Racconto di Gigi Pietrovecchio

(Tredicesima pubblicazione)

 

  • Riassunto delle puntate precedenti

Ran Thùryan, Comandante della nave biotronica Eiréne, è a capo di un equipaggio di popoli diversi (Similorsi, lupi canguri, uomini arancio infoneurali). I loro compiti dipendono dal Consiglio di Synthesis, basato su Kòros 2, e spaziano fino al pianeta Terra ed ai confini delle Galassie Confederate ed anche oltre. Questa serie di episodi, come fosse un feuilleton, racconta le loro avventure… Oggi in particolare continua il giro fra i vari popoli delle galassie, soprattutto fra insettoidi e contrabbandieri.

*Si consiglia di leggere i racconti precedenti per avere una visuale più ampia. Basta fare la ricerca con il nome dell’autore “Gigi Pietrovecchio”

 

Qwìtty-Hér donk è un pianeta doppio… Il primo è più grande e meno denso, l’altro è più piccolo ma più consistente e benché le loro masse non varino di molto è Qwìtty a ruotare intorno al suo compagno; fanno parte del sistema della gigante rossa Xàrry nella galassia di Vum Dhàrin, la “Forza della Regina”…

Su Hér donk non vive nessuno; il suo nome in qwìttyan significa né più né meno “uno non c’è”… E su Qwìtty  abitano, ovviamente, i Qwìttyan, che sono insettoidi verde brillante alti circa 2 metri, con le femmine più grandi dei maschi, ed una delle loro peculiari caratteristiche sono gli ommatidi, gli occhi tipici dei ditteri e di tante altre specie, nel loro caso di colore arancione e composti da svariate migliaia di elementi esagonali che garantiscono una visuale di almeno 300 gradi, 150 per lato, ed il tutto circoscritto in 5 o 6 centimetri; sono dotati di una coppia di ali chitinose, che permettono loro di effettuare solo voli di poche decine di metri e, comunque, essendo dotati di due lunghe zampe, possono compiere salti non indifferenti di 6-8 metri direttamente in verticale. Sono personaggi abbastanza suscettibili, ma, normalmente, se nulla viene a compromettere la loro abituale calma e tranquillità, camminano…

Strano, ma vero, indossano abiti estremamente eleganti e ricercati; e per il loro abbigliamento non esitano a rivolgersi ai migliori laboratori di sartoria presenti sulle terre abitate.

Sul piano commerciale offrono prodotti assolutamente vietati in altri paesi per ricevere in cambio articoli di gamma elevata, ma di normale uso e consumo; la loro controparte d’abitudine sono i By’ror, i quali, al contrario, possono offrire beni comuni, anche di altissimo livello, in cambio di merci altrove ferocemente sanzionate; ed a loro vantaggio rimane il fatto che conoscono qualunque tipo di entratura per muoversi in maniera agile ed astuta in un mercato non tanto concorrenziale quanto estremamente pericoloso per non dire, alle volte, perfino mortale.

Aggiungiamo, a questo punto, una doverosa annotazione di storia economica.

I soldi sono scomparsi quasi dappertutto e pure l’ormai vetusto concetto di valore finanziario-monetario; ad ogni modo certe forme di monopolio risultano abbastanza difficili da eliminare ed in qualche posto alcune semplici cose (cibi, bevande, piante, minerali…) ancora soggiacciono a divieto.

Proprio lì, quasi automaticamente, nasce e si sviluppa il contrabbando, peraltro romanticamente fine a se stesso ed ai bisogni delle comunità, senza alcun ritorno pecuniario.

I Kü’llayer, dal momento che non riescono in nessun modo a concepire le proibizioni e neppure gli obblighi, hanno scelto di impegnarsi a rifornire i popoli cui è impedito farlo da sé; e questo lo trovano assolutamente giusto e naturale. Per di più non hanno alcun problema di adattamento ai ritmi circadiani di qualsiasi pianeta.

D’altra parte stiamo parlando di gente che vive sì nella galassia dell’Ancora d’oro, la stessa dei Canglùpi, ma, a differenza di questi ultimi, risiede nel Sistema biplanetario della nana blu Mòrny e sul suolo di Bàsh Kü’llay, il quale viaggia, esattamente opposto a 180°, nella stessa orbita di Goyàdhnis, talvolta citato come Goyàdhnis Ghalfùkx, colonia degli stessi spalloni, con il comune periodo di rivoluzione di 743 giorni di 52 ore terrestri ciascuno…

Tutte queste coincidenze facevano sì che a Ran non venisse mai a mancare il succo di miràba, da qualunque parte lui si trovasse; il suo velivolo ne aveva sempre a bordo una discreta scorta, ma se per un fortuito dannatissimo caso ne fosse rimasta senza nel giro di pochissimo tempo ed attraverso i mezzi più strani, e spesso dei più illegali, sarebbe stata rifornita sottotraccia senza che alcuno ne avesse potuto avere il più pallido indizio.

Ecco, la miràba: tipico esempio di liquore di origine vegetale con contenuti di elementi minerali e dai potenziali effetti psicotropi, che sarebbe come dire la quint’essenza del peccato e del reato nei più retrivi sistemi dell’intersìdere degli spazi…

Ora, nel periodo in cui Ran e la spazionave biotronica, rimasti soli, si divertivano loro malgrado a macinare pàrsec su pàrsec in giro per le galassie, e Mìneren ancora non c’entrava per nulla, il Consiglio affidò loro il trasporto protetto di Thùy Yòn Nìat e dei suoi due compagni, facenti parte della stessa delegazione diplomatica, che erano stati recuperati dopo un tremendo incidente occorso durante l’avvicinamento a Kòros 2 e da cui il loro velivolo era uscito assolutamente irrecuperabile.

Thùy parlava anche lo spiràali ed avanzò la strana richiesta che lui ed i suoi colleghi fossero rilasciati sul pianeta Bàsh Kü’llay a causa delle Labìridi Dazìnka: enormi crostacei volanti, lunghi più o meno 3 metri, dalla coda bifida, quattro chele, ali cheratiniche rinforzate da nervatura metallica, quattro paia di zampe, una significativa testa dalla larga bocca munita di imponenti denti ricurvi ed acerrime nemiche dei Qwìttyan.

Fino ad allora Thùryan non era mai stato nella terra dei By’ror e perciò, come ormai d’abitudine, si avvalse dell’intelligenza artificiale di Eiréne per pianificare anche nei minimi dettagli l’itinerario da Kòros 2 al sistema di Mòrny nella Galassia dell’Ancora d’oro.

Prese a bordo i tre insettoidi ed avvisò i Kü’llayer del suo imminente arrivo non appena giunse nelle loro vicinanze; la risposta non si fece attendere più di tanto e le coordinate ricevute lo indirizzavano esattamente alla piazzola 187 del grandioso astroporto di Hü’wa Na’e.

Lì ad attenderli c’era un veicolo a sei ruote, con l’abitacolo a richiesta addirittura pressurizzabile, che autonomamente li trasportò fino agli edifici direzionali.

Lungo il tragitto di quasi 5 km il giovane pilota blu osservava attentamente le decine e decine di navi da carico, grandi all’incirca come l’Eiréne, caratterizzate da linee piacevoli ed armoniose e da strutture robuste e leggere, ma immaginava anche che fossero sicuramente dotate di potenti ed efficaci sistemi difensivi pur risultando totalmente celati alla vista.

Quando, trovandosi per la prima volta su quel pianeta, Ran scese a terra una hostess dello spazioporto lo accolse mettendogli al collo una ghirlanda di fiori molto profumati e lo accompagnò verso una grande tettoia rotonda che con la sua ombra ristorava i nuovi arrivati al riparo dal forte calore pomeridiano irradiato dalla nana blu Mòrny.

Finalmente seduto al fresco Ran prese a guardarsi intorno per iniziare a capire dove fosse veramente finito e con che razza di gente avesse a che fare. In effetti la prima impressione avuta non era per nulla negativa, ma necessitava di essere corroborata e suffragata dalla reale e quotidiana esperienza in un mondo per lui assolutamente nuovo.

Notò subito che i By’ror in quanto ad altezza erano una via di mezzo tra i Kòrosian uomini e i similorsi Kodd, peraltro pure loro Kòrosian: andavano da 2 metri terrestri a due e mezzo, dal corpo piuttosto massiccio, soprattutto i maschi, e con la testa più grossa di quella degli umani.

La loro pelle era olivastra, i capelli naturalmente neri o artificialmente biondi, sempre comunque lunghi e lisci, spesso legati in una coda, labbra dall’azzurro chiaro all’intenso, occhi celesti o blu o verdi o neri, spalle coperte di squame decisamente più pronunciate negli uomini e molto fini nelle donne; indossavano calzoni e calzoncini, gonne e parei, camicie, magliette,canottiere e top; camminavano con le ciabatte od anche a piedi nudi; per ripararsi dall’irruenza del loro sole a volte portavano cappelli di paglia o berretti di stoffa e tutto quanto l’abbigliamento era a fantasie molto colorate ed a motivi ornamentali copiati dalla loro rigogliosa natura.

Si era da non molto tempo impegnato in questa ricognizione antropologica quando fu avvicinato da un  Kü’llayer dall’imponente statura di 2 metri e 40 o forse più; dopo essersi presentato con il nome di Ya’ko Akto’h, e si capirà poi che era uno tra i più eminenti ed influenti capi, gli comunicò  che i suoi contrabbandieri si erano già incaricati di riportare a casa loro i membri della delegazione qwìttyan in uno dei prossimi viaggi ed inaspettatamente lo invitò allo spettacolo ed agli intermezzi conviviali che avrebbero avuto luogo nella serata del medesimo giorno.

Infatti, oltre ai simpatici usi di accoglienza, Bàsh Kü’llay è anche la festa, la musica, la danza, i giochi di destrezza e di forza, e di intelligenza: sintesi di alta tecnologia ed antica tradizione…