Racconto di Roberta La Placa

(Terza pubblicazione – 4 settembre 2020)

 

Chiudo il quaderno a quadretti, dopo aver riempito a matita una pagina di punti e aste, per rispondere al telefono. “Gioia Bedda, c’é Neluccio? Salvatore sono”.
Mio papà dietro di me mi toglie la cornetta dalle mani, le chiamate interurbane costano 10 lire al minuto. Mi siedo sulle sue ginocchia infilando le dita dentro al filo arrotolato del telefono; ascolto parole a me incomprensibili, affascinata dalla confusione di vocali e lettere che escono insieme in un solo suono stretto e la “tr” elevata all’ennesima potenza. Quando termina la telefonata gli chiedo perché tutti lo chiamano Emanuele ma quando lo chiamano dalla Sicilia il suo nome cambia in Neluccio. Con pazienza mi spiega nuovamente che è la forma abbreviata del suo nome.

Interviene mia nonna, con il suo accento lombardo, aprendo ogni vocale come una forbice, che se fosse ancora in vita avrebbe votato vergognosamente Lega Nord, dice:
“U Signur! Siamo al Nord, hai mai sentito un bambino chiamarsi Neluccio?“

“Nonna, sarebbe bellino se mi chiamassi “Bertuccia”.

“Bertuccia é una scimmia pericolosa. Vedi il risultato della mania dei Terrun di accorciare i nomi”, brontola mia nonna mentre aggiunge lo zafferano nel risotto.

Mia mamma, con un italiano perfetto, ma l’inflessione genovese cantilenante come le onde del mare:

“Bellino non si dice. Sembra che dici quella parola brutta in genovese”.

Solo una volta dissi “belin” e mi diede una schiaffo.

A scuola alcuni miei compagni di classe parlano genovese,io mi sento esclusa: il padre siciliano, la mamma nata a Genova da genitori lombardi; in famiglia nessuno conosce il dialetto genovese.

Un pomeriggio torno a casa da scuola trionfante, annunciando che ho imparato il genovese ascoltando il gruppetto di bimbi che parla solo in dialetto e il siciliano dalla mia compagna di banco: “palanche e figette”, “camurria e travagliare”. Continuo a ripeterle, stringendo le vocali quando parlo in genovese e rotolando consonanti e vocali insieme quando parlo in siciliano. Mia mamma mi zittisce dicendo che a scuola si va per imparare l’italiano.