Racconto di Dominique Jean Paul Stanisci

(Prima pubblicazione – 22 febbraio 2021)

 

 

 

Andrea è un solitario e vive la sua vita di corsa. Come la maggior parte dei creativi la vive tra mille incertezze e poche gioie, una vita in cui le conquiste sociali come un matrimonio, dei figli, una casa, un’automobile, non sono contemplate perché non funzionali al suo progetto. Andrea vive in un appartamento a Lambrate, quartiere popolare di Milano, in un condominio degli anni 70 dove ha trovato un monolocale ricavato da un appartamento più grande e dal quale si sentono tutti i rumori provenienti dagli altri alloggi che compongono il condominio stesso, per niente silenzioso, ma si sentono anche i rumori provenienti dalla strada e addirittura dai condomini adiacenti, realizzati in economia con i muri sottilissimi e gli infissi scadenti da cooperative ormai fallite, che rendono per questo la vivibilità al limite del sopportabile, specialmente per un creativo. Tuttavia, Andrea è consapevole di essere stato costretto ad una situazione non ottimale per via del budget, nel quartiere gli affitti di un monolocale costano molto meno rispetto al centro (i disagi sono compresi), ed è questo uno dei motivi che lo spinge ogni giorno a scappare dal tugurio di buon’ora al mattino per poi rientrarci la sera per il necessario: cena e sonno. Di fatto Andrea non ha mai vissuto il monolocale, arredato con poco, una vecchia tv e niente connessione wifi, del resto il suo lavoro lo svolge prevalentemente dal portatile che utilizza collegandosi alla rete wifi ora della biblioteca, ora dello Starbucks, ora dell’abitazione della sua amica, in centro, lontano da quel monolocale.

Adesso che di colpo Andrea si ritrova chiuso in casa, che tutto il condominio è chiuso in casa, adesso che tutta Lambrate è ferma, che Milano è silenziosa, adesso che l’Italia ha rallentato bruscamente, Andrea deve anche lui, gioco forza, rallentare, anzi fermarsi, del tutto. Una vita di corsa, fuori casa, una casa mai sentita sua, in un quartiere in cui non si è fermato mai neanche per fare la spesa, in una città che lo ha accolto ma che mai si è accorta di lui, di colpo questa vita è cambiata, per poco dicono, ma il poco si sa, è un punto di vista. Andrea adesso si sveglia alla stessa ora, sempre, pur non sistemando la sveglia, si sveglia pronto per scendere e prendere il bus che lo porta in centro dove farà la sua colazione, si collegherà alla rete wi-fi e inizierà a scrivere, no un momento, Andrea è sveglio, alla solita ora, ma non può scendere a prendere il bus, Andrea è chiuso in casa, come tutti. Non può correre, non può continuare a scappare, non può neanche collegarsi al wi-fi che in casa non ha, ed è costretto nel suo monolocale di cui solo adesso ne percepisce le piccole dimensioni. Andrea non corre più, non si connette più, quasi non pensa più, in attesa della libertà. I giorni trascorrono senza emozioni. I primi giorni in casa sono stati comunque impegnati perché ha approfittato per fare ordine e finalmente vedere dove e come viveva, ma i giorni trascorrono ancora, si allungano e Andrea inizia a sprofondare sempre più su quel divano letto che sempre meno diventa divano e sempre più resta letto. Cosi Andrea si ritrova spesso steso a pancia in su, a pensare al suo futuro… pensa Andrea, ma il tempo si allunga e anche i pensieri iniziano a tacere. È allora che Andrea inizia a fermarsi per davvero, e inizia ad ascoltare.

Andrea adesso è steso sul letto, è la prima volta che si ferma ad ascoltare i chiassi che risuonano nel suo monolocale, rumori e suoni che provengono da mansioni che potremmo definire di uso comune, come un elettrodomestico acceso, una litigata coniugale, un lavoretto fatto in casa, rumori che chiunque riconoscerebbe, chiunque ma non Andrea, che per la prima volta si ferma ad ascoltare e che in un tempo fatto di noia, solitudine, speranza passiva, come su un’altalena emotiva, angoscia e pensieri sparsi, quei rumori nella sua testa iniziano ad assumere connotazioni alquanto bizzarre. È così che l’aspirapolvere della signora del piano di sopra diventa un aeroplano che tenta di fare un atterraggio d’emergenza sul tetto del palazzo, che le preghiere del musulmano nel palazzo di fronte diventano il canto di una gatta in calore, che il tremolio delle mura dovute al passaggio del tram fa diventare quella stanza il Titanic che urta contro l’iceberg. Nel corso della giornata in cui tutti sono dentro casa e cercano di tenersi indaffarati, per Andrea, steso sul divano-letto, anche il saliscendi dell’ascensore diventa il tentativo di decollo di una missione lunare, le sirene dell’ambulanza poi, certamente gli ululati dei cani da slitta in Antartide, per non parlare del confinante che nel tentativo di appendere dei quadri con dei chiodi fa sembrare quei rumori sordi colpi di pistola.

Una sera all’improvviso si odono canti e festeggiamenti, Andrea non ne capisce il motivo, immagina sia una festa di compleanno condivisa, decide di accendere la tv e in quel momento scopre che la quarantena è finita, che quella sarà l’ultima notte costretto nel suo monolocale.

Andrea quella notte non dorme, la sua mente è proiettata all’indomani quando la sveglia suonerà puntuale e potrà tornare a pedalare nel traffico con la sua bicicletta, a collegarsi al wi-fi del book bar, quando farà la coda con il vassoio alla mensa, finalmente potrà tornare a correre, finalmente potrà tornare ad anestetizzarsi, lontano da tutto, lontano da sé.

 

 

(Adattato a soggetto per cortometraggio e sceneggiatura, film in corso di realizzazione)