Racconto di Raffaele Formisano

(Prima pubblicazione – 12 febbraio 2019)

 

Maledizione, un posto di blocco.

Rabbrividisco.

Il mio coupon di viaggio lampeggia all’approssimarsi di un pericolo imminente. Trattasi di un dispositivo innestato dal mio hacker di fiducia che lo ha prodotto. Diversi passeggeri possiedono, forse, un coupon pirata e non uno originale. Mi ridimensiono quasi immediatamente. Per fortuna non riguarda il nostro velivolo, ma quello in fila davanti a noi (questa è la cosa fondamentale). Intuisco, tuttavia, quale possa essere la causa del controllo (c’era da aspettarsi questo contrattempo). No, perché sembra che più avanti si vada nel tempo più la gente sia fuori di testa, deve essere un fatto genetico: le generazioni successive puntano a un progresso sempre più diffuso, ma, tendenzialmente, divengono, a mano a mano, più deboli e ipnotizzate da tante cazzate annesse e connesse. Proprio per questo mi trovo qui. Fortissima è la mia voglia di evadere dalla follia futuristica. Avevo più volte avvisato il tizio che viene dall’anno 2041 di non strafare con i cavernicoli. In fin dei conti non è colpa loro se sono vissuti milioni di anni prima di noi. Sono gli unici con cui ci si possa davvero divertire, questo è vero, e c’è da bearsi cinicamente. Il tizio del futuro si chiama Bob e ha una vera e propria fissa per i viaggi nel tempo. Sua unica compagna, la sfera lighter flottante, che, ogni tanto, appare e scompare a proprio piacimento. Sembra sia il gadget dell’anno nel 2041. Tutti i ragazzini come Bob ne vogliono una, per accendersi i sigari, ormai fuori moda, o per bruciacchiare i capelli alle compagne di scuola o per scaldarsi le mani o altre parti del corpo mentre rincasano alle 6,00 del mattino. Bob non ha voluto ascoltarmi, ha varcato gli sbarramenti di protezione e si è avvicinato al primo homo erectus dietro la soglia di sicurezza. Il suo esordio è stato quello di farsi beffe di lui, suscitando la rabbia del primitivo, fino a farlo incazzare per benino. Prima che un colpo di clava lo sfiori, ecco apparire la pallina lighter luminosa sotto l’ascella sinistra del cavernicolo. Puntuale, come un orologio svizzero, il versaccio che segue la scottatura. Il troglodita fa per leccarsi la ferita, quando ecco riapparire la sferetta a ustionargli la lingua.

-Hai finito di fare lo stronzo?- lo riprende il custode, con le braccia conserte, mentre molla ripetutamente colpetti al pavimento con la punta del piede destro. Bob non si lascia intimidire e regala all’uomo delle caverne un’ultima bruciatura che gli manda in fiamme la peluria.

Così, mentre il guardiano è tutto preso a maneggiare un estintore per spegnere il piccolo incendio, il bamboccio corre a mimetizzarsi fra la calca di visitatori. Povero illuso. Con tutto che viene dal futuro ignora completamente la sofisticatezza dei controlli. Riescono a identificare il tuo coupon di viaggio nel tempo fra milioni di altri. Spessissimo, se non taroccato bene, perfino a distinguerne uno originale da una perfetta imitazione. Forse riescono anche a contarti i peli che hai in culo. E così ora ci tocca aspettare. Sono più che convinto che il ragazzino verrà beccato. L’ho visto io stesso salire sull’astrobus davanti. Ritengo, addirittura, che non abbia neanche l’età per intraprendere un viaggio nel tempo non accompagnato. Ma la cosa non mi tange più di tanto, così come non tange o addirittura secca gli altri passeggeri, altamente tediati per l’attesa. Sebbene la prossima fermata sia a poca distanza, nessuno può scendere durante le ispezioni, anche se non interessano il velivolo su cui si sta viaggiando. Gli ispettori potrebbero decidere, a loro piena discrezione, di controllare pure quello su cui mi trovo io.

Spero che la faccenda non vada troppo per le lunghe, altrimenti salta il mio vero scopo del tour. A dire il vero inizio ad avvertire un po’ di ansia. Se solo riuscissimo a raggiungere la maledetta prossima fermata! Si trova più avanti, a non molta distanza. Riesco a intravederla, ma non posso far nulla, allo stato attuale, per raggiungerla.

Il passeggero più infastidito è un tizio sulla destra, due file più indietro rispetto alla mia. Ha l’ulteriore seccatura del fumo derivante dal sigaro di un cowboy alle sue spalle. Che quadretto per chi li osserva da lontano! I loro aspetti parlano da soli. Il texano è uno di quei tipi trasandati, che non deve avere mai avuto un incontro ravvicinato con un lavabo in vita sua. Parla in maniera più sguaiata del suo aspetto, con un accento quasi incomprensibile. Sembra fortemente attratto da una damigella medievale seduta accanto a lui. Non fa che cianciare ad alta voce. Per quel po’ che riesco a capire, cerca di mettersi in bella luce con la ragazza, raccontandole dei suoi vari incarichi come sceriffo nelle città più cruente di tutto l’Ovest. Mai sbagliato un colpo in uno scontro a fuoco, tanto per cominciare. La tipa non sembra seguirlo granchè. Annuisce e sorride imbarazzata, più per fargli piacere che altro, immagino. Cerca, però, di non dargli eccessiva corda. Penso sia il suo primo viaggio nel tempo e non deve essersi ancora abituata alle diavolerie dei secoli successivi al proprio. L’individuo davanti invece ha tutta l’aria di un nobile seicentesco. Segni evidenti ne sono l’albagia stampatagli in volto e un largo e spesso (oserei dire quasi ridicolo) colletto frastagliato di raffinato merletto. Il sigaro del cowboy sta impregnandoglielo di fumo. Che accozzaglia, eh? Io vengo dal 2035. Nessuno del mio periodo avrebbe mai realizzato che già da due anni dopo si sarebbe diffusa l’inesorabile moda dei viaggi nel tempo. Personalmente un po’ mi aspettavo un qualcosa del genere. Col passare dei secoli una tecnologia in crescita a dismisura e senza controllo aveva permesso all’uomo di poter raggiungere mete inimmaginabili prima di allora. Già agli inizi del novecento la conquista dello spazio era rimasta un concetto racchiuso entro i limiti della fantascienza. In solo 69 anni l’uomo era sbarcato sulla luna. Incredibile ma vero. In poco più di un secolo l’uomo è diventato padrone delle distanze. Tanto da annoiarsi a morte. Non interessa ormai a nessuno, oggi come oggi, visitare luoghi cosiddetti esotici, visto e considerato che il concetto stesso di “esotico” ha assunto tonalità che rasentano l’ordinario e il banale. Eh no, in tempi moderni la definizione di viaggio computa necessariamente la quarta dimensione (la più interessante secondo l’ultimo grido): il tempo. Con l’avvento del teletrasporto applicato su particelle e non soltanto su fotoni si sono infrante definitivamente anche le barriere temporali.

E l’uomo ha segnato un altro traguardo, o almeno ne è convinto.

Risultato, un po’ simile alla storia degli elettrodomestici.

Oggi abbiamo televisori olografici molto sofisticati, magari troppo, così tanto che la rottura di un banalissimo chip ti obbliga a gettare via tutto l’ambaradan, visto che il costo di ricambi e riparazioni supera di gran lunga l’acquisto di un nuovo apparecchio. A volte hai il sospetto che lo stesso guazzabuglio sia realizzato apposta per durare sempre di meno. Un po’ come le generazioni che si susseguono nel corso degli eventi umani, più ricche di tecnologie, più povere di contenuti.

Penso sia questo il vero viaggio. Ma un viaggio a ritroso, verso un apparente progresso creatore di fenomeni di massa ipnotici e di meccanismi che stravolgono equilibri.

Il viaggio nel tempo è stata l’ultima goccia.

È per questa ragione che desidero aria pulita. Ne ho fin sulle scatole di gente che per salutarsi ha bisogno di un dispositivo elettronico multimediale. Capisco la comodità di una comunicazione immediata, ci sta pure, ma è da un po’ che ho deciso di assaporare il gusto di una vita semplice: l’unica buona ragione che ci vedo in questi viaggi nel tempo. Per il resto solo caos. Ormai la vendita di coupon falsificati è fuori controllo. Gente che va, gente che viene, da un’epoca all’altra. La tecnologia dell’uomo di domani sta infettando anche l’uomo di ieri. Chi è già venuto ha sete di conoscenza di ciò che verrà. Molti appartenenti al dopo, me compreso, hanno voglia, invece, di ciò che è stato.

In teoria sono permessi viaggi nel tempo sub-conditio: obbligo di rientrare ciascuno nel proprio anno di provenienza, con immediata rimozione del chip memo-cognitivo applicato alla nuca. Il lasso di tempo in cui hai viaggiato deve essere automaticamente e insindacabilmente cancellato dai tuoi ricordi. La tua vacanza nel tempo non può conservare tracce di nessun genere, foto, video, souvenir o diavolerie simili. Come si sa, tuttavia, l’esistenza di determinate regole implica la loro automatica infrazione. La gente viaggia con coupon taroccati. Gli hackers più abili riescono a creare dispositivi riutilizzabili almeno tre volte e con un sufficiente spazio di memoria per raccogliere un duplicato del tuo chip cerebrale in forma di onde che la tua mente trasmette loro, tanto ai gates sei obbligato, per ora, a consegnare solo il chip, quello che ti applicano dietro la nuca alla partenza. Il coupon puoi tenerlo, sebbene venga controllato. Se il tuo hacker di fiducia non è uno in gamba corri il rischio di essere scoperto. E lì sono cazzi amari. Si, perché finisci in isolamento. Dopo il gate la tua memoria diventa permanente e non puoi più cancellarla, chip o non chip. Ragion per cui tu non potrai mai più avere contatti con altri tuoi simili in caso la tua mente possa ricordare leggendo il coupon e i controllori se ne accorgano.

Questo in teoria.

In pratica alcuni del passato (spero non molti sinora) sanno di quelli del futuro e viceversa.

Mi sono iscritto a uno di questi gruppi chiusi on-line amanti dei viaggi nel tempo, una di quelle pagine clandestine dichiarate e non scritte. E indovinate un po’… Scopro un bel giorno l’esistenza di un mio antenato che mi somiglia come una goccia d’acqua.

Ha addirittura il mio stesso nome e cognome e la mia età.

Roba da matti!

È stato lui a contattare me.

-Sono curioso di vedere il tuo mondo- mi scrive.

-Vieni pure quando vuoi- gli rispondo.

Così riusciamo a incontrarci grazie al mio hacker, che ha lavorato un bel po’ sul suo look per renderlo simile a uno della mia epoca.

Non prendertela con me se poi torni indietro con qualche turba mentale- lo metto in guardia, prima di lasciarlo salire sulla mia fiammante astromobile nuova. Ciò che dovrebbe essere per lui un impatto traumatico si rivela la più eccitante emozione che abbia mai provato in vita sua, mentre sfrecciamo a 90 miglia all’ora su di un’ampia astrorampa statale semideserta. Ma ciò che lo affascina di più è la metropoli, tappezzata di maxischermi, ologrammi, luci a effetto stroboscopico e balle varie. Non vuole perdersi nulla. Sembra insaziabile di discoteche, locali, alcoolici e puttane a buon mercato, vere o virtuali che siano.

Voi si che vi divertite! Non sai quanto ti invidio- mi confessa a notte inoltrata, carico di sbornia.

Non sai quanto io invidi te invece. Il mondo di domani è solo caos e regresso in forma di tecnologia. In realtà non facciamo altro che alienarci ogni giorno un po’ di più. E senza nemmeno renderci conto di quanto siamo drogati. Vedi questo? Ne è una prova lampante- gli dico mostrandogli l’olo-smartphone che mi sono sfilato di tasca.

Gli faccio notare, inoltre, che ogni cliente nel locale in cui siamo è intento a giocherellare con un gingillo simile.

Insomma… stiamo pensando la stessa cosa?- inizia a istigarmi. Magari è solo la vodka che si è tracannato a parlare per lui, ma io lo prendo in parola. In effetti stavo pensando proprio la stessa cosa.

Ed è per questa ragione che ora mi trovo qui.

L’astrobus su cui viaggia lui ha coincidenza col mio alla prossima fermata, dall’altro lato del percorso. Insomma, basta che scendiamo entrambi, ci scambiamo i coupon furtivamente e nessuno si farà male. Lui diventerà me nel 2035, io diventerò lui nel 1705. Il miglior viaggio che entrambi potessimo mai desiderare. Un viaggio che potrebbe durare, dal momento del baratto in poi, per tutto il resto delle nostre vite.

Finalmente qualcosa si anima nel velivolo davanti a noi.

Il primo a scendere è quel moccioso di Bob in manette, seguito dai due agenti che lo hanno arrestato.

E dai, partiamo, maledizione!!

Mi auguro solo che nessuno dei controllori venga solleticato dalla voglia di salire anche sul mezzo in cui mi trovo.

Rischierei di brutto di perdere la coincidenza con l’astrobus che ha preso il mio alter ego, oltre al fatto che una ispezione a un coupon pirata è sempre e comunque un rischio.

Per fortuna tutto fila liscio come l’olio: il nostro astroveicolo è ripartito e procede senza ostacoli, anche se con un po’ di lentezza.

Fermata.

Io scendo, lui scende.

Ci avvistiamo reciprocamente in lontananza.

Flottiamo l’uno verso l’altro.

Con la coda dell’occhio noto che un ulteriore paio di sorveglianti sono saliti, in corrispondenza della fermata, sul bus spazio-tempo su cui ero io e prossima meta del mio compare.

Lo scambio è immediato.

Non ho il tempo di metterlo in guardia, né di voltarmi a capire cosa possa succedere. Faccio fatica a galleggiare in fretta verso l’altro bus diretto nel passato prima che la porta si chiuda.

Preso.

Appena in vettura, però, mi accorgo della presenza di una ispettrice già a bordo del velivolo. Deve essere salita da pochissimo.

Il fatto è alquanto anomalo e spesso indica il malfunzionamento o una di quelle rare eccezioni di assenza di gates a quello specifico terminale di linea.

La porta si è chiusa e non posso scendere.

Fingere di aver sbagliato mezzo potrebbe essere un’arma a doppio taglio.

Il controllore sta fissando proprio me con una strana aria. Chiedere al conducente di aprire le porte potrebbe indurre la tipa a una ispezione immediata del mio coupon e non sarebbe per niente igienico. Come non lo è mai se ne hai uno fasullo.

Cerco di non lasciarmi prendere dal panico e tiro un lungo respiro, imprigionando il fiato, come in apnea, tanta è l’ansia che mi pervade. Mi avvio, quindi, lentamente, verso un posto libero che ho adocchiato in fondo al bus.

Signore, La pregherei di accomodarsi- mi sollecita il pilota –Non si può viaggiare in piedi, dovrebbe saperlo-.

‘Ha… ha ragione, mi scusi’ balbetto, per poi raggiungere velocemente il sedile e occuparlo.

Intanto la donna in divisa inizia il suo giro di controllo.

Ha un viso grazioso a dispetto di una stazza robusta, capelli biondi, di cui sporge qualche ricciolo da sotto il berretto, labbra tinte di un rosso esagerato, un quantitativo smisurato di fard sugli zigomi e i tratti delle ciglia marcati abbondantemente a matita nera. La sua espressione austera rispecchia a puntino la pesantezza del suo make-up.

Mi posso salvare in due soli modi.

Numero uno, lei coglie in flagrante uno con un coupon pirata prima di me.

Numero due, il mio coupon è realizzato talmente bene che lei non si avvede dell’inganno.

Tutto sembra regolare. Viaggiano passeggeri onesti su questo dannato astromezzo, accidenti! Doveva capitare proprio a me! Mentre l’ispettrice dall’aria poco amichevole si avvicina, io mi accorgo che il mio coupon in lampeggiamento sta cambiando colore.

Il che mi provoca un turbamento ancora più accentuato.

Proprio quel che temevo.

Fatto o non fatto bene, ogni coupon falso ha una sorta di… chiamiamola scadenza, dopodichè è facilmente identificabile come non originale. Segno tipico ne è la graduale perdita di tinta. Nel caso del mio, lo sbiancamento avanza rapidamente.

Il controllore è giunto a me.

Titolo di viaggio alla mano, prego- mi esorta a mostrarglielo.

Ẻ finita.

Al solo adocchiarlo si renderà conto dell’inganno, e mi dà l’aria anche di una che sa il fatto suo.

Ha sentito cosa ho detto, signore? – insiste lei.

Il pilota, che è ripartito da qualche istante, rallenta, intuito che qualcosa non va.

Io indugio, cercando una banale scusa per tirarmi fuori dai guai.

-Allora, vuol mostrarmi questo coupon o no? Non ho tutto il giorno! – perde la pazienza la donna.

Sono sul punto di alzarmi e porgerle i polsi di mia spontanea volontà. Le manette sono inevitabili a questo punto.

Invece no.

Si realizza una terza possibilità che non avevo annoverato.

Giusto a tempo, proprio in quell’attimo, tutti sono distratti, ispettrice compresa, da un lampeggiamento nell’altro velivolo, quello che ho lasciato da poco.

È sicuro segnale che qualcuno sia stato pescato con un coupon fasullo.

La sorvegliante si distoglie subito da me e si precipita verso il posto di pilotaggio, ordinando al conducente di aprire immediatamente la porta. Scende, quindi, in tutta fretta, per flottare, quanto più velocemente possibile, verso l’altro astromezzo a dare man forte ai colleghi.

Vedo, infatti, qualcuno non distinguibile, una sagoma scura, che è riuscito a fuggire a tempo da quel bus e si allontana velocemente, braccato da due ispettori.

La donna punta sul fuggiasco dalla direzione opposta, in modo da accerchiarlo.

Non riusciamo ad assistere ad altro.

Il pilota ha richiuso la porta con noncuranza e ripreso il decollo interrotto poco prima.

Sono salvo, per il momento. E lo sarò definitivamente se la mia ipotesi di assenza o malfunzionamento di gates al terminale è corretta.

Superato il portale del 1700, infatti, nessun posto di blocco può più fermarci. Ormai chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori.

In caso di un ulteriore controllo, invece, la mia sorte potrebbe essere, con buon margine di probabilità, identica a quella del tizio inseguito di poc’anzi.

In un guizzo di rimorso immagino che forse egli fosse proprio il mio antenato, scoperto qualche istante prima di me.

In fondo sono i rischi di viaggiare in questo stato: possono pizzicare te o un altro o nessuno, non è dato saperlo e non esiste una scienza esatta per prevederne l’esito.

Non posso far nulla per lui. Ẻ già molto che l’abbia scampata io per ora. A me conviene, a questo punto, starmene buono, zitto e andare avanti verso una nuova realtà in cui spero che l’uomo non venga troppo contaminato dall’ambizione folle di un viaggio verso il proprio futuro.