Racconto di Martino Contento

(Prima pubblicazione)

 

Mimmo dopo quella giornata particolare e strabiliante non vedeva l’ora di raccontare tutto a Nunzio. Con lui divideva sempre tutto. Da quando erano venuti al mondo, lì in quella sperduta masseria sulle colline, avevano vissuto una vita in comune: stessi luoghi, stesse persone, dalla scuola ai giochi, sempre insieme. Si alzavano alle cinque e mezza per prendere la corriera che li portava alla scuola elementare della Chiesa di Spirito Santo e, fino alla sera, stavano insieme. Si separavano soltanto per mangiare o al momento di riposare per dormire ognuno nella propria casa con genitori e fratelli. Sembra un fatto assai strano ma pure la casa di Mimmo era identica a quella di Nunzio. Due camere: una destinata alle attività quali desinare, giocare e studiare; l’altra per dormire. Quest’ultima camera era dotata di una tenda enorme che dalle travi di legno del soffitto fino alle chianche, aveva il compito di separare il lettone dei genitori dalle brandine dei bambini.

Mimmo e Nunzio avevano dieci anni mentre i rispettivi fratelli più piccoli: otto, sei, quattro e due anni. Pareva che si fossero messi d’accordo, i genitori, per generare prole nello stesso periodo. Che, poi, era sempre lo stesso, tra la fine della stagione estiva e l’inizio dell’autunno, quando lavorava un po’ meno, per prepararsi al duro inverno. La vendemmia, la raccolta delle olive, il vino, l’olio. Il lavoro scandiva il passare dei giorni, delle stagioni, degli anni. Anni duri.

La masseria di Padre Cosimo era come un piccolo paese. La casa grande del padrone, il casale grande con i depositi, il frantoio, le stalle. C’era pure la cappella dove Padre Cosimo aveva battezzato i due figli e dove lui stesso era diventato cristiano come il padre, il nonno e chissà quanti altri. Poi c’erano le case dei contadini, piene di bambini e di povertà. Una povertà viva, presente ma dignitosa e condotta con la soddisfazione tratta dal lavoro umile e utile delle proprie braccia. Un’esistenza fatta di fatica e sudore.

Intorno alle mura alte e bianche di calce si stendevano ettari ed ettari di ulivi secolari. Lungo la strada che arrivava fino al Convento dello Spirito Santo, dove vivevano i francescani, c’era la vigna. File sterminate di filari di vitigni neri da cui si ricavava un primitivo eccezionale. La famiglia di Padre Cosimo ne era proprietaria da tante generazioni. Tutto era suo, pure le persone compresi gli stessi Nunzio e Mimmo.

Dietro la casa padronale, sotto il muraglione c’era l’agrumeto e quello era il posto segreto dei loro incontri di fine giornata. Prima di andare a letto, Mimmo e Nunzio in quel posto magico si

confidavano i loro segreti, le loro angosce, i sogni, le speranze, le delusioni, i desideri, i capricci. Ogni cosa diventava oggetto di conversazione

Nunzioooo, Nuuuuu … dai muoviti che mo’ diventa buio e mia madre comincia a chiamare” “Vengo, vengo, aspetta, quando mi metto le scarpe”.

Mimmo, uscì dalla porticina laterale della rimessa, infilandosi la maglietta e addentando una mela con un rumore così forte che sembrava stesse schiacciano un sasso.  Lanciò l’altra mela che aveva preso dalla cucina all’amico e insieme raggiunsero il loro sedile di pietra dentro l’agrumeto di Padre Cosimo.

Me, allora, che cosa mi devi dire che non potevi aspettare un momento” disse Nunzio “n’altro poco e manco mi facevi finire di mangiare, che lo sai mio padre ci tiene assai che non ci dobbiamo alzare prima che abbiamo finito. Menomale che s’è addormentato con il bicchiere del vino in mano”.

Oh! Tu non te lo puoi nemmeno sognare di com’è. È proprio grande, molto più grande di quello che mi pensavo io. Ti ricordi quando quello, mio nonno il navigante, ce lo diceva. Non ci potevo credere. È grandissimo, che poi non è solamente largo, no … è pure lunghissimo, anzi più lungo che largo, come me lo vedevo io … che me lo immaginavo la notte”.

Un sospiro di soddisfazione e poi, di nuovo “Nu’, tu manco te lo puoi immaginare, è grande, grande assai”.

Allora” – continua Mimmo, rivolto a Nunzio che lo ascolta con la faccia di uno che sta sognando – “se ti metti in fondo in fondo alla terra, che poi è di sabbia e si chiama la spiaggia, con i piedi dentro all’acqua, che quell’acqua è il mare, e guardi da una parte e dall’altra, non capisci più dove ti trovi. Mica lo capisci da dove viene tutta quell’acqua. Se invece, ti giri di spalle al mare e guardi verso quelle montagnette appuntite basse, basse, le pintime che ci diceva mio nonno, te lo ricordi? e che invece si chiamano gli scogli, vedi tutta la sabbia che va fino alla strada. Una cosa bellissima. Io sono salito sopra a uno scoglio alto, con le scarpe però, perché mi facevano male i piedi. Nu’ se vedi di fronte, allora è che non vedi più niente. Tutta acqua, fino al cielo che sembra che cade dentro il mare. Nu’ … è grande assai. Tu manco te lo puoi sognare, è grande, grande assai”.

Nunzio – riavutosi dallo stupore grande almeno quanto il mare che gli sta descrivendo Mimmo, il suo amico di sempre, gli dice: “Mimmo, veramente non ho capito niente … da dietro, da sopra boh …” lanciò il torsolo della mela oltre le mura e guardando Mimmo negli occhi, si guardò intorno, abbassando la voce, come se non volesse farsi sentire, disse: “ma il mare è più grande della terra di Padre Cosimo?

Domenica scorsa Mimmo si era recato con il padrone, la moglie, donna Laura e i suoi figli alla spiaggia della Marina Grande, dove stavano gli orti coltivati di cicoria, pomodori e melanzane. Una consuetudine quella di andarci ogni domenica al fine di controllare i mezzadri ma quel giorno decise di portarci tutta la famiglia, compreso Mimmo, il figlio del suo più fidato bracciante Peppino. Si conoscevano da sempre, avevano più o meno la stessa età solo che. Peppino mostrava di avere più anni. Il sole e il vento avevano scavato solchi profondi sul suo volto e la fatica gli aveva curvato le spalle e intozzito l’aspetto che pure era fiero.

Peppino, gli aveva detto “domani mattina mi porto il ragazzo tuo alla Marina. Viene con noi così prende un po’ di aria di mare che gli fa bene, che quello tiene un fisico gracile, lo vedo sempre sciupato”.

Va bene Padre Cò, grazie non vi dovevate prendere fastidio, grazie. Mo’ glie lo vado a dire e domani alle otto lo faccio trovare pronto davanti al portone. Chissà come sarà contento. Grazie, grazie assai”, replicò.

A dire la verità, Mimina, la moglie di Peppino non era stata altrettanto contenta dell’invito. Aveva sbattuto più forte il panno che stava lavando sulla pietra del vascone dietro la rimessa e aveva detto al marito: “Peppì, quello Padre Cosimo con la scusa di fargli prendere un po’ di aria buona, come dici tu, se lo porta alla marina con tutta la famiglia, per farsi aiutare a caricare e scaricare i bagagli … mo, mo senti a me senti”.

Ma che stai a dire Mimì, ma che cosa vai a pensare. Sempre a male pensi tu. A me, mi pare una gentilezza sconosciuta e mi fa pure piacere. Lo pensi che il ragazzo tiene dieci anni e il mare non l’ha mai visto? Ci pensi Mimì. È una fortuna … altroché, una vera fortuna. Beato a lui, beato. Io una volta sola lo tengo visto il mare. Andai con mia madre e zia Pasqualina al Porto grande della città che arrivava il bastimento dei Florio e il marito di zia, un napoletano di Procida, si doveva sbarcare che si era preso il tifo”.

Uh … Peppì che poche di volte l’hai detta questa storia”.

Comunque, la mattina dopo alle otto precise Mimmo, stava impalato, dritto dritto come un cipresso del camposanto, davanti al portone grande della casa padronale e aspettava. Non sapeva ancora se doveva essere felice di quell’invito inaspettato, oppure si doveva preoccupare. Certamente era pensieroso e poi ieri sera non aveva fatto in tempo a dirlo a Nunzio. Cosa avrebbe pensato l’amico quando sarebbe andato a prenderlo per andare al Catechismo e non l’avrebbe trovato.  Penserà, forse di averlo tradito?

Il frastuono provocato dall’arrivo della famiglia di Padre Cosimo lo fece trasalire e dimenticò pensieri e preoccupazione. E pure di Nunzio si scordò. Pierpaolo e Rossella, i figli del padrone erano più grandi di lui. Non vivevano alla masseria. Stavano al collegio dei Salesiani in città. Solo un mese d’estate tornavano a casa. Studiavano al ginnasio, così aveva sentito dire a Padre Cosimo quando venne Don Ciccio, il parroco, a benedire le case prima della Pasqua dell’anno scorso. Pierpaolo teneva pure gli occhiali da sole e un completo da mare a righe bianche e blu. In testa un cappello di paglia giallo come il grano a maggio. Rossella, poi era bellissima con un vestito tipo prendisole di colore bianco che la faceva sembrare un’attrice del cinema. Pure i loro genitori avevano indossato vestiti adatti per andare al mare. Lui, invece, era stato costretto a mettere il completo buono della domenica, con annesse scarpe nuove e calzini bianchi di cotone pesante. La madre, non contenta, gli aveva infilato pure il cappello invernale, l’unico che aveva a disposizione.

Mettitelo, senti a me, che il sole alla marina mica è come qua, brucia e ti prendi un malanno che passi i guai. Mettitelo per favore … sentimi non mi fare sgolare” – poi, rivolta al marito che si stava preparando per andare al paese – “Ma dico io che ci c’entrava lui con il mare stamattina … tu non sai mai farti i fatti della tua famiglia … a mare … perché?”.

Quando l’automobile di Padre Cosimo sparì dopo il curvone della vigna, Mimina teneva un groppo alla gola. E se dovesse affogare il figlio mio – pensò – che lui il mare manco sa che cosa diavolo è? Gesù mio guardalo, guardalo tu.

Invece, Mimmo tornò sano e salvo. Aveva visto il mare e adesso stava raccontando tutto al suo amico Nunzio “Ma il mare è più grande della terra di Padre Cosimo?

Mo’ …, Nu, allora non hai capito proprio niente. Se tu vai sopra alla commarsa della masseria grande e ti metti dal lato dell’agrumeto, la vedi la fine della terra di Padre Cosimo? Sì, la vedi! Che poi se tieni un cannocchiale come quello che tiene Pierpaolo, il figlio di Padre Cosimo, allora ti giri pure dall’altra parte, dove sta il fico quello grande dei fichi neri, allora vedi pure le pareti della fine della masseria piccola. È vero? Si, è vero! Ma, invece, pure che tieni il cannocchiale di Pierpaolo e stai con i piedi dentro all’acqua del mare, tu dove finisce non lo vedi neanche se ti metti in ginocchio a pregare Gesù”.

Mo’ …, allora è grande veramente, che aveva ragione la maestra. Ti ricordi che ci portò in classe la carta geografica dell’Italia, quella grande con tutte le città scritte che ci stava pure Roma e Bari, che io ci dissi: «Maestra ma la Sicilia e la Calabria stanno proprio azzeccate, che se fai un salto arrivi da una parte all’altra» – e lei mi rispose che nemmanco Polifemo ce la faceva”. Aveva ragione la maestra Mimmo, il mare è proprio grande”.

Certo che aveva ragione. Eccome. Come te lo devo dire … Nu è grande assai. Che quando mio nonno, quello che faceva il navigante, mi diceva che una volta per andare da un porto all’altro era stato quasi sei mesi senza che vedeva la terra, io pensavo che mi voleva prendere per scemo; invece mo’ l’ho capito che era vero. Che poi è largo e lungo pure sotto. Che se ti metti di testa sotto neanche lo vedi dove finisce da sotto l’acqua. Che poi, alla fine, è acqua pure sotto”.

Mi, madonnasanta, pure la testa sott’ all’acqua hai messo … madonnasanta e se ti affogavi … che tu nemmeno sai nuotare

Nunzio, allora sei scemo veramente. Mo io mettevo la testa sott’acqua? Io non l’ho visto, seee … me l’hanno detto Pierpaolo e Rosella, quando siamo arrivati alla spiaggia: «Mimmo stai attento, che se ti allontani verso il largo sotto i piedi sprofondi e te ne vai sotto» e si sono messi a ridere compresi donna Laura e Padre Cosimo.

Mimmo” – dice Nunzio, oramai non più sorpreso ma solo avido di notizie sul mare – “ma tu almeno sei andato dentro all’acqua del mare?”.

Veramente, tenevo vergogna a spogliarmi, poi quando ho visto che pure Rossella si è tolta i vestiti”. “Accidenti, tutta nuda stava?”.

Nooo, ma che stai a dire, mica nuda, teneva sotto ai vestiti il costume da bagno. Un costume azzurro come il cielo” – risponde Mimmo, alzando gli occhi verso il cielo quasi a volerne ricordare il colore. Però era buio ormai. Il cielo era diventato scuro.

Mimmo che ti devo proprio dire che è bella Rossella, bella assai, forse, ma non ho ancora deciso, più bella del mare. A vedere lei, mi sono fatto coraggio e a poco a poco mi sono tolto tutto dalla la maglietta alle scarpe …”.

Mimmo che pure tu però e che cosa … ma come ti eri vestito? A mare dovevi andare mica a sentire la Messa … e che pure tu …”.

Oh! Statti un poco zitto e fammi dire il fatto. Insomma sono rimasto solo con le mutande e piano piano sono andato dentro l’acqua del mare. Però sono restato vicino vicino alla sabbia. Non ho provato neanche ad arrivare lontano. Appena ho visto che l’acqua arrivava sopra alle mutande, pure che toccavo ancora i piedi sulla sabbia di sotto, mi sono preso paura per ciò che mi avevano detto quei due. Mi sono bagnato le braccia e poi subito sono tornato dove stavano loro e mi sono buttato sull’altra sabbia, quella di sopra che non è bagnata. Nu, quando ti butti sulla sabbia che stai ancora bagnato dell’acqua del mare, la sabbia si attacca tutta addosso. Mi sembrava come quando mio nonno, quell’altro, non il navigante il padre di mia madre l’altro, nonno Cosimo, torna la sera a casa insieme a mio padre e tengono la faccia e le braccia marrone che si è attaccata la terra per il sudore, come una crosta e non se ne viene neanche se si lavano. Invece la sabbia del mare, quando ti asciughi al sole, se ne cade e non sembra più niente. Nu, è bello assai, assai il mare che tu neanche te lo puoi sognare”.

Mimmo, mi sembra che dobbiamo fare come dice la maestra: «Studiate se volete fare una cosa diversa da zappare la terra degli altri», ci dobbiamo mettere a studiare per diventare come a tuo nonno, quell’altro, il navigante”.

Mo …, hai ragione Nu. Ci prendiamo la licenza e ce ne andiamo a Genova, che mio nonno da lì è partito la prima volta, e ci imbarchiamo”.

Bello Mimmo” – risponde Nunzio guardando verso il nulla – “che poi il mare non è di nessuno, così è meglio”.

Una voce che vuole essere dura, ma è di una dolcezza profonda – proprio come il mare di Mimmo – rompe il silenzio della campagna: «Miii, Nuuu, venite a casa che si sta facendo buio. Uscite da quel benedetto agrumeto che mo’, tra poco non si vede più niente, mannaggia a voi … sordi siete? Miiimo viene tuo padre … e ancora non hai riempito l’acqua dalla fontana e si deve arrabbiare».

Mimmo – dice Nunzio pensieroso – mi stavo pensando una cosa, ma l’acqua del mare si può bere?

Boh! Nunzio … boh … veramente, non l’ho assaggiata. Prima di partire, mo’ che arriviamo a Genova magari l’assaggiamo” “Ciao Nunzio”.

Ciao Mimmo … buonanotte e speriamo che mi sogno il mare”.