Racconto di Gianluigi Vanni Bettega

(Sesta pubblicazione – 19 giugno 2019)

 

Quando si va a ballare il tango in Milonga bisognerebbe rispettare certe regole non scritte fondamentalmente di buona creanza, come seguire le ronda in senso antiorario, evitare passi indietro, non far alzare la gamba alla ballerina, evitare sequenze complesse quando non si è completamente padroni dei propri movimenti. Talvolta può succedere che chi non rispetta queste regole venga invitato ad andarsene. Io ho assistito a 2 scene di questo tipo: la prima in una piccola milonga dove per forza di cose si ballava milonguero, una coppia si esibiva in un tango spettacolo, oggettivamente discreto, però poco riguardoso degli altri. Il gestore richiamò la coppia e addirittura rese loro la cifra dell’ingresso. La seconda volta in una milonga più spaziosa, una coppia approfittando degli spazi liberi si esibiva in un tango quasi acrobatico. Il gestore invitò al microfono gli astanti a non sollevare i piedi da terra perché quella era una milonga e milonguero si doveva ballare. La coppia si sentì tirata in ballo, si alzarono e se ne andarono.

Però voglio parlare di cosa è successo a me la prima volta che andai a Buenos Aires e un poco ne rimasi vittima!

Nel 2010 ballavo da 4 anni.

C’ erano un sacco di cose che mi domandavo senza trovare risposta, tipo: perché gli Argentini quando ballano in milonga non fanno numeri mentre i maestri nostrani sfoggiano in una sola tanda tutto quello che sanno fare? perché si parla di improvvisazione se ballare significa imparare sequenze da mettere sul tempo, allora che differenza c’è tra un giro spin del valzer lento e un giro con sacada del tango? Dove sta l’interpretazione e perché il tango dovrebbe dare di più rispetto agli altri balli?

Cominciai quindi a caldeggiare con mia moglie il sogno di andare a Buenos Aires. L’intenzione era quella di cercare dei posti dove si ballava il tango più tradizionale possibile.  Qui cito i nomi del locale perché stavolta un poco vittima lo sono stato io!!

Finalmente a novembre si parte, affittiamo in internet un appartamentino alla Recoleta, approfittiamo di uno sconto sulla traversata con una nave da crociera, 22 giorni di navigazione e 15 giorni a Buenos Aires!

Un amico che si era trasferito a B.A., mi consiglia un locale, El Arranque.

Lì, mi dice, ci devi andare alle milonghe de la tarde, sono frequentate da gente anziana che non vuole tirar tardi la sera e si balla nel modo più tradizionale possibile.

Il lunedì sono già sul posto, un cameriere ci chiede se siamo singoli o acasados, scegliamo acasados e questi ci accompagna a un tavolo per due. Una occhiata al locale, c’è molta gente e a un tavolo scorgiamo l’amico di cui sopra con la compagna. Quattro chiacchiere poi si entra in pista.

A un tavolo c’erano dei signori intenti a divorare una torta, uno di loro aveva una faccia da cavallo e l’altro l’aspetto di un sacrestano. Comincio a ballare con una certa difficoltà, come imposto un mezzo giro perdo contatto con l’anello esterno della ronda, finisco il brano e mi ritrovo al centro della pista.

In fondo stavo facendo quello che mi avevano insegnato!  Riprendo con maggior convinzione e a un certo punto mi ritrovo il facciadasacrestano davanti e il facciadacavallo dietro!  Quello davanti si arresta di botto e quello dietro mi viene addosso, mi guarda con commiserazione e io impacciato gli devo chiedere scusa! Bruttissima la sensazione che ce l’avessero con me!  (seppi molto tempo dopo che quelli erano i cosiddetti guardiani della pista, in sostanza quel locale e molti altri a BA sono presidiati. )

Finii la serata seduto a osservare come ballavano e chiedendomi, vedendo i volti sorridenti o comunque dall’aspetto soddisfatto dei ballerini come facessero a divertirsi in un locale così affollato.

Per un paio di giorni frequentai locali meno affollati, ero quasi tentato di non più andare in quel posto di m…! però non avevo ancora capito nulla di quel che avrei voluto capire. Tornai così al locale e cercai di studiare come ballavan loro. Infine decisi, lo dico in dialetto nostro, “andac dree a l’unda “ovvero seguire l’onda.

Fu a questo punto che cominciai forse a capir qualcosa: quelli davanti a me non eseguivano passi o sequenze, in funzione di come si muovevano quelli prima di loro essi si spostavano, suggerendo alla ballerina la direzione, ma sempre a tempo di musica. Ballavano non tanto sul tempo ma tendenzialmente sulla melodia (che poi quando si arriva sul battere, cade comunque sul tempo! ) A questo punto mi resi conto che stavo ballando con l’intera milonga: la milonga marca me e io marco la mia ballerina, forse questa è la socialità del tango!  A scuola mi insegnavano il rebote, non riuscivo mai a capirlo: lì mi venne spontaneo, quando sto per urtare qualcuno, invece di dire urka! Un rimbalzo d’istinto e cambio direzione, il rebote mi sembrava di averlo inventato io! Passai il resto dei giorni facendo diversi esercizi come partire da centropista e guadagnare l’anello esterno sempre ballando senza urtare né farmi urtare da nessuno, fare 2 passi indietro per guadagnare spazio davanti e in tal caso mia moglie apre gli occhi e mi marca come il bipbip del segnalatore di parcheggio!

Ripensando al primo impatto, realizzai che dovevo essere stato come un elefante in una cristalleria, a questi rompevo la ronda e non me ne accorgevo!!!!  Questi vogliono ballare fino a novantanni nel modo che ho cercato di descrivere, non tollerano che si guasti l’usanza!

Ballando sulla melodia e regolando la velocità in modo di arrivare alla fine della nota con velocità costante mi permetteva di dare una interpretazione a ciò che stavo ballando mentre la necessità di cambiare spesso direzione in funzione di come si muove la milonga richiedeva molta improvvisazione, non si fanno passi imparati ma semplicemente si muovono i piedi in maniera organica, portando con sé la ballerina. Ho ballato in questo modo per il resto della mia permanenza a B.A.  e ho deciso che questo è il mio tango.

Ps.: Abbiamo rivisto il sign. Facciadasecrista nel 2012 in un altro locale, stava seduto a lato della pista e quando siamo passati davanti a lui, stava con le mani battendo il tempo sui nostri passi mentre col capo dava ampi segnali di assenso! Mi piacerebbe tornare a B.A., nel caso ciò accadesse, frequenterei più volentieri le milonghe presidiate!