Racconto di Susanna Furcas

(Prima Pubblicazione)

 

Appena l’aveva vista si era chiesto come sarebbe stato fare l’amore con quella donna silenziosa, senza un filo di trucco, che non sembrava essersi smarrita nell’azzurro dei suoi occhi. Lo aveva salutato e basta e nei giorni successivi non aveva fatto nulla per richiamare la sua attenzione. Sì. La vedeva ogni giorno passare, spedita, in quel corridoio, mentre si girava a salutarlo, per poi proseguire la sua strada. Aveva iniziato a chiedere notizie su quella donna discreta, che camminava in punta di piedi e incrociava gli sguardi con occhio timido, quasi a volersi scusare. Non era bella, ma quel comportamento insolito in una donna attirava inevitabilmente l’attenzione. Dovunque andasse le donne lo rincorrevano, inesorabilmente stregate dai suoi occhi azzurri e dall’espressione scafata di uomo conquistatore. Gli si paravano davanti e da sempre aveva avuto l’imbarazzo della scelta. Nessuna gli aveva fatto battere il cuore, ammaliandolo senza possibilità di scampo. Del resto, non moriva dalla voglia di farsi accalappiare da nessuna donna. La convivenza uccideva l’amore e le donne rivelavano il peggio di sé, una volta che riuscivano nell’intento di accalappiare l’uomo che le salvasse dal destino di zitelle. Non gli era mai piaciuta quella parola, eppure nel ventunesimo secolo erano tante le donne spaventate da quell’etichetta. E si parlava di emancipazione. Cambiavano uomo con molta disinvoltura, all’insegna di una libertà dettata dalla emancipazione, conquistata negli anni, che faceva ridere i polli, apparendo in contrasto con il vero desiderio – trovare un uomo, che le sottraesse dallo status di zitella. Luoghi comuni, che non cambiavano con la vita moderna, ma intuiva non appartenessero alla vita semplice della donna acqua e sapone che gli era stata presentata quella mattina d’inverno e gli era venuto in mente come sarebbe stato fare l’amore con lei, che non gli era mai corsa dietro, né aveva mai dato ad intendere di essere vulnerabile dinanzi ai suoi occhi azzurri. Poteva essere di tutti e di nessuno, ma se l’intuito di uomo vissuto non lo avesse tradito, avrebbe potuto essere stata di nessuno, in attesa dell’unico uomo da amare o di qualche bastardo che le aveva spezzato il cuore, come capitava a molte brave ragazze. Si era divertito a fantasticare su quella donna acqua e sapone che indossava con disinvoltura qualunque abito e veniva notata per il suo desiderio nascosto di essere invisibile. C’era molta timidezza in quegli occhi limpidi e il candore di chi crede nella vita e nel prossimo, malgrado le pedate, nascoste dietro l’incedere frettoloso. Così, si era messo a chiedere qualche informazione alla lontana, senza dimostrare troppo interesse, per non scatenare i pettegolezzi, che detestava e che intuiva non sarebbero piaciuti neanche a quel viso acqua e sapone. La sua collega di stanza era apparsa del tutto adatta al ruolo di informatrice, mai avara di parole e da subito desiderosa di accattivarsi la sua simpatia. Caspita. Lo aveva notato da subito che quella donna, sua compagna di stanza, si era presa una bella scuffia per lui. Gli occhi azzurri avevano colpito ancora, così alla donna era parsa cosa buona e giusta soddisfare la sua curiosità, illusa che, accontentandolo si sarebbe accorto di lei. L’aveva usata spudoratamente, senza pensare alle conseguenze, ma spinto dalla curiosità per una donna in contrasto scricchiolante con quelle che aveva incontrato fino ad allora, collega di stanza compresa. Lavorava in fondo al corridoio ed era di una riservatezza fuori dal comune, da suscitare la curiosità di chiunque incontrasse. È un’artista. Aveva sentenziato la sua collega di stanza. Una scrittrice, con il turbine di pensieri sempre in moto. La vedi che cammina sempre spedita, di pari passo con i suoi pensieri. C’era una nota di ammirazione in quelle parole e forse anche di invidia. Aveva pensato. Sposata? Si era deciso a chiedere. No. La risposta secca della collega gli aveva confermato il suo interesse malcelato per lui, che aveva stuzzicato il suo amor proprio, ma a tratti lo infastidiva. Non era sposata, ma perché lo aveva chiesto, se lui era un instancabile spirito libero? Forse perché una donna non trasgressiva, né vistosa doveva per forza avere la fede al dito, o forse perché aveva paura che l’avesse per davvero. Non aveva mai badato alla fede. Il viso acqua e sapone e gli orecchini etnici saltavano agli occhi, ma di anelli neanche l’ombra, o forse sembrava troppo notare particolari in una donna che camminava frettolosamente, per niente interessata a premere bottone con l’uomo più gettonato del corridoio. In contrasto con le altre. Ecco cos’era e per quello le avrebbe chiesto volentieri di uscire, anche se quell’incedere spedito e titubante allo stesso tempo, lo metteva a disagio. Cos’avrebbe fatto, se lei avesse rifiutato? Non era abituato ad essere respinto e a pensarci bene, spesso le donne gli si offrivano e se fossero state carine, non gli sarebbe sembrato inopportuno starci un sabato sera e arrivederci e grazie. Con lei non sarebbe stato così. Lo sentiva e forse era quello il motivo che lo portava a rinviare un approccio. Si chiedeva però cosa sarebbe successo, se avesse accettato di uscire una sera con lui. Dopo le luci accecanti e i rumori assordanti della discoteca, o le luci soffuse di qualche locale sarebbero finiti a letto, o semplicemente l’avrebbe riaccompagnata a casa, per non spezzare l’incantesimo del contrasto con le altre donne. Le avrebbe voluto chiedere cosa scrivesse e se la immaginava a comporre poesie d’amore e storie strappalacrime, con qualche cuore spezzato per finale. Una donna in contrasto con le altre, che poteva essere di tutti e di nessuno, o forse dell’unico uomo che le dichiarasse amore eterno, oltre la vita, come i protagonisti delle storie, che immaginava potesse creare. La sua collega di stanza l’ammirava, ma da quella vecchia volpe che era, lui avvertiva un velo di invidia nelle lodi sperticate che la collega esprimeva a favore della donna in fondo al corridoio, in contrasto con tutte le altre donne che gli erano capitate a tiro negli anni. Aveva visto amicizie sciogliersi come neve al sole, quando il classico paio di pantaloni varcava la soglia delle donne. Veleni, menzogne e amicizie finite, quando si trattava di avere un uomo, all’insegna di” in amore e in guerra tutto è consentito”. Allora, i visi angelici diventavano erinni e come facesse un uomo ad accompagnarsi a donne simili rimaneva un mistero. Forse per questo non aveva mai saltato il fosso. Per non deludere la nomea di maschio sciupafemmine, o per non farsi sciupare da donne capaci di seppellire un’amicizia per un uomo e che di sicuro non avrebbero saputo offrire amore a nessuno. Erano passati tre anni da quell’incontro con la donna acqua e sapone, in contrasto con le altre, senza che avesse mai avuto il coraggio di chiederle di uscire. Cribbio. Possibile che lei non gli avesse mai agevolato il compito, fermandosi a parlare, rompendo un po’ il ghiaccio insomma. Dimenticava però che quegli occhi erano timidi e che una donna timida non preme mai bottone con un uomo. Aspetta, o spera che sia lui a farlo, superando gli ostacoli di una maschera di ghiaccio. Non sapeva che qualcuno aveva cospirato sul loro incontro. Erano molte le donne, che avrebbero fatto carte false per un’uscita con lui. A quel punto, se non ci fossero riusciti, tanto sarebbe valso seminare zizzanie e spargere la voce su matrimoni o fidanzamenti indissolubili. Una donna in contrasto con le altre non avrebbe giocato qualsiasi carta per averlo. Semplicemente, si sarebbe fatta da parte, per non apparire ridicola, o per non intraprendere un’impresa senza regole. Così, l’aveva perduta senza mai possederla, ma la curiosità su cosa celasse quel viso acqua e sapone gli era rimasta, mentre i suoi fine settimana erano costellati da avventure, che non gli trasmettevano nessuna emozione, ma soddisfacevano i desideri effimeri del sabato sera.

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