Racconto di Adelina Campagnari

(Prima pubblicazione – 9 giugno 2021)

 

 

 

Il vecchio autobus, è partito puntuale come sempre con il suo stanco e assonnato carico di uomini e donne, costretti dalla vita ad interrompere il riposo, per raggiungere all’alba la propria fermata.

Ci si conosce tutti, e non si saluta nessuno a quell’ora, non è per maleducazione a quell’ora nessuno può profanare la vita altrui e su questo punto, sono tutti d’accordo sul Cotral del cinque e quaranta.

Il cambio dell’ora ha riportato la notte e le facce anguste ed assonnate dei passeggeri non dicono nulla di buono – occhi chiusi, cappelli abbassati sulla fronte, baveri alzati nei quali rannicchiarsi e scaldarsi un po’.

Come in un sacro rituale si sale, ognuno si siede nel posto del giorno prima, senza che qualcuno lo abbia deciso – un tacito accordo fatto di sguardi, cenni del capo e mezzi sorrisi, più complici che di rispetto.

Il mondo fuori lentamente inizia a muoversi, sporadiche auto animano stancamente la strada e anche il tempo sembra addormentato, partecipe il silenzio e i terribili vapori che permeano lo spazio – alcool sudore cattiva igiene, inutile cercare di capire, tutto diventa aria, respiro, sonno.

Di tanto in tanto piccoli e lontani punti luminosi spezzano l’oscurità, ora intermittenti ora fissi, a segnalare qualcuno che attende di salire.

Sebbene ampiamente segnalata la fermata a richiesta non è scontata, lo sa bene la signora di via Cannizzaro che ogni giorno deve percorrere i suoi cinque metri a passo veloce, per raggiungere l’autobus che immancabilmente la vede all’ultimo minuto.

Nessuno la conosce, nessuno l’ha mai vista prima, si dice solo che un mattino alle sei ha iniziato ad ascendere – non guarda negli occhi ma pare gentile, oblitera sempre il biglietto e si siede nei primi posti o dove trova libero – lei non ha il suo posto e nessuno ha cura di lasciarne uno per lei, ma non sembra importarle gran che,  si siede, rimanendo immobile per alcuni minuti e si vede che non è pratica, ad ogni curva pare cadere, non sa che si deve impuntare con le scarpe e rimanere rigida quando gli autisti si divertono a prendere le curve larghe.

Al bivio delle Idrovore salgono tre studenti completamente avulsi nei loro telefonini, scambiano alcune battute condite da colorite parolacce, per riprendere subito a ticchettare sulle rispettive tastiere.

Si sta facendo giorno la provincia lentamente si allontana e all’orizzonte iniziano a spuntare i primi palazzi della periferia, più o meno all’altezza del grande ospedale bianco la signora toglie dalla borsa il suo libro – oggi è diverso, la copertina insomma è cambiata, fino a venerdì era bianca con un titolo strano “Uomini e topi”, una settima, tanto è durato non un giorno di più non uno di meno.

La copertina di oggi non si vede bene, chissà cosa legge, magari alla prossima fermata a richiesta, quando si accendono le luci si vedrà meglio, si potrà vedere meglio.