Racconto di Marina Cerni

(Quinta pubblicazione – 3 maggio 2021)

 

 

Come sollevati da una folata di scirocco, i suoi pensieri turbinavano senza logica. Ricordava della sua giovinezza, quel vento che monta dall’Africa, che trasporta per centinaia di miglia la sabbia del deserto, che raccoglie umidità nell’attraversare i mari e la riversa scombinando gli animi e rincitrullendo le menti. Le membra diventavano fiacche e la mente torbida, la sabbia rossastra si accumulava sui davanzali, sulle ringhiere e sui tetti delle auto posteggiate. Come i granelli di sabbia del Sahara i suoi pensieri si posavano su mille ricordi, progetti e desideri senza un filo che li unisse e li ordinasse.

Emma stava alla finestra, così dolcemente abbandonata e sciroccata, osservando l’azzurro tra i rami degli alberi del suo immenso giardino e tra il turbinio dei ricordi. La lontananza non è affatto come il vento, pensava, il vento è un alito vitale che stava spazzando via gli ultimi brandelli di nubi dal cielo che era tornato adamantino, in primavera trasporta semi e nuova vita, in autunno regala refrigerio alla terra accaldata dai mesi estivi. La lontananza è piuttosto come una densa e vischiosa nebbia che ingloba ogni cosa e amplifica le distanze. Pesando sul capo, rallenta i movimenti, nasconde alla vista e dilata enormemente la solitudine.

Una raffica più forte la fece tornare alla realtà, si scosse dal torpore e si promise di riprendere le abituali attività che ormai da anni svolgeva quotidianamente nella sua casetta in aperta campagna, lontana chilometri dal primo centro abitato. Amava la sua solitudine, i suoi animali da cortile che l’attendevano ogni mattina affamati che le venivano incontro frementi e agitati, i suoi alberi da frutto che richiedevano attenzione e potature esperte. La giornata era scandita da tante incombenze che andavano dall’irrigazione dell’orto, alla sistemazione in catasta della legna per la stufa. Il corpo e la mente erano sempre impegnate e alla sera il silenzio, che calava sulla casetta protetta da alberi secolari, era rotto solo dallo scoppiettio della legna nella stufa economica.

In quei momenti, negli ultimi mesi, prima di coricarsi con la tazza di camomilla tra le mani, uno struggimento doloroso la possedeva, un peso sullo sterno le levava per un attimo il respiro e doveva aspirare, con vigore, l’aria. La lontananza era diventata dolorosa, fisica, perché era stato un anno lungo, segnato dall’assenza degli affetti, l’isolamento della pandemia la aveva privata delle visite dei figli lontani. Anche le attività quotidiane non riuscivano più a distrarla dal desiderio di riabbracciarli; ricacciava indietro con dispetto le lacrime, quando vedeva i vitellini attaccati alle mammelle materne.

L’età avanzava e seppur la volontà fosse forte, i dolori e i cedimenti fisici aumentavano esponenzialmente così come in lei accresceva il timore di non avere più il tempo necessario per attendere.

Era stata una giornata strana, anzi erano stati giorni anomali, segnati da cupi pensieri che fisicamente si erano concretizzati in dolori agli arti ed emicrania. Uno stato confusionale, che le aveva ricordato lo scirocco giovanile sulle coste adriatiche, le rendeva più faticoso attendere a tutte le necessarie mansioni che il terreno e la sua casa richiedevano.

Anche il telefono faceva le bizze, un tempo dilatato, una cupa oppressione faceva presagire qualcosa di non ordinario. Anche i suoi figli non si facevano sentire da giorni e la sua volontaria solitudine, per la prima volta, mostrava evidenti crepe e un ormai irreversibile cedimento.

Era stata una sfida con sé stessa, vivere con le sue fragilità, lontana da un centro abitato, una sfida di cui, fino a quel momento, era fiera, come era fiera di quei due giovani che vivevano così lontano da lei per motivi di lavoro.

E poi accadde.

La strada che arrivava alla casa era lunga e costeggiata da tigli vigorosi, lo sguardo dalla finestra poteva arrivare all’accesso e proprio lì, vide due figure avanzare.

Il ricordo dello scirocco giovanile in realtà le aveva portato ciò che più amava, non la sabbia del deserto ma il sentimento che la teneva ancora in vita e le faceva apprezzare l’esistenza in tutte le sue declinazioni.

Il cuore accelerò i battiti e le gambe riacquistarono un vigore antico.

Ora lo scirocco si sarebbe potuto abbattere liberamente su di lei e sulla sua casa, l’avrebbe potuta sollevare in alto e farla ricadere al suolo come sabbia.

Nulla più contava.