Racconto di Francesco Liberti

(Prima pubblicazione – 28 febbraio 2020)

 

Pinkus Klaus girava per Pasadena, aveva sempre il terrore che un malato di mente,

chiamato “l’orrendo” per la grossa cicatrice che aveva sulla fronte, gli occhi stralunati e perversi per l’evasione dal manicomio di Trincera a El Paso City, potesse comparire all’improvviso e aggredirlo nel cuore della notte senza che nessuno potesse soccorrerlo.

Nel malfamato quartiere dei filippini la sera, dopo le due di notte, si organizzavano incontri clandestini di lotta greco-romana con loschi individui che organizzavano un giro di scommesse illegali.

Talvolta Pinkus seppur terrorizzato assisteva alle rissose sfide omeriche.

Altre volte saliva a casa sua che era il regno della sporcizia e del disordine: lattine di birra per terra, mozziconi di sigaretta spenti in bottiglie di vino, un manifesto elettorale usato come tappeto e un grammofono degli anni ’30 che trasmetteva canzoni di musica folk.

Si mise sotto le coperte come faceva quando era piccolo, sentì qualcuno che bussava alla porta e da quel punto una voce rauca e profonda che sibilava: <<SONO L’ORRENDO, SONO L’ORRENDO!>>, sono anche la tua ombra e per questo che scappi e ti ritrovi col mio fiato sul collo, “per questo fuggi da te stesso, ma sappi che ti prenderò un giorno”.

Pinkus nel dormiveglia, dato che si era adagiato sul letto in quello stato in cui è attiva solo in parte la coscienza, non sapeva se avesse assistito a una scena reale o irreale, ma si addormentò all’istante.

Giù al quartiere i filippini si davano da fare, macchie di sangue dappertutto, denti rotti, gli scommettitori che pagavano i vincenti e nella mente di Pinkus una voce lo tormentò: <<Sono l’orrendo, sono l’Anticristo e una di queste sere verrò a leggerti i salmi e poi ti divorerò>>.

A quel punto Pinkus, vecchio ubriacone, si alzò e aprì la porta ma non c’era nessuno, poi, come il rumore di una montagna di nubi che s’accatastano violentemente, lampi, tuoni e pioggia. Vide un gruppo di filippini che entrava dentro casa sua, <<SOGNO O REALTA’?>>.

I rumori delle macchine della polizia imperversavano nel quartiere.

I filippini entrarono nuovamente e le loro facce si trasformarono in facce di animali giunti tragicamente al mattatoio per la scena finale delle loro vite, la padrona di casa entrò con una scopa e li cacciò tutti via.

“Signor Pinkus Klaus non le pare che stiamo esagerando?”

“Ha ragione Signora Mortimer”, le disse Pinkus, “ma vedrà che sistemeremo tutto!”.

Pinkus diceva a se stesso: “ma questa è pazza?”. Non vede che si stanno realizzando fenomeni oltre l’umano e che la mia ubriacatura non c’entra nulla?”

IL caos che si era prodotto in quella casa sembrava l’epilogo della guerra del ‘15-18.

Cosa rimase di tutto ciò?

Qualche coccio di bottiglia rotto che si conficcava nei piedi e i poliziotti che ammanettavano gli scommettitori filippini delinquenziali… dove era rimasto il loro onore?

<<L’orrendo rimase in piedi perché possedeva il dono dell’invisibilità e dell’ubiquità>>.

Pinkus Klaus andò a dormire e fece uno strano sogno.

Sognò che stava scrivendo con la sua macchina da scrivere fin quando gli comparvero dal fondo della schiena due ali bianchissime.

Una malìa antica e magica, musicale e deflagrante, che gli dava potere, si impossessò di lui e si sollevò da terra e fece uno strano giro per la stanza e poi uscì fuori dalla finestra, volando in dirittura d’arrivo all’ingiù fino al mondo dei defunti e risalendo come un raggio di luce che perfora gli astri e il cielo.

Pinkus Klaus si risvegliò tutto fradicio di sudore, quasi avesse un sudario addosso; si toccò la schiena e la prima cosa a cui pensò furono le ali: erano finte, oniriche, appartenenti al sogno o potevano diventare realtà?

La malìa che sentiva dentro la sua testa era scomparsa: ma le ali, le visioni, le vibrazioni, le allucinazioni visive che gli entravano nella memoria lo lasciavano in uno stato di eterna quiete quasi come se lo spirito si distaccasse dal corpo.

Il suo temperamento era mite ma qualcosa, e parlo delle forze segrete e invisibili che governano le leggi della natura, gli fecero capire che si sarebbe trasformato in un lupo.

Scese le scale lasciando orme di sangue e si girò fissando l’orrendo che lo teneva al guinzaglio. Tutto avvenne in un attimo!

Poi Pinkus Klaus assunse la sua forma umana originaria e “l’orrendo” gli disse: “hai visto? Posso comandare i tuoi sogni e servirti la tua testa per puro piacere su un piatto d’argento, come la storia di Salomè che volle la testa di Giovanni il Battista. Posso fare di te un animale infernale divoratore della tua anima, ti basta?’”.

Pinkus ribattè: << O sporca creatura che vieni a me dagli abissi della terra, non potrai avere la forza del Mefistofele di Goethe o dell’Innominato di Manzoni, sei solo un turbinio di ossessioni sepolte negli anfratti della mia memoria!>>.

<<Per fare che?>>.

<<Non hai capito. Io sono la tua ombra, “l’orrendo” è una maschera, è solo una mistificazione della tua mente, realizzatasi nella tua mente. Se io uccido me stesso tu morirai con me e io continuerò la vita nel tuo nuovo corpo in un’altra forma di vita, in un’altra dimensione terrena o ultraterrena.>>.

Pinkus Klaus lo prese a bastonate, immaginate di prendere a bastonate un’ombra… poi le sue mani si incendiarono e “l’orrendo” divenne Pinkus.

<<Che il tempo si ripristini!>> Disse l’orrendo e divenne alto tre metri.

Poi si ripeterono le 24 ore del giorno successivo, le lancette degli orologi scivolarono all’indietro velocemente, senza fermarsi, prima del limite prefissato.

Giù per la strada c’era la folla dei filippini, spettatori della lotta greco-romana, i latinos che correvano nelle loro auto rubate, la proprietaria di casa, la signora Mortimer che entrava nella stanza di Pinkus. Era notte, le luci delle macchine della polizia si confondevano con la luce dei fari delle vetture rubate dei latinos.

“L’orrendo” ballava divertito in mezzo ai filippini che avevano fatto irruzione nella lurida stanza di Pinkus Klaus. E non so quanto si ripetesse la scena. Un’allucinazione e una visione possono determinarsi anche solo per un’eternità.

Pinkus Klaus riapparve.

Aveva volato nell’isolato, si era poi trasformato in un bambino che aveva quattr’occhi, ”gli occhi della veggenza” che gli aveva trasmesso il suo angelo custode  di nome Karamas, dagli occhi penetranti e profondi, intuitivi e logoranti fino ad arrivare alla facoltà di avere un profondo potere sulle cose, con cui potè vedere la realtà che lo circondava.

Pinkus Klaus si affacciò dalla finestra, essendosi ripetuta la scena del giorno prima.

E vide i filippini che si picchiavano, usando un eufemismo, perché la lotta che facevano era troppo rozza per restaurare le forme dei movimenti della lotta greco-romana e per tutto il giro di denaro sporco a essa collocato.

Ma quale Mefistofele, Innominato o Orrendo Manicomiale, tu sei solo una caricatura, disse Pinkus all’orrendo.

Pinkus si sentì afferrare i polsi.

Cadde per terra.

Le finestre della sua stanza si aprirono trainate da un colpo di vento improvviso e Pinkus e l’Orrendo si guardarono per un istante che valse l’eternità.

Una folla di filippini entrò nella stanza.

La scena si ripetè più volte come un meccanismo spettacolare e autodistruttivo.

Si udirono suoni di tromba.

Pinkus Klaus prese un coccio di una bottiglia di vetro e cercò di colpire il rivale, “l’ombra”, poi le luci della stanza si spensero.

Anche le luci di strada si spensero.

La strada divenne un deserto come quello dove Gesù veniva tentato dal Satana.

I filippini, i latinos, le macchine della polizia, la signora Mortimer, erano tutti tornati all’indietro nel tempo.

Pinkus Klaus e l’orrendo caddero dalla finestra.

Una sola macchia di sangue rimase per terra, la scena si contraddistinse nella notte oscura fino all’omicidio.