Racconto di Ambrogio Bozzarelli

(Prima pubblicazione – 25 giugno 2021)

 

 

L’aria frizzante della primavera stava sfumando verso una calda estate; Marco aveva bisogno di scarpe nuove. Così, quel sabato pomeriggio, verso le 15 si recò presso il grande, nuovo centro commerciale in città, ove si trovava un noto negozio di scarpe

“Per l’estate un buon paio di mocassini forse sono meglio delle solite telate in jeans” Meditava mentre parcheggiava la sua Panda. Il negozio era veramente ampio: da una parte tutte le calzature da donna e di fronte quelle per l’uomo. Si aggirava lentamente, osservando con interesse ogni tipo di scarpa posta in esposizione sopra le scatole; subito vicino all’entrata, nelle prime file, quelle da ginnastica, seguivano le altre più specificatamente create per sport quali il basket , il gioco del calcio, queste ultime con i tacchetti in plastica:
“ Ai mie tempi i tacchetti erano in legno.” Sorrise pensando ai suoi trascorsi da calciatore dilettante, poi le robuste alte scarpe da trekking, ne aveva già tre paia, due alte e un paio basse, e tutte in goretex e molto robuste. Ecco poi, da ultime, quasi in fondo al grande magazzino venivano le classiche, da indossare quando si girava in città, in ufficio al lavoro: belle di cuoio di luminoso colore, nere o marroni. Ecco, un paio così, ma dovevano anche esser comode: a Marco piaceva camminare anche per chilometri in città, ma tranquillamente senza sofferenze.

Si soffermò a guardare con più attenzione: ancora non aveva deciso né il colore né tantomeno se dovessero essere con le stringhe oppure, come aveva pensato inizialmente, di tipo mocassino.
Cominciò a tastare la resistenza e la duttilità del cuoio di un paio nere, un nero lucido, con le stringhe. Solitamente portava il n. 44, ma a volte, a seconda del modello, anche il 45.
Queste che stava maneggiando erano n. 44, ma un po’ troppo appuntite: lui aveva i piedi un po’ larghi e non amava calzature che li stringessero troppo.“ No, … e poi troppo lucide non vanno bene ”
Passò al colore marrone , ne vide alcune non molto lucide, anzi, e questo già poteva andar meglio, sbirciò il numero: 45; però parevano persino più strette delle altre. Dopo averle piegate si sedette sulla piccola panca posta proprio lì accanto, tolte velocemente le sue Nike da ginnastica e iniziò ad infilarsi le nuove scarpe.
“Umh … beh, mi pare siano quasi giuste…” avevano le stringhe e forse per quello, dopo aver fatto diverse prove passeggiando avanti e indietro decise di non prenderle . Ne provò altre 6, ma tutte, per un motivo o un altro poi le scartava. Stava armeggiando con l’’ultimo paio, cercando di rimetterlo nella sua scatola, quando gli si avvicinò una commessa:
«Scusi , la vedo un po’ indeciso, se vuole un aiuto…»
Marco sollevò lo sguardo: giovane , lunghi capelli castano chiari che le scendevamo fluenti sulle spalle, avrà avuto non più di venti – venticinque anni ,un sorriso accattivante che con i suoi occhi verde azzurri lo stava osservando.

« Beh, sì grazie … signorina, sto cercando un paio di classiche però …» la ragazza lo interruppe:« Ma io sono qui per questo; vediamo un po’, lei mi pare abbia il 44 giusto?». Aveva una voce dolce seppur con qualche accento squillante. Era davvero una bella ragazza: Marco, scapolo incallito, adesso la stava valutando.
« Sì, beh, ma a volte anche il 45; ho i piedi un po’ malfatti, sa… magari è l’età. », abbozzando un sorriso che  nelle sue intenzioni avrebbe dovuto essere anche un po’ malizioso. In effetti, non era più un giovanotto e tra lui e la bella commessa sicuramente correvano almeno una decina di anni di differenza, però…
La ragazza si comportò come se non avesse sentito, volgendosi subito verso un ripiano aveva preso una scatola e con fare professionale
« Ecco provi queste, sono beige ma se le vanno bene , come credo, le troviamo anche il colore che più le aggrada …»
“ Aggrada! Caspita, questa giovane utilizza termini colti! ”, e prendendo le scarpe che lei gli stava porgendo, cercò di ripetere quel suo sorriso. Questa volta ne ebbe uno in risposta

“ Stai a vedere che…” Marco si stava distraendo e pareva impacciato nel tentativo di infilare il piede destro nella scarpa.
«Usi questo» suggerì lei offrendogli un lungo calzare nero di plastica.
Indossate le scarpe prese a camminare un po’ su e giù tra gli scaffali.
« Direi che le vanno benissimo».
« Sì, ma , non so , ma forse sì, mi pare siano quelle giuste in effetti »;
passava ancora una volta avanti e indietro rimirandosi nello specchio che aveva di fronte quando improvvisamente da uno scaffale alla sua destra cadde una scatola aprendosi proprio davanti a lui . Marco istintivamente si ritrasse e nella certezza di aver urtato e causato la caduta, proferì alcune confuse parole di scuse rivolgendosi alla commessa. Questa pronta «Non si preoccupi, non ha urtato alcunché, magari era un po’ mal messa , già in bilico; cosa vuole : c’è chi le rimette a posto senza prestare alcuna attenzione …» e così dicendo si apprestava a richiudere la scatola quando Marco intervenne:« Aspetti, aspetti signorina, me le faccia vedere!” Indicando quelle cadute ai suoi piedi .
«Certo – osservandone la grandezza – sono anche del suo numero… sì le provi pure.»
Erano un paio di mocassini di un bellissimo color ocra, morbidissimi ma anche robusti. Calzavano perfettamente e si sentì subito a proprio agio, era come indossare guanti in velluto, neanche fossero stati fatti a mano, su misura proprio per lui.
«Sì, signorina, questi mi paiono perfetti». Era raggiante, quasi gli venne voglia di saltellare.
«Bene, son contenta per lei, mi pare che le stiano anche benissimo, esteticamente intendo», la ragazza stava semplicemente esprimendo un parere professionale, ma Marco lo intese come un complimento personale .
«Oh, grazie, signorina …?» , ma poiché la ragazza pareva non aver compreso quell’invito che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto far sì che lei gli rivelasse il nome, lui, con sufficienza per mascherare la delusione si portò la mano sinistra sul mento e proseguì:
«… Ma non sono gli accessori che fanno il bello; lei , per esempio, anche se solo vestita con la tuta del negozio risulta esser di per sé bella, la sua dolcezza si esprime attraverso il viso e le sue movenze”».
Ah Marco, incallito scapolo sempre alla ricerca di avventure!
La ragazza lo osservò e come per ringraziarlo delle sdolcinate parole gli elargì un sorriso che però, a ben vedere, era un vero sorriso di commiserazione.
Troppo gentile; ma venga, si accomodi alla cassa mentre io porto la scatola”» il tono si era fatto un po’ acido, e si incamminò velocemente mentre Marco ancora si affannava a rimettersi le sue Nike.
Quando raggiunse la cassiera, la giovane commessa, che aveva posato il futuro acquisto sul balcone, si era già allontanata senza degnarlo di uno sguardo.
Comunque, lasciando da parte il suo insuccesso da Don Giovanni, ora aveva un bel paio di scarpe nuove e l’indomani le avrebbe provate.
Quella domenica in città c’era il mercatino dell’antiquariato e a lui piaceva bighellonare per ore davanti ai banchetti, contrattare per un orologio, un disco o qualche libro, e magari poteva anche capitare l’occasione di conoscere qualche bella ragazza , scambiare due parole e poi si sa : una parola tira l’altra e chissà che… Oltretutto il meteo aveva preannunciato una giornata di pieno sole e con temperature praticamente già estive.
Si prefigurava avventure amorose mentre con cura, a casa, dopo averli lisciati con la mano , riponeva i suoi nuovi fiammanti mocassini sul secondo ripiano della scarpiera dove solitamente poi posava anche le sue Nike.
La mattina si svegliò presto, voleva godersi appieno il mercatino, magari passarci anche tutta la giornata. Il sole filtrava attraverso le tapparelle che non aveva abbassato sino in fondo proprio perché amava cercare di cogliere quel pulviscolo di minute particelle di luce, giocarci infilandovi le dita e ammirandone le strane rifrazioni che così si creavano. Quella mattina però non ci si perse più di tanto. Il mercatino l’ aspettava e i migliori affari riusciva a farli proprio durante l’allestimento dei banchi. Le previsioni meteorologiche avevano visto giusto: faceva già caldo. Perfetto per provare il vestito leggero con le scarpe appena acquistate. Una colazione veloce a base di yogurt e poi di nuovo in camera; infilatisi i jeans rossi, quella camicia grigia di velluto con un taglio western che lo faceva anche più giovane andò ad aprire la scarpiera.
Prese i mocassini che, contrariamente a quanto ricordava non si trovavano sul secondo ripiano accanto alle Nike , ma giacevano solitari in quello sottostante. “Toh, ieri sera dovevo essere proprio stanco”.
Indossarle gli procurò un piacere immenso .
Abitava in collina a circa 3 km dal centro della città. Prese l’auto e anche nel contatto con i pedali godette della morbidezza del suo nuovo acquisto; parcheggiò nell’ampio piazzale adibito a posti auto , da dove con una breve camminata, superata la piazza con il monumento ai caduti di tutte le guerre , si accedeva all’ampia via che in quell’occasione veniva chiusa al passaggio dei veicoli per ospitare i banchi del mercatino. Vi giunse velocemente: con quelle scarpe pareva volare. Ed eccoli, ancora mezzi vuoti, nel primo, un tipo grande e grosso , con una ampia barba grigia , stava posizionando piatti e statuine in ceramica: oggetti. per Marco, di nessun interesse. Allungò il passo, ma poi, quasi inconsapevolmente si fermò. Alzò lo sguardo verso il sole e lo colse una strana sensazione , una voglia improvvisa di cambiare percorso. Svoltò versò destra si infilò in uno stretto carruggio e attraverso altri ancora più stretti si diresse con sicurezza verso il mare.
Il sole caldo lo incoraggiava; passo dopo passo, senza pensieri, in breve tempo era giunto sulla passeggiata che proseguiva parallela alla spiaggia. Si appoggiò un attimo alla ringhiera per osservare le persone che passeggiavano ; là due coppie, più lontano un pescatore seduto su di una piccola seggiola di plastica, lo sguardo verso il mare e la canna piantata nella sabbia mentre le onde appena accennate , colpite dai raggi solari , creavano luminosi specchi di luce . Come guidato da una forza irresistibile scese anche lui sulla spiaggia. Le sue gambe si mossero sicure portandolo verso il mare. Respirava quel profumo salmastro che tanto emana dal mar Ligure, guardava lontano verso l’orizzonte, là dove il mare finisce per incontrare il cielo, quasi gli pareva di esser guidato da … ecco, sì dalle sue nuove scarpe. Si stava avvicinando, del tutto inconsciamente, all’acqua ; le onde stavano per lambire i mocassini , ma il suo sguardo rimaneva fisso nel vuoto lontano .
«Ehi, giovanotto!», una signora un po’ attempata, con un ridicolo cappellino su vaporosi capelli grigi, lo apostrofò :« All’occhio che finisce per bagnarsi!».
Marco si riscosse come svegliandosi da un sogno.
«Oh cavoli, grazie;e pensare che sono anche nuove», rise indicando le sue calzature.
«Avrei fatto un bel danno! Con quello che mi sono costate! » e continuando a ridere si allontanò dal bagnasciuga.
“Il mercatino! ”gli balenò nella mente. Si volse verso la passeggiata, ma qualcosa più forte del suo pensiero lo spinse a girarsi di nuovo e iniziò a camminare attraverso la spiaggia. Superò una coppia in costume che giaceva distesa su di un ampio telo a godersi quel sole corroborante. La spiaggia proseguiva per circa un chilometro sino alla foce del fiume.
Era bello camminare, Marco oltre ad esser uno scapolo impenitente, era anche un grande camminatore: per lui camminare era vivere. Non importava dove, l’importante era andare. In montagna a fare trekking, o attraverso sentieri in collina immerso tra i faggi e anche gironzolare nelle città, visitare i musei, i castelli, oppure semplicemente senza meta per puro diletto della camminata: in tutti quei momenti si sentiva vivo. Così anche lì, adesso, con gli stabilimenti balneari ancora tutti chiusi.
E rifece la spiaggia avanti e indietro, avanti e indietro diverse volte, ma, senza accorgersene, ogni suo giro lo portava sempre più vicino al mare. Le onde oramai erano nuovamente arrivate a lambire i piedi quando gli giunse il suono del rintocco delle campane della chiesa del Sacro Cuore, prospiciente sulla passeggiata appena sopra la spiaggia.
“Cribbio, ma che ora sono? “Istintivamente, seppur dovendo fare un notevole sforzo, riuscì a fermarsi e il suo sguardo si posò sull’orologio che portava al polso: “mezzogiorno”.
Tutta la mattina, l’intera mattinata senza accorgersi del passar del tempo: e il mercatino?
Oltretutto adesso percepiva anche un certo languore. Aveva fame e, nonostante il mercatino fosse sempre nei suoi pensieri, non gli venne in mente di percorrerlo magari anche solo un po’ velocemente: aveva fame e allora utilizzando vie traverse, quasi corse per raggiungere l’auto.
Mentre metteva in moto posò lo sguardo sulle scarpe: erano ancora lucide, incredibilmente linde, pulite come se non solo non avesse passeggiato per 4 ore sulla spiaggia, ma proprio come quando le aveva acquistate: pareva non fossero mai state indossate. Comunque ora voleva trovare un buon posto ove poter pranzare. E così improvvisamente gli venne l’idea di andare alla locanda dell’Angelo a Millesimo.
Chissà, poi magari poteva anche andare a trovare Lisa: le era sempre piaciuta, ma lei aveva sempre rifiutato ogni sua avance, però magari forse questa volta poteva anche starci.
L’auto saliva sulla strada che portava a Cadibona, poi superò Altare; Marco fischiettava allegro, mentre vagheggiava di favolosi amplessi con la bionda amica. La carrozzabile praticamente deserta favoriva una andatura sostenuta. I suoi piedi si muovevano sicuri dentro quei nuovi mocassini. Ecco Carcare, una svolta a sinistra e via verso Millesimo. Ma quando stava per entrare in paese improvvisamente, sentì la necessità di svoltare nuovamente verso sinistra: voleva evitare la città e proseguire oltre. “ Dove sto andando?”. La domanda appena abbozzata subito scomparve. Guidava sicuro. La strada ora era in salita, ancora qualche tornante e comparve il Lago. Era giunto al lago di Osiglia … Sorrise: “Ma guarda un po’ dove mi porta il subconscio”. Accelerò. Prese poi la stradina stretta che portava a quel piccolo antro ove era solito appartarsi con le sue conquiste femminili: una piccola spiaggetta isolata, poco conosciuta e ancor meno frequentata.
Scese dall’auto e con fare sicuro si incamminò. Forse era l’una già passata, la giornata era splendida, stranamente non pensava più al cibo, intorno non vi’era anima viva. Attraverso un piccolo sentiero giunse nel piccolo antro.
Perché era arrivato sin lì? Si fermò, pensieroso: cominciava a comprendere come tutto il suo agire fosse completamente sconsiderato, privo di logicità.
Ebbe un breve sussulto e, questa volta con un senso di strana preoccupazione, si accorse che si stava muovendo: sì, stava nuovamente camminando, e anche se non ne aveva la certezza, vedeva che andava lentamente ma irresistibilmente verso l’acqua. Osservò i piedi: si muovevano in avanti, vide le sue scarpe che con passo sicuro continuavano a portalo sempre più vicino al lago. Cosa diavolo stava facendo? Ebbe come un presentimento: lui non sapeva nuotare.
Cerco di fermarsi, provò a trattenersi dal camminare: ma inesorabilmente continuava a avanzare e scendere verso l’acqua che si faceva sempre più vicina. Agitò le braccia provando a spingerle indietro come per creare così una forza contraria al suo moto. Nulla, non c’era niente da fare: non riusciva a fermarsi anzi adesso stava entrando proprio dentro il lago. Fu preso da un senso di indicibile terrore: i piedi, dentro quei mocassini iniziarono ad affondare nel limo.
Cominciò a sudare, ma non dal caldo, erano sudori di paura.
Pensò di chiedere aiuto, anche se intorno non vi era nessuno, spalancò la bocca e provò a urlare ma non riusciva ad articolare il più piccolo suono. E intanto sprofondava sempre più nel lago: ora l’acqua aveva raggiunto le ginocchia.
Era acqua fredda, cercò di volgere il busto all’indietro, inutilmente, continuava a scendere mentre l’acqua saliva. E nel terrore l’illuminazione: le scarpe, quelle maledette, bastarde scarpe, perché erano loro, già erano proprio loro che avevano evitato che lui andasse al mercatino, loro avevano cercato già in mattinata di portarlo nel mare, loro avevano guidato l’auto sin lì ed ora… Marco si sentiva perso, l’acqua ormai era salita sino all’inguine, cercava di non perdere l’equilibrio, aveva freddo, era ghiacciato ma sudava, e l’acqua saliva, saliva. Poi quel lepego scivoloso di alghe che coprivano i massi sul fondo del lago si avvolse intorno ad un mocassino quasi a bloccarlo. Marco immobile sentì che le scarpe cercavano di stringersi il più possibile ai suoi piedi, quasi a voler sfuggire alla presa delle alghe. Infreddolito, terrorizzato e sudato si rese improvvisamente conto della strana lotta che si stava svolgendo intorno ai suoi piedi poi, quasi di colpo, sentì un mocassino cedere … si stava, anzi no, si stavano tutti e due sfilando dai piedi. Fu scosso da un tremito violento, appoggiò le mani dietro di sé sino a toccare le pietre riuscendo a rimanere fuori dall’acqua con la parte superiore delle spalle. Un forte respiro e un po’ a fatica riuscì a rimettersi in posizione eretta. Sentiva i pedi gelati dentro le calze che toccavano le pietre del fondo; lentamente, con cautela, si mosse a ritrose sino ad uscire interamente dal lago. Bagnato fradicio, rimase seduto su quella piccola spiaggetta, le mani intorno al volto: bagnato e sudato sì, ma senza quelle scarpe e vivo e salvo.
Il giorno dopo un clochard che viveva in quella zona trovò sulla riva del lago un bellissimo paio di mocassini color ocra: erano praticamente nuovi, belli e fiammanti. Il pover’uomo aveva camminato scalzo per cinque giorni nei boschi tra sentieri e rovi con i piedi pieni di piaghe, da alcune delle quali fuoriusciva sangue misto a pus. Ormai gli dolevano tanto che da due giorni si trascinava ginocchioni intorno al lago e ogni tanto metteva i piedi nell’acqua per cercare un poco di sollievo.
Quei mocassini erano davvero bellissimi. Li provò: calzavano alla perfezione! Sorrise, osservando come ben si adattavano ai suoi piedi macilenti, provò ad alzarsi, e non sentì più alcun male, non solo beli ma parevano pure esser curativi. Gli occhi si illuminarono di felicità: era felice si, felice del ritrovamento, felice di quelle nuove bellissime scarpe e con facilità si incamminò, dove quelle lo volevano portare.