Racconto di Valeria Ronsivalle

(Quinta pubblicazione – 3 giugno 2021)

 

 

 

La prima volta che li vidi era il primo giorno di scuola, avevano portato la loro bimba alla materna,
e con l’ansia di chi si distacca la prima volta da chi ama, seguivano l’inserimento dei primi giorni.

Tra le braccia, una neonata di appena pochi giorni, si contendeva le attenzioni della sorella.

Sorridevano, perché avevano il mondo ai loro piedi, il loro piccolo mondo.

Si erano conosciuti al liceo, e da subito avevano capito di essere anime gemelle, così avevano iniziato a costruire il loro regno: un grazioso regno fatto di complicità, di una casetta con le tende di pizzi e merletti, di un giardino con un cucciolo festante e pestifero, di domeniche passate a coccolarsi e fantasticare.

Poi lei aveva scoperto di avere in sé una nuova vita, e nel loro regno era arrivata una piccola principessa, un biondo, morbido, testardo, capriccioso fagottino, che aveva assorbito ogni loro attenzione.

Lo ammetto, un po’ li avevo invidiati, così giovani, così innamorati, così belli.
Lei, con i suoi lineamenti delicati, l’incarnato roseo e chiaro e la sua verginea semplicità.
Lui, con un fisico asciutto, un pizzetto sbarazzino e gli occhi all’orientale.

Ci incontrammo altre volte in seguito, sempre alla materna e poi, mentre i nostri figli crescevano, alle elementari.

Sono delle brave persone, pensavo, hanno valori solidi che stanno trasmettendo alle loro figlie, vivono un’esistenza semplice fatta di piccole cose, non chiedono niente alla vita, se non qualche attimo di felicità.

E mi ripromettevo. ogni volta, che avrei approfondito questa nostra conoscenza.
Perché è bello condividere la vita con chi è sulla tua stessa lunghezza d’onda.

Poi la vita volle diversamente, e pur abitando nello stesso piccolo borgo ognuno di noi seguì la sua strada.

Fu per caso, tempo dopo, che mi raccontarono cos’era accaduto.
Era avvenuto tutto in un modo talmente rapido da sembrare quasi irreale.

CARCINOMA AL PANCREAS,
una sentenza di morte, e Fabio se ne andò via in poco più di tre mesi.

Quand’ebbi il coraggio di fermare Lucia, più di un mese dopo, mi raccontò che all’improvviso lui aveva cominciato ad avere dolore alla schiena, e dopo aver tentato ogni consulto alla fine era arrivata la diagnosi.

Raccontò dell’angoscia a ogni nuova visita, del dolore immenso e disumano che il suo corpo doveva sopportare, delle speranze iniziali prima di capire che il loro regno, il loro piccolo regno, in pochi mesi sarebbe stato spazzato via da un male crudele e insensato.

Tirò fuori una foto del marito: là Fabio, col suo pizzetto sbarazzino ancora sorrideva sereno.

Tornai a casa con un nodo alla gola, grata perché il mio destino era stato diverso.
Io ancora avevo il mio piccolo regno, un piccolo despota che cercava ogni giorno di realizzare i suoi capricci, una cucciola pestifera che mi rosicchiava la scala di legno abbaiando a ogni piè sospinto, un principe consorte pronto a sorreggermi ad ogni difficoltà.

E come avrebbe fatto d’ora in poi, Lucia?
pensai angosciandomi al pensiero di ciò che l’aspettava.

Beh, un’uggiosa domenica d’ottobre, mentre partecipavo alla messa mattutina, ebbi la mia risposta.

S’era seduta davanti a me con la bimba più piccina che ogni tanto si stringeva alla sua mamma.
La vidi a un tratto toccarsi con dolcezza la guancia. E poi girarsi all’indietro quasi a cercar qualcuno.

“Chi cercavi poco fa?”
le chiesi all’uscita da messa.

“Che strano …
– mi rispose-
mi è sembrato che a un tratto qualcuno mi sfiorasse la guancia con una carezza tenera e lieve.
Ma quando mi son guardata attorno non c’era nessuno.”

Poi sorrise quasi confortata, prese per mano le sue bimbe, e si diresse verso casa.

Mi piace pensare che quel giorno. un angelo volato in cielo troppo presto, un re che aveva lasciato alla sua regina un regno assai difficile da governare tutta sola, in quel giorno di festa abbia mosso le sue ali.
E con una di esse abbia sfiorato il viso di chi amava per farle sentire che le sarebbe stata sempre accanto.
Ché il legame tra due anime è immortale.

Perciò, se domani sera sentite una carezza sfiorarvi le guance, attenti:
potrebbe essere un angelo che vi copre con le sue ali…