Racconto di Angela Moscarelli

(Quarta pubblicazione)

 

 

 

Prese il vecchio album di fotografie, percorse il lungo corridoio e andò in cucina. Lo posò sul tavolo, si sedette e cominciò a sfogliarlo. Era un gesto che aveva fatto tante volte. Le piaceva ritrovare in quelle foto ricordi anche di vite e persone mai conosciute. Si dava sempre qualche secondo di tempo prima di iniziare a sfogliare l’album, ne accarezzava la copertina rigida, sapendo già quali foto sarebbero apparse per prime ma come fosse ogni volta una sorpresa.

Lentamente girò la copertina e un lieve sorriso le si impresse sul volto. In quelle foto ritrovava lei bambina, sua madre e suo padre, adolescenti, i suoi nonni finalmente giovani, persone conosciute solo attraverso i racconti dei suoi familiari, cani e gatti che avevano percorso un tratto di vita con lei e altri che avevano accompagnato la gioventù dei suoi genitori o dei suoi nonni. Sfogliando con gesti lenti l’album, ogni tanto prendeva una foto per avvicinarla maggiormente agli occhi e studiarne meglio i visi dei soggetti immortalati. Ne studiava lo sguardo e le espressioni per cercare di capire se erano felici, stanchi, irritati, indifferenti, sereni, in quel particolare momento della loro vita. Gli stessi volti, in diverse epoche e foto, ora erano sereni, ora rabbuiati ora divertiti, ora stanchi. Anche nei sorrisi dispensati al fotografo e alla macchina fotografica, ogni tanto scorgeva sguardi tristi o rassegnati o pensierosi, ma perlopiù i sorrisi sembravano sinceri perché la foto rappresentava comunque una pausa, un diversivo, un momento di gioco. Tra le altre, c’era quella con volti noti della sua famiglia. Volti accaldati e stanchi per il lavoro in campagna, ma ognuno di loro con un sorriso divertito rivolto al fotografo.

Chissà poi chi c’era dietro la macchina fotografica: un professionista, un parente, il famoso cugino che era ritornato al sud per le vacanze. Chissà… Quell’album di fotografie era, in ogni caso, il racconto di vite lontane, ma ancora presenti e vibranti. Poteva sentire l’odore del grano della soleggiata campagna, il profumo dell’erba bagnata, le voci del corteo del matrimonio dei suoi. Risentiva il calore del sole in quella che li ritraeva sereni nel cortile della casa in cui aveva trascorso la sua infanzia, tutti seduti in circolo: parenti, amici di famiglia, la mitica bisnonna e lei, ancora bambina, in braccio alla nonna.

Non provava nostalgia ma era sempre e comunque pervasa da una sottile e persistente malinconia nell’osservare tutti quei visi, parecchi dei quali non più presenti nella sua vita. Ma in fondo era anche piacevole quella sensazione o perlomeno era il piccolo prezzo da pagare per sentire, ogni volta, ancora vivi e presenti quei volti familiari.

Finì di sfogliare l’album e, così come lo aveva aperto, lo richiuse lentamente.

Ne accarezzò la copertina rigida, chiuse gli occhi e iniziò a “vedere” tutta la vita che continuava a scorrere in quelle pagine, incurante del tempo. Vide lei bambina che andava da sua nonna adolescente e già piena di responsabilità per chiederle di giocare insieme. E poi, adolescente lei, andò da suo nonno rimasto orfano e l’abbracciò per consolarlo. Poi si precipitò al matrimonio dei suoi e ballò con suo padre.

E poi si sdraiò nel soleggiato campo di grano e osservò tutta quella gente affaticata per il lavoro ma sorridente.

E infine, lei adulta andò da lei bambina. Vide che la osservava con quel suo sguardo sempre un po’ corrucciato e interrogativo. Le andò incontro con un gran sorriso, la strinse a sé e le disse: un giorno capirai che ogni cosa che vivrai, ogni dolore che proverai, ogni risata, ogni delusione, ogni paura, ogni stupore, ti serviranno per diventare la donna che sarai.