Racconto di  Maria Teresa Innocente

(Seconda pubblicazione)

 

 

Primo giorno.

Non mi sento bene, forse ho la febbre. Spero di non aver preso quel maledetto virus. Faccio l’ennesimo tampone dell’anno: positivo.

No m…., proprio a me! Ma se seguo sempre tutte le indicazioni, mascherina, lavaggio delle mani, distanziamento. Soprattutto distanziamento: mi dicono tutti sei “fissata”. Vorrei proprio sapere chi è quello sciagurato che mi ha attaccato questa roba.

Secondo giorno.

Ho deciso, non dico nulla a nessuno. Mi metto in ferie, sparisco e così non

devo rispondere a messaggi di compassione tipo «Come stai? Tutto bene? Hai bisogno di qualcosa?». Per carità, odio questi piagnistei questa “vicinanza”. Sono adulta, autonoma, efficiente, basto a me stessa, via, via alla larga!
Terzo giorno.

Per fortuna ho il frigo sempre ben fornito, non mi manca nulla. E poi questa mia bella casa arredata nei minimi particolari, da rivista di arredamento…
Ho tutto quello che mi serve, TV, PC abbonamento a Sky e Netflix. Nessuno mi cerca, ho fatto proprio bene a comunicare l’assenza per ferie!
Quarto giorno.
Guardo fuori dalla finestra e vedo gente che si bacia e abbraccia: ma non hanno ancora capito che si deve rimanere distanti? No al contatto!

Quinto giorno.
Zero messaggi, bene, non sopporto proprio quel modo di essere sempre carini e vicini con tutti, come la chiamano? Solidarietà, ma dai. Io sono io e tu sei tu. Hai bisogno? Chiedi! Perché dovrei occuparmi di te gratuitamente?

Sesto giorno.
Mi sono tornate in mente alcune frasi di Luca, il giorno che ci siamo lasciati: «Sei gelida Alma, crei una tale distanza attorno a te che non basta una vita per raggiungerti». Chissà dove sarà ora Luca, di certo non lo chiamo, non ne ho bisogno…

Settimo giorno.
Con fatica ammetto che mi sento un po’ sola, zero messaggi, nessun contatto, nessuno interessato a me. Sono ancora positiva. Neanche dall’ufficio ricevo chiamate, giusto, sono in ferie, messaggio chiaro, non disturbare.

Ottavo giorno.
Ho come l’impressione di abitare in un’isola deserta, non sento neppure i soliti rumori dei vicini, così noiosi normalmente. Non ricordo le loro facce, li ho mai visti?

Nono giorno.
Suonano alla porta, mi metto la mascherina, chi sarà? Apro, davanti a me c’è una signora anziana, non la conosco, ha in mano un piatto.

«Buongiorno signorina, ho pensato di portarle una fetta della torta di mele che ho appena sfornato» e aggiunge,

«Ho capito che da giorni non esce, non ho più sentito aprire la sua porta».

«Buongiorno, scusi lei è? ».
«Sono Teresa la sua vicina» sorride.

Teresa la mia vicina che io non ho mai visto, che non sapevo esistesse, mi porta una fetta di torta perché non mi ha sentita muovere in questi giorni…
«Grazie Teresa non la faccio entrare perché…»
«Non si preoccupi, per qualunque necessità sono qui, sa, ho ricevuto tanta vicinanza e solidarietà quando ho avuto bisogno, penso sia giusto restituire, mi faccia sapere se le piace, buona giornata».
Sbam!

Solidarietà?

Decimo giorno.
Sono finalmente negativa. Suono alla porta della signora Teresa.

«Buongiorno, sono guarita vado a fare la spesa, ha bisogno di qualcosa?».

Mi guarda.

«Grazie cara, tutto a posto avevo bisogno di sentire il campanello suonare, dopo giorni di silenzio…».
Dieci giorni di isolamento per imparare il significato di una sola parola: Solidarietà.

Nessun uomo è un’isola.

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