Racconto di Valentina Carinato

(Settima pubblicazione – 23 marzo 2021)

 

 

 

Le biblioteche non sono mai deserte.  A luci spente ed al click della chiave nella serratura prosegue il fermento dei libri ed è un bel traffico. Libri antichi, moderni, di vario genere, provenienza, materia e per ogni fascia d’età custodiscono un segreto che nel computer diventa lampante.  Giovani e meno giovani d’oggi lo usano con scioltezza, per me invece i computer sono ancora un bel mistero. Sono nato a Pola nel 1924 e per mestiere ho fatto il giornalista. Libri registrazioni e accurate osservazioni erano i soli arnesi a mia disposizione. La biblioteca di Castelfranco Veneto mia città attuale in cui vivo con mia moglie Dianella, mio figlio Marco e mia suocera Fulvia dista qualche passo da casa. Per arrivarci devo entrare nelle mura del castello medioevale passare per il museo Casa Giorgione ed il duomo oppure fra conservatorio e teatro e molti piacevoli caffè. All’entrata della biblioteca vengo accolto dalle bibliotecarie sedute al bancone, ragazze molto gentili e preparate. L’ambiente in quanto luogo di studio è comunque silenzioso ma il rumore della macchinetta da caffè, il tono basso della voce ed il ticchettio sulla tastiera dei computer lo rende accogliente, quasi un’oasi di pace. La maggior parte delle volte ritiro il libro ordinato, restituisco quelli presi in prestito, mi fermo nella sala dei quotidiani e me ne vado. Un giorno mi capitò di dover aspettare, il materiale da me richiesto doveva essere stampato da un computer. Io aspettai tranquillamente senza immaginare che in quel breve spazio temporale avrei incontrato una persona speciale. Avevo bisogno di prendere un appunto veloce e siccome la sala dei computer era vuota ne aprofittai per usufruire di sedia e tavolo. Una graziosa signorina con tanto di occhiali da vista ed una borsa piena di giornali venne a sedersi proprio vicino a me. “Mi scusi, con permesso,” chiese “Prego, si accomodi.” spostai il borsello che avevo appoggiato sulla sedia. La signorina completamente concentrata sulla sua ricerca tichettava veloce sui tasti del computer. Una compagnia discreta di cui notai i bizzarri anelli a forma di chiocciola. Dalla borsa che conteneva i giornali s’intravvedevano particolari sul tipo di stampa, notai l’azzurro e qualche angolo di fotografia. Ad occhio ci saranno state sei o sette copie e mentre stavo escogitando un modo garbato per averne una arrivò il vecchio bibliotecario. “Buongiorno Aladino!” Un tempo mi firmavo Aladino un soprannome in cui A sta per non dico il mio nome e Ladino è Danilo mescolato. “Buongiorno Mario, come và? ”

“Son sempre di fretta e sempre più vecchio!”

“E allora vai avanti caro, ti daranno il premio velocità! ”

“Eh, come no.” rise facendo ballare i baffi. ” A proposito, mi hanno dato questi per te”, porgendomi dei fogli.

“Si, è il materiale che aspettavo. Grazie infinite.”

“Non c’è di che, arrivederci.”

“Arrivederci”.

Ad un certo momento la signorina si voltò e mi rivolse la parola.

“Mi scusi, ho sentito che l’hanno chiamata Aladino. Per caso è un amico di Marcel Ballan il pittore?”

“Si, sono proprio io”.

“Piacere, mi chiamo Valentina e conosco questo suo soprannome perché l’ho sostituita all’inaugurazione della mostra presso la barchessa di Villa Emo. ”

“Molto piacere Danilo, e di cosa si occupa?”

“Io scrivo poesie e articoli per questo giornale”. Prese una copia dalla borsa. “Si chiama “Il Piave” ed è un mensile con sede a San Vendemmiano di cui il direttore è Alessandro Biz”.

“Mi segna i suoi scritti per cortesia? ”

“Certo”, girando le pagine con facilità.

“Le piacerebbe curare la recensione per un mio libro?”

“Molto volentieri, le segno il mio numero”.

“Bene, le darò i dettagli tra pochi giorni, la ringrazio e buona giornata”.

“Buona giornata a lei”. Gli incontri così casuali e particolari lasciano una traccia nella mente, sono come dettati dal destino. Io, un vecchio giornalista avevo incontrato una nuova giornalista con un nuovo giornale. Leggendo gli scritti di Valentina notai un piacevole effetto sonoro prodotto dalla lettura ad alta voce, un senso di musicalità. Una cosa che cerco anch’io pur non essendo un musicista sento il bisogno di trovare un ritmo, un mio habitat speciale. Uso la punteggiatura che porta via poco spazio e da espressione.  Evito nel modo più assoluto le frasi lunghe, così lunghe da diventare delle “Scatole cinesi ” in cui ci si dimentica del soggetto e scrivo solo dopo un’accurata preparazione. Una frase va sempre messa nel suo contesto, perlomeno di periodo. “Ciao Commendatore! ” mia moglie Dianella si diverte ancora a chiamarmi con il titolo che mi dette il presidente Saragat. Ho lasciato l’università agli inizi per andare a Roma dove mi occupavo di favole e della parte scritta nei fumetti per i giornali cattolici della gioventù.  In assenza di titoli accademici nel mio lavoro sono sempre chiamato “Dottore” ma il presidente Saragat che ho seguito durante tutta la sua legislatura mi fece “Commendatore “.

“Ciao cara, finalmente sei tornata”.

“Si caro, ho trovato l’uva che ti piace”.

“Che meraviglia! Grazie, grazie mille! Io invece ho conosciuto per caso la signorina che mi ha sostituito all’inaugurazione della mostra di Marcel”.

“E come hai fatto a sapere che era lei?”

“Ma niente, mi sono seduto davanti al computer per riposarmi mentre aspettavo dei fogli. È arrivato Mario, mi ha chiamato Aladino e lei sapendo del soprannome per via di Marcel si è presentata con il giornale in mano: “Guarda Dianella, scrive poesie, articoli ed ha accettato di recensire un mio libro”.

“E tu caro hai già scelto il libro?”

“Pensavo quello di San Tommaso”.

“L’incredulo San Tommaso l’apostolo del dubbio, semplice e particolare. Non male come inizio”.

“Si, sono curioso di vedere cosa ne verrà fuori”.

Nella sera, prima di addormentarmi cercavo un indizio tra le parole della giornata. La curiosità incalzava e si mescolava con sogni e stanchezza che nell’affacciarsi della notte ebbero la meglio.

D’un tratto mi svegliai con un lampo di chiarezza misto a sogno. Mi venne in mente dove avevo visto i bizzarri anelli a chiocciola. Era il 2004 ed anche allora stavo cercando del materiale per una mia ricerca. Sotto un cielo grigio ravvivato dalle luci di Natale arrivai alla libreria del signor Liberale, vicino al cinema.

Nella folla frenetica dei pre-festivi una signorina con gli occhiali stava guardando un libro di poesie. Il luccichio degli anelli a chiocciola catturò il mio sguardo e come per magia la signorina alzò gli occhi.

“Soddisfatta?” le chiesi timidamente.

“Molto soddisfatta, è Gabriele D’Annunzio”, sorrise raggiungendo la cassa.

“Grazie e buona serata”, riuscii a dirle prima che uscisse dalla porta.

Dopo quella volta mi capitò ancora d’incrociare la signorina nei pressi del conservatorio con tanto di leggio, borsa e valigetta per lo strumento. Valentina vestita di nuovo tornò nel primo mattino d’inverno meno gelido con libro e recensione.

“È l’ultimo viaggio di Gesù a Gerusalemme e l’ultima opportunità di Tommaso per dissipare ogni dubbio.  Un dubbio che vuol dire ricerca, riflessione, speranza e volontà d’intraprendere nel modo giusto il cammino indicato da Gesù.  Una storia interessante e un saggio complementare su un quesito che arriva nella vita di ogni uomo”, scrisse e mentre leggevo con la coda dell’occhio notai che da parte sua c’era una certa tensione.

Non ero lì per sindacare sul suo lavoro ma per svelare l’arcano sulla signorina con gli anelli a chiocciola. Tra una bustina di zucchero ed una parola Valentina sciolse ogni timidezza, apriva l’ultimo numero del Piave sulla pagina della poesia o sul suo ultimo articolo. I suoi occhi brillavano di entusiasmo ed io nei miei discorsi mescolavo esperienza ed ironia. Le parole fluivano spontanee, eravamo diventati amici e semplici alleati per una stessa causa: “La letteratura “. Diventai corrispondente per Il Piave con l’aiuto della sua posta elettronica e con le mie poesie. Oltre alla passione per le parole Valentina aveva quella per le note, era un’ex allieva del conservatorio negli anni che ricordavo io. Tenni questo ricordo come un segreto per non influenzare il futuro.

La curiosità nei miei confronti crebbe nella mente di Valentina la quale cercando mie informazioni nel computer trovava solo cose riguardanti i miei libri. Oramai sapeva molte cose della mia settantennale carriera e volle renderle omaggio con un ‘intervista, lo strumento che meglio evidenzia il carattere di una persona, la sua autenticità. Seduto nella sala da pranzo davanti un nuovo telefono messo in modalità volai all’indietro nel tempo fino ai tempi del liceo ginnasio di Pola, il Carducci. Il preside Biauz mi mandò a recensire una conferenza di Ettore Cozzaini su Michelangelo e la Cappella Sistina. Leggeva le mie righe sul giornale della scuola e tra quelle righe intravvide i primi segnali del mio destino. A lavoro svolto, su indicazione del mio preside andai dal signor Cozzaini (direttore de “L’Eroica” di quel tempo) il quale oltre alla sua approvazione mi dette un piccolo insegnamento. “Si ricordi che quando lei prende una mia frase o parte di una mia frase, deve metterci le virgolette e non modificare nulla, così si capisce che è mia. Altrimenti, se cambia qualcosa, e la estrapola dal suo contesto, ne può modificare il significato e questo non deve mai essere fatto…” e di questo mi sono sempre ricordato. Nel frattempo avevo iniziato a parlare ai microfoni di Radio Pola, un incontro che come il primo bacio non si scorda mai. Con un microfono ingombrante, il segnale del tecnico per sapere che sei in onda, i quattro punti cardinali a cui, per ciascuno affiorava l’andamento dell’ascolto. Avevo cominciato negli ultimi anni della seconda sanguinosa guerra con le azioni belliche contro il Giappone e le prime papere nel dare informazioni. Una volta conseguito il diploma frequentai la facoltà di lettere per un anno appena prima di partire alla conquista di Roma. Conquistare Roma non fu per niente facile in quanto ero profugo. Fortunatamente incontrai un vecchio conoscente il quale mi presentò ai giornali cattolici della gioventù per scrivere fiabe ed i testi scritti dei fumetti. In merito ad un esame sulla costituzione entrai alla Bbc per una prova di sei mesi. In quei sei mesi sono piaciuto e sono rimasto per ben tredici anni con la benedizione di Nedda, la mia prima moglie. Una laurana, insegnante di lingue, compagna di vita e di Radio sia nella nostra Pola che localmente a Bassano ed a Castelfranco. Con la nostalgia di casa, il bagaglio della Bbc e la mia conoscenza della lingua inglese tornai in Italia per un posto negli studi della Rai di Roma. Lentamente costruii il mio posto, nuove amicizie tra cui ricordo Sandro Ciotti, arrivai negli studi della Rai di New York con Ruggero Orlando (che dirigeva baracca) ed altri tre tra cui Jas Gawronsky per altri quattro anni. Vinsi il premio Italia per la prima inchiesta radiofonica realizzata in Europa. Poi arrivò il giorno della Luna, del primo sbarco, alle 21.56 del 20 luglio 1969 dallo studio della Rai con Tito Stagno e Ruggero Orlando nello storico botta e risposta. Mentre l’Italia teneva il fiato sospeso per l’impresa noi cronisti lo tenevamo per il confronto con la simulazione avvenuta giorni prima. Identica scenografia fino alla sabbia, identici i gesti di Amstrong e Aldrin, una previsione azzeccata nei minimi dettagli. Raccontai tutte le missioni sulla Luna passando per l’Apollo, lo Sputnik per la Bbc e per la Rai di New York.  Le parole mi portarono a lavorare localmente come vicedirettore di Rai tre Friuli Venezia Giulia fino alla pensione ed a collaborare con giornali e tv locali in seguito. Negli anni della mia carriera non mi è mancato nulla. Le occasioni giungevano assieme alle persone che ho incontrato. Sono stato vaticanista ed ho seguito interamente il concilio Vaticano secondo con Papa Roncalli, una sorta di buon parroco e Paolo VI un tipo amletico.  Da quirinalista mi sono occupato di due capi di stato Segni e Saragat e del presidente Aldo Moro, facendo mia una massima di Antonio Baldini: “La politica è una giostra che il giornalista deve seguire ma deve stare attento a non montarci sopra”. Ricordo Aldo Moro con il suo apparire professore distaccato rivelarsi un “quasi amico” nei gesti a nostro riguardo. Era una persona semplice con una grande etica, una di quelle che ti regalano un vero insegnamento ed un po’ d’affetto. Del giornalismo di oggi non sopporto la manipolazione delle frasi, la spettaccolarizzazione del dolore, la fasulla ricostruzione dei fatti, il sovraccarico di opinioni. Una notizia è di dominio pubblico e va trattata con rispetto sia per gli interessati che per chi la riceve. Ai giornalisti del domani suggerisco una buona preparazione, adattamento negli spazi che verranno concessi dal proprio datore di lavoro, il rispetto per l’intervistato e l’ascolto delle persone che vi ascoltano non dei poteri forti. Durante le interviste sono sempre stato attento a non ferire psicologicamente l’intervistato perché mi piace che esca una cosa positiva. Le parole nascondono un segreto, sono come delle chiavi, possono aprire delle porte o chiuderle per sempre, possono far tornare indietro nel tempo e lasciare un segno nel domani. Ora ad intervista finita svelo che mi chiamo Danilo Colombo e del segreto delle parole ho fatto la mia professione. Saluto Valentina, la lascio al suo lavoro, sono proprio curioso di vedere cosa ne verrà fuori.