, gatti con una zampa in più. Talvolta cani con due teste.

Tutto è buono da mettere in pentola, alla fine.

Un albero piegato su sé stesso segna la via della villetta.

Sembra che qualcuno abbia disegnato quel mondo a matita, in seguito a un miscuglio di funghi allucinogeni e una sbornia colossale.

Nulla è dritto. Tutto è storto, piegato, contorto. Solo la villa si erge, maestosa, in quel misto di vegetazione impazzita e a tratti rada.

È una di quelle ville dall’aria antica, un tempo sontuosa e nobiliare, adesso fatiscente, scolorita e con la vernice scrostata dei muri. Sembra una di quelle donne molto anziane, un tempo bellissime, che nei tratti del volto mostra ancora tracce dell’antica bellezza.

All’interno ci vivono una ventina di persone.

Avvicinandosi si può sentire qualcuno strimpellare malamente una chitarra.

È Jack tre dita, diciotto anni scarsi. Il motivo del soprannome lo lascio a voi, vi dico solo di guardargli la mano destra.

A Jack mancano mignolo, anulare e medio.

Nel salotto cui un tempo la servitù arieggiava i locali e lucidava quadri ormai neri, Jack suona per coprire le urla di Gilda, che sta partorendo proprio in questo momento.

«Si sa cos’è?» domanda curiosa Sarah, che con i suoi quarant’anni è la più vecchia del gruppo, ed è anche una delle persone più vecchie che Jack abbia mai conosciuto. Lui, semi disteso su un divano ricoperto di polvere, scrolla le spalle e scuote la testa.

«Forse è un tre dita» risponde Jack. «Spero non sia come il senza pelle» dice rabbrividendo e sgranando gli occhi, causando un moto di disgusto in Sarah. Jack ha occhi troppo grandi per sembrare veri. Enormi, grigi, con una piccolissima bocca e un naso ancor più piccoli, il tutto su un viso allungato e magro, senza alcun pelo. Né in testa né sul corpo. «Quello era il peggiore.»

«Il peggiore era il senza testa. Per fortuna è vissuto due minuti» risponde Sarah, grattandosi una grossa macchia sul braccio destro. E poi il naso, lungo, così lungo che Jack la sfotte di continuo, dice che se riuscisse ad appuntirlo un pochino potrebbe usarlo come arma. Sarah reagisce lanciandogli addosso la prima cosa che le capita tra le mani. Si gratta la testa, i capelli rossi ripieni di pidocchi e chissà cos’altro. Sono così unti e sporchi, che ormai formano vere e proprie trecce naturali, grappoli di capelli indistricabili tra loro. Al contrario di Jack, smilzo e basso, Sarah è un donnone di quasi due metri, ben robusta e piazzata. Per farsi i vestiti deve usare le lenzuola o le coperte che trova.

«Se vuoi ti rado la testa» propone Jack «Così ti libero dai pidocchi. Poi ti faccio un cappello di lana» e indica i ferri da calza. Un nuovo urlo spinge Jack a continuare a suonare.

«Chi c’è con lei?» domanda Jack.

«C’è Sasha, è brava. Hey, dopo la guerra ripuliamo tutta la casa?»

«Accetto» risponde Jack «Sarà bello no? Tu sai com’è una cosa pulita?»

«Oh sì. Pulita vuol dire che non puzza.»

«E se non puzza odora. Allora andremo a raccogliere il ghiaccio per scioglierlo.»

«Dopo la guerra. Però rasami ora» dice indicando il rasoio, e Jack esegue. Pulisce un paio di volte il rasoio con un pezzo di stoffa, poi batte un paio di volte sul divano. Sarah gli si siede vicino, e lui comincia a rasarla attentamente. I suoi movimenti sono esperti, non tremano nel sentire le urla che provengono dall’altra stanza.

Una ad una, le ciocche cadono a terra.

«Chissà cos’avrà questo bambino» domanda Sarah. «Prima non eravamo tutti così strani. Infatti quando ti ho raccolto mi hai sorpreso, eri quasi normale. Però i tuoi occhi mi facevano schifo, non riuscivo a guardarli.»

«Oh lo so» dice Jack ridendo e continuando a rasarla. «Infatti li uso come arma. Hey, quanti saremo questa volta?»

«Tantissimi, Jack» risponde lei con gli occhi che si illuminano «Ci sono tutti i nostri vicini. Almeno…» conta sulle dita «Direi almeno cento persone!»

«Wow! Una guerra di cento persone è una guerra ENORME» dice Jack stupito. Dall’altra stanza cessano le urla. Jack ferma per un attimo il rasoio. Poi un pianto infantile lacera il silenzio.

«Ohi questo è strano davvero» dice Sasha. «Comunque Gilda non potrà partecipare alla guerra, oggi.»

«E sarà per domani» urla in risposta Sarah, scrollando le spalle.

Le urla cessano dopo un po’. Si sentono dei rumori, ma Jack e Sarah non ci badano. Sono in silenzio, e Sarah si gode l’assenza di prurito che segue la rasatura dei capelli.

«Sarah, ma tu ricordi una guerra con più di cento persone?» domanda Jack.

«Oh sì. Ma è stato tanto tempo fa. Prima che ti trovassi. Era una guerra da decine di milioni di persone. Però non ricordo cos’è successo. So che quando ero ancora piccola, tutto è finito in un puff.  E prima non era sempre freddo. Però il gran saggio dice che prima o poi finirà. Lo chiama…lo chiama…SASHAAAA» urla verso l’altra stanza. Un “che c’è?” giunge in risposta. «Come lo chiama il saggio questo freddo?»

«Ma una roba strana, tipo “inverno nucleare”.»

«Ecco. Lo chiama così» dice Sarah. Jack però tace. Per qualche secondo smette perfino di rasare. «Ohi, qua pizzicano!» lo rimprovera Sarah, indicandosi i pidocchi sulla testa.

«Si scusa. Il gran saggio mi mette soggezione.»

«Perché è vecchio. Tanto vecchio. Addirittura più vecchio di me. Ha almeno sessant’anni, e c’era. Ricorda tutto. Lui e gli altri saggi dicono che non dovremmo farci la guerra.»

«Quelli però vogliono la nostra terra!» dice Jack offeso, mentre Sarah si carezza la testa ormai liscia come una palla da biliardo. L’espressione è soddisfatta. Jack immerge un fazzoletto in un secchio di acqua quasi pulita, poi comincia a lucidargliela. «Non possiamo lasciargli la terra. Anche Gregor lo dice.»

«Dice anche che vinceremo noi. Però magari, nell’altra fazione, adesso un Jack due dita e una Sarah bassa stanno dicendo le stesse cose, no?»

«Non può esistere una Sarah bassa!» ribatte Jack, continuando a pulirla la testa. «Ecco qua» dice avvolgendole intorno una sciarpa di lana e legandola bene. «Non è un cappello, ma ti terrà al caldo» Sarah gli bacia una guancia.

«Grazie Jack. Sei un buon figlio. E a proposito…SASHAAAA. Cos’ha in più o in meno il figlio di Gilda?»

«Ma venite a vederlo, no? Ma niente, ha giusto qualche dito in più. Avrà rubato quelle di Jack» le due sghignazzano, divertite.

«Vecchie arpie! Intanto Jack con due dita in meno riesce a maneggiare una lancia meglio di tutti. Ed è il migliore con l’arco!»

«Grazie Sarah» sussurra Jack.

«Ohi vi muovete?» dice una voce burbera.

«Scusami gigante» sussurra Jack, abbassando lo sguardo. Gregor il Gigante è il capo indiscusso del gruppo. Un “gigante” appunto di un metro e quaranta, dal fisico nerboruto, con troppi capelli e barba e muscoli che gli consentirebbero di sollevare Sarah, Sasha, Gilda, Jack e il neonato insieme. «Gli altri ci aspettano fuori. Prendete le lance, le pietre e le fionde. Si va a spaccare culi.»

«Sì signore! Jack, domani sera ci laveremo con acqua scaldata sul fuoco. Andiamo» e preso per il braccio il ragazzo, si avvia verso l’esterno. Ci vorrà un po’ per raggiungere il luogo del combattimento.

Agli anziani non piace.

Chiamano tutto questo con un nome molto difficile, che nessuno dei contendenti ha mai imparato bene.

Dicono che si tratta della quarta guerra mondiale.

Anno 2061 DC.

Difficilmente la studierete sui libri di storia, le bombe hanno cancellato anche lei.

Ma se un giorno qualcuno dovesse studiarla, sappiate che è cominciata perché un certo Robert Testa grossa, detto così per via della testa insolitamente piccola per il suo corpo, ha un giorno espresso apprezzamento per la villa in cui vive il gruppo di Gregor. E a Gregor non è piaciuto.

Shh!

Le due fazioni sono in campo.

Per l’ennesima volta, cominciano le danze.

Caricate i fucili…LE FIONDE!

La guerra ha inizio!

FINE.