Racconto di Maria Pia Rosati

(Quarta pubblicazione)

 

 

 

Fin da quando l’ho visto per la prima volta, Mimmo è stato il ragazzo che avrei voluto avere come fidanzato. Eravamo vicini di casa e frequentavamo la stessa scuola elementare. Nel nostro condominio non c’erano bambine con cui giocare. Ogni pomeriggio, nel cortile, insieme a Mimmo si radunavano tanti ragazzini che trascorrevano le ore a rincorrere il pallone. All’inizio li osservavo dal balcone con lo sguardo annoiato, poi un pomeriggio mi è presa la voglia di scendere giù e di provare. Così ho imparato a giocare a calcio invece di pettinare le bambole. E ho cominciato a divertirmi. Ma quando mi mettevano in porta e sbagliavo le parate, mentre tutti i compagni di squadra mi urlavano contro, Mimmo, due spanne più alto degli altri, veniva a difendermi e si lanciava contro quei ragazzini scalmanati. Era il mio eroe, quello che mi proteggeva da tutto e da tutti. Dopo qualche anno abbiamo preso l’abitudine di trascorrere i pomeriggi a girovagare per il quartiere sul suo motorino. Ci piaceva mangiare il gelato d’estate, la pizza al taglio d’inverno e gli hamburger con le patatine fritte in tutte le stagioni: mangiare insieme ci rendeva felici. Da adolescenti ci siamo ritrovati con qualche chilo di troppo, ma noi ci piacevamo comunque. Quando Mimmo ha cominciato a lavorare in un vivaio e io come commessa in un ipermercato, ci siamo fidanzati. Ma ci è rimasta la passione per il calcio. Così, qualche anno fa, abbiamo organizzato una squadra femminile di calcetto e Mimmo è diventato il nostro allenatore. Poi siamo andati a vivere insieme e, al rinnovo del suo contratto, abbiamo deciso di restarci per sempre. Abbiamo fissato anche la data del matrimonio. Ma per affrontare le spese del   viaggio di nozze alle Maldive che mi aveva promesso, Mimmo ha preso un prestito in banca da rimettere in quindici anni. Le compagne del calcetto si sono proposte come damigelle e una di loro ha disegnato anche i bozzetti per gli abiti da cerimonia. Eravamo tutti emozionati. Sarebbe stata una grande festa! Mimmo ha versato gli acconti per il banchetto e per la luna di miele, io ho provato il mio abito da sposa, candido come la neve e con la gonna così gonfia che sembravo una meringa. Di certo non mi snelliva, ma ho pianto per l’emozione dentro quella nuvola di tulle: mi sono vista bella nonostante il mio corpo abbondante.

Ma una mattina, mentre sistemavo lo scaffale dei detersivi, è accaduto qualcosa di strano: mi sono sentita osservata da uno sguardo insistente che mi ha creato un forte imbarazzo: sono arrossita, lo ricordo ancora. Quando mi sono voltata, ho visto la collega, assunta da pochi giorni, che mi fissava negli occhi come Mimmo non aveva mai fatto. Nei giorni successivi ho cercato di allontanarmi da quello sguardo che mi seguiva dappertutto, giuro che l’ho fatto, sognando il mare cristallino delle Maldive dove mi sarei tuffata.

Poi è accaduto tutto un sabato sera, alla fine del turno, quando lei mi ha invitato a bere una birra. Non saprei dire perché, ma ho accettato subito, d’istinto, senza darmi il tempo di pensarci, dopo aver trovato una scusa con Mimmo. Nel pub affollato e rumoroso, lei mi parlava sottovoce senza abbassare lo sguardo, senza staccarmi gli occhi di dosso.  Io sono restata in silenzio invasa da una sensazione nuova: imbarazzo, ma anche attrazione, paura e insieme desiderio. Poi in macchina, in silenzio, seduta accanto a lei, seguendo il fumo delle nostre sigarette, lei mi ha accarezzato prima il viso e poi la testa. Ricordo poi le sue mani che mi sfioravano i jeans: io e lei con gli stessi capelli corti e neri, le spalle grosse e i fianchi abbondanti. Mi sono sentita per la prima volta nel posto giusto, dove, senza saperlo, da sempre avrei voluto essere. Quando sono rientrata era l’alba e Mimmo era ancora addormentato. Chiusa la porta alle spalle, ho capito che in quella casa non avrei più potuto essere felice. E così ho mandato tutto all’aria e ho scelto lei.

Non mi è importato nulla delle parole cattive dei miei genitori che si sono vergognati davanti ai parenti e agli amici, nemmeno delle amiche che mi hanno accusata di essere stata sleale. Mi dispiace solo che Mimmo stia soffrendo per me e che continui a pagare il mutuo per le spese del mancato matrimonio. Lei è gelosa del mio passato, non ha voluto che tornassi nella squadra del calcetto che per colpa mia si è sciolta. Ma per averla con me ho dovuto fare delle rinunce.

Sono passati dei mesi e abbiamo scavalcato la fatidica data del matrimonio. Qualche amica comprensiva ogni tanto mi manda un messaggio. Ora io e lei viviamo insieme. Sono felice, ma ho paura di perderla da un momento all’altro. Non so fino a che punto posso fidarmi di lei. Sono riuscita a recuperare l’amicizia e l’affetto di Mimmo. Proprio ieri è venuto a montarci i mobili dell’Ikea. Lui non mi ha abbandonato come gli altri. Ha un animo nobile il mio eroe, talmente buono da superare il dolore e la rabbia e desiderare solo la mia felicità. Lei lo guarda con sospetto, ma io so che il nostro legame non finirà mai.

Le amiche di un tempo vanno dicendo in giro che lei mi lascerà: un giorno di questi tornerò a casa e non la troverò e rimarrò sola a piangere sui miei errori. Che ci sarà solo Mimmo ad aspettarmi e che, alla fine di tutta questa storia, torneremo insieme. Perché è giusto così.

Io ho paura. Non so come andrà a finire, cerco di vivere giorno per giorno. Ma se dovrò cercare un posto dove rifugiarmi e trovare conforto, so che è alla porta di Mimmo che dovrò bussare. Poi, forse, torneremo a cercare insieme il migliore tiramisù della città, a gustarci le cucchiaiate di panna e a fregarcene dei chili di troppo. E a riprovarci di nuovo, magari per sempre.