Racconto di Arsenio D’Amato

(Prima pubblicazione – 24 giugno 2019)

 

Neapolis. Presentazione ufficiale del disco “Ballate per uomini e bestie“, di Vinicio Capossela, alla Feltrinelli di Via Santa Caterina a Chiaja. Una delle sei tappe. In giro per lo Stivale. La terzultima. Arrivo con congruo anticipo. Tanto che sono il primo a scendere nella sala eventi. Previo acquisto del disco che dà diritto ad assistere al vernissage. Torno su. A prendere qualche cosa da leggere nell’attesa. Ridiscendo con due piccoli libri di Erri De Luca. Nel frattempo è arrivato qualcun altro. Una signora. Una coppia e una vecchia. Potrei scrivere persona anziana, ma è più evocativo dire vecchia. Anche se trattasi di un’adorabile nonnina. Non al primo incontro ravvicinato con Vinicio. Per giunta. Gli addetti stanno spostando il pianoforte a coda al centro della scena. Mi siedo di fronte. A fianco alla signora; che si rivela una professoressa in pensione, che scrive per un giornale online. Qualche sedia è prenotata, ma non fa testo. Dietro di me la ragazza col fidanzato e la nonna. Di lei. Ci mettiamo a parlare mentre comincia ad arrivare gente. Sono a mio agio. Sfoggio aforismi caposseliani. Senza vergogna. Tipo l’affrancarsi dal neomelodico per cucirsi addosso il ruolo di cantante neomedievale. La sedia accanto a me è vuota. E pure quella alla sinistra della seduta vacante è disponibile. Fabiana, la fotografa ufficiale, indaffarata, cerca luce e prospettive. Manca un’ora alla presentazione. Arriva una bella ragazza bionda e piena di efelidi. Mi chiede se può sedersi a fianco a me. Annuisco. Si siede, comodamente, a sinistra della sedia vuota, però. Subito dopo arriva un ragazzo. Chiede se l’altra sedia è occupata. Tolgo il cappello. Lo faccio sedere. Fra me e la giovane. Si socializza. La ragazza è Annarella, il ragazzo è Danilo. Non si conoscono fra loro, ma studiano le stesse materie letterarie. Si parla del disco e, tra citazioni di Oscar Wilde, John Keats e Francesco D’Assisi, mi fanno sentire piccolo. Microscopico. Senza malizia e senza presunzione. Faccio leggere a Danilo, dal mio cellulare, qualche cosa che ho scritto. Sorride. Arriva Capossela. Siamo travolti. Qualità, bellezza, sguardo intenso sul vero e il reale, denunzie e poesie dei nostri giorni. L’umile come riferimento, meta di perfetta letizia, nella peste quotidiana, del vivere iperconnessi… In questo disco ci sono le voci degli animali e ci sono le nostre parole, c’è il vecchio Vinicio, quello nuovo e quello del futuro. Ci sono i musici antichi e le diavolerie elettroniche, il suono cupo e il silenzio aulico, la chitarra elettrica e il corno francese. C’è l’ansia da prestazione, l’amore impossibile, la mia fissa per Guarramon e la sua fissa per il ri-trovare. Le persone sono tante, in piedi e sedute, fino in fondo alla sala. Siamo in coda per farci rendere unico il disco. È il mio turno. Danilo col mio telefono filma. È un attimo, ma ne vale la pena. Sempre. Poi si torna a casa. Felici. Danilo mi porta a Garibaldi. Mi mette sul binario giusto. Con un abbraccio. Mentre aspetto il mio treno. Tiro fuori il taccuino. Ho una penna e un pennarello. Nero. Scrivo. Di quello che ho visto. Di quello che ho vissuto.

Chiunque potrebbe insinuare, con molte e ben disposte parole, che questo musicista debba chiamarsi cantautore ed io non combatterò per il nome, e volentieri crederò, col dottissimo uomo alla mia sinistra, che trattasi di mito destinato al sollazzo mistico delle popolari adunanze in musica. Eppure, se dovessi a lui dare un nome, quello di ri-trovatore più mi talenta e potrei, con prolissa orazione, vantar le sue arti fino ad ora esercitate”.

Il giorno dopo, mando la foto del foglio, scritto a mano, a Danilo.

  • Il tuo scritto è emotivamente e sintatticamente bello! Sei riuscito a dare una stupenda definizione sul mestiere di Vinicio; Cesare Pavese era molto legato alla parola ‘mestiere’: mi hai ricordato una sua definizione in cui Pavese afferma che l’arte come la vita è un faticoso mestiere.
  • Grazie dottissimo uomo!
  • Mi manca tutto per essere dotto! Dovresti pubblicare il tuo scritto.

Io non so se per davvero ho scritto bene del mio giorno a Vinicio dedicato, però sono contento di aver conosciuto Danilo e spero tanto, con questa pubblicazione, di averlo accontentato.