Racconto di Elena Soprano

(Seconda pubblicazione)

 

Gabriella è calata da Cinisello Balsamo nel paesino di riviera per il suo quindici giorni di terme e mare, come faceva sua madre, come fece sua nonna nel dopoguerra. Più che una vacanza, si tratta di un rituale estivo in cui ritrovare relax in una eredità di luoghi e consuetudini: lo stesso albergo, lo stesso stabilimento balneare, lo stesso negozio di alimentari per fare un po’ di spesa. Un rivedere le stesse persone ogni luglio nel corso di decenni scoprendo bambini mutati in ragazzi, adulti ingrassati, ingrigiti sull’onda della nonnitudine in un gioco di accelerazione temporale dove l’implicita familiarità del contesto sostiene il reciproco invecchiare.

Passeggiata del dopo cena. Bancarelle di vestiti, scarpe, accessori per cellulari, tutto per la cucina, borse. Poi, i libri usati. La maggior parte della gente tira dritto, quelli che si fermano sono lo zoccolo duro dei lettori mal adattati ai kindle o ai kobo, fedeli al suono della pagina sfogliata, meglio se un po’ingiallita. Gabriella, da anni, ha un’idea precisa sui second hand che si comprano alle bancarelle e che tengono vivo il fascino della lettura per caso: quasi mai si trova il titolo che si stava cercando, si acquista qualcosa che di norma non si sarebbe comprato, e in disinibita abbondanza, elevandosi al rango di lettori d’azzardo.

La settimana prima aveva chiesto all’uomo del banco, un sessantenne dall’occhio lungo e scaltro, qualcosa di Romagnoli.

“Qualcosa ho, ci guardo” aveva risposto lui, non troppo alto, di corporatura massiccia, fissando con l’occhiale arroccato sulla punta del naso la scollatura di Gabriella ritagliata nel suo top vacanziero.

Senza che lei lo saluti, lui la riconosce immediatamente, la scannerizza con gli occhi soffermandosi all’altezza seno, un po’ deluso dalla maglietta più accollata e le dice: “Pensavo proprio a lei! Ho portato alcuni Romagnoli, sono lì che l’aspettano…”

Gabriella si sposta sotto al tendone, si china sul banco. Ci sono testi che vanno dal modernariato all’ antiquariato, dalla cucina ai proverbi, dai ricami ai costumi di carnevale a tema Romagna.Volumi che la gente appassionata di tradizioni e folk regionale chiama “i Romagnoli”. Per non farlo rimanere male Gabriella ne comprerebbe uno, ma hanno tutti un prezzo di molto superiore a un taglio di capelli e relativa messa in piega. Allora scioglie l’arcano e dice: “Mi scusi, veramente intendevo qualcosa di Gabriele Romagnoli, sa, quello di Navi in bottiglia.”

Le orecchie dell’uomo sembrano diventare ancora più a sventola, la carnagione del viso più rossa: “No, scusi lei, ho mangiato l’oca.”

“Povera oca!” esclama Gabriella con un mezzo sorriso “Cioè?”

“Ho preso fischi per fiaschi!“

La conversazione va avanti e tra una frase e l’altra – con il libraio che consiglia a un ragazzino Harry Potter in lingua originale ed Eragon ad un altro, mentre dice a una signora che Andrea Vitali non gli piace perché sembra che nei suoi libri non succeda nulla- salta fuori che vive con una ventina di cani, alleva Scottish terrier e circa cinquantamila libri. Li prende da cantine e solai che la gente svuota, li rivende a uno, due euro, al massimo tre. Il ricavato lo dà ad un’associazione italiana che opera in Siria. Ha un problema all’anca, ultimamente fa pochi mercati. Nuovi e vecchi clienti gli mandano richieste via WhatsApp di libri di cui a volte non ricordano neanche il titolo, ma solo alcune frasi. Lui li trova e quando non riesce consiglia qualcosa a tema.

Il suo desiderio è sempre stato di lavorare nella libreria di Lisbona, quella di Sostiene Peirera, “dove i libri insieme alle loro storie hanno un odore”.

Qui è il primo anno che viene, il suo stand è di fronte a quello delle noccioline caramellate e dei dolciumi da baraccone con un odore costante e diffuso di zucchero filato.

Ha un’auto con rimorchio per tutti i suoi libri, storie che trasporta da anni di qua e di là con infinita pazienza e devozione, un custode di sogni.

Gariella prende due volumi di Wilbur Smith, uno di Andrea Vitali, due Sophie Kinsella. Paga e si ritrova tra le mani un biglietto da visita che l’uomo le ha dato insieme al resto, forse un invito implicito.

“Questi romagnoli...” pensa entrando nella sua stanza d’albergo sfilandosi i sandali con due piccoli calci nell’aria.

“Appena torno a casa cerco una mail di Romagnoli e glielo racconto.”

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