Racconto di Valentina Riva

(Prima pubblicazione)

 

La luce sporca della sera evapora sulle tazze accatastate, mentre lei non smette di fissarmi. Se sta cercando di convincermi a lavare tutto, si sbaglia: non è l’unica a dover studiare, si è approfittata fin troppo della mia disponibilità. Piuttosto, lascerò che siano le blatte a ripulire le croste dalle stoviglie.

Non mi occuperò nemmeno dei cocci sparsi a terra, perché è stata colpa sua se la lampada è caduta. E sarà l’effetto dell’alcol, ma, senza il getto di luce sulla pagina, non riesco a concentrarmi perché i numeri continuano a sciogliersi in un fumo nero che mi offusca la vista. Tanto è tardi, non riuscirò a dare nessun esame nemmeno questo semestre e torneremo tutti a calcolare: io conterò quante bugie servono a spiegare perché non mi laureo nemmeno a settembre e i miei conteranno tutti i soldi sprecati per mantenermi a Èdinburgg. Ops… lei direbbe it’s Edinbra.

Sì, perché lei è madrelingua, io, invece, ho a very strong accent. Le consonanti inghiottite a mezza gola strizzano la sua voce appuntita, fastidiosa quanto le unghie sulla lavagna. Come quando dice Electronics? The exam wasn’t too bad: I got an A, oppure, oh, mathematics was actually ok: I got an A there too. Ma è quando sottolinea I’ve never failed a single exam che le mie labbra si ritirano a scoprire i denti e sento le sopracciglia piegarsi fino alla radice del naso.

Dovrei darle un po’ di James Skye per farle arrotondare lo spessore delle corde vocali e della spocchia, in un colpo solo. Peccato che la bottiglia sia sparita da ben due giorni… A pensare che era piena, mi sale la rabbia!

C’è qualcuno alla porta, ma lei rimane accoccolata nella sagoma che ha scavato sul divano a furia di stare seduta. Starà caricando English please, per spararlo nel caso sia un mio amico italiano. Non mi alzerei nemmeno io, se non fosse che nell’ultimo periodo gli squilli mi fanno tremare il cervello. Non so quando è iniziato questo fastidio, ma ricordo che a maggio riuscivo ancora a sopportare i fischi dei canarini.

Apro solo un po’. Nello spiraglio, allunga il collo il solito mentecatto della prima fila: «Hi Giulia…». Sgrana gli occhi, me li butta in faccia, poi dietro le spalle «… Are you ok?» continua, ma non rispondo, e allora riprende: «Is Suzanne at home? She hasn’t shown up in class for two days and I can’t get her on the phone».

Con l’angolo dell’occhio colgo l’espressione supplicante di lei e, visto che rimango comunque una persona corretta, decido di farmi gli affari miei: «No, she’s not here. She went to see her family and she’s not back yet». Chiudo la porta e mi fermo un attimo a godere del sollievo che mi procurano i passi che si allontanano.

L’immagine della mia faccia guizza nello specchio appeso all’entrata, ma non resto a guardare perché l’espressione del mentecatto è stata sufficiente a chiarire lo stato del mio aspetto. Intanto che lascio il corridoio, una zaffata acida mi sorprende; annuso un braccio, poi l’altro, ma è dalla finestra semiaperta che viene la scia. Ah sì, i canarini sul davanzale! A giudicare dal buco nelle piumette, devo averli strozzati almeno una ventina di giorni fa. Se penso che il loro era un rumore pulito, senza boria e malignità, mi fanno quasi pena.

Torno in salotto e mi avvicino a lei, quel poco che basta a notare che le cola il naso e che ha uno sguardo rarefatto che comincia a disgustarmi. Qualcosa si deve pur fare. Tiro il cappuccio della felpa sulla testa e comando alle mie gambe molli di portarmi giù al negozio. Pago in cash e torno sopra.

Di sacchi di immondizia per rifiuti grossi e pesanti ne ho comprati venticinque. Perché non si sa mai. Ne apro uno, lo sistemo a terra a fianco al divano e inizio a spingere, più forte, ancora un po’ e BAM! Il suo corpo cade proprio sul sacco. Per fortuna non si aggiungerà sporco allo sporco, visto che il sangue sulla sua tempia è ormai ridotto in croste. Devo solo appallottolare braccia e gambe nella plastica nera e spingere tutto il pacco nell’armadio. Per ora.

Ah, ecco, era proprio sotto di lei: l’etichetta dice James Skye Blue, ma il vetro è macchiato di rosso. Questa bottiglia sarà l’unica cosa che pulirò oggi.