Racconto di Raffaella Bagni
(Seconda pubblicazione – 1 marzo 2019)
Il sole cocente di luglio attira i bagnanti del luogo e di paesi vicini e lontani.
La spiaggia è gremita di persone accaldate. Immobile come una lucertola sul mio lettino a righe gialle e blu come un automa mi alzo per andare ad immergermi nel mare blu intenso che da sempre è la cornice agli episodi della mia vita.
Una nuotata fino dopo la boa rossa e ritorno, sul lettino, di nuovo, lascio evaporare l’acqua salata dalla pelle dorata.
Il turno del mio fidanzato, Massimo, bagnino nello stabilimento dei suoi genitori finirà alle 18:30 e fino a quell’ora dovrò accontentarmi dell’abbraccio caldo del sole. Ad un certo punto un’ombra si affaccia davanti ai miei occhi chiusi che attraverso le palpebre riescono ad intuire una sagoma, la sua voce allegra mi chiede di andare a fare un giro in canoa “ ho finito di lavorare vieni?”.
Amo uscire in mare la sera al tramonto con le piccole canoe gialle monoposto, scivolare sul pelo dell’acqua senza rumori ne troppa fatica, solo lui io e il nostro mare.
Lui rema sorridente con le sue braccia forti e allenate, a volte mi rincorre altre mi affianca e con fare furbo afferra la mia canoa, la spinge iniziando a farmi oscillare fino a farmi perdere l’equilibrio e impotente farmi cadere in acqua. Si tuffa anche lui, mi raggiunge, ci schizziamo ridendo di un amore giovane e spensierato.
Ad un certo punto qualcosa mi sfiora la gamba e distrattamente pensando ad un alga continuo a giocare e nuotare, lui si immerge, scompare nella profondità del blu per fare chissà quale altro scherzo riemerge pochi secondi dopo gridandomi di saltare subito sulla canoa come lui, io con un’ agilità che di solito in acqua non mi appartiene salgo a bordo e cerco di scorgere tra i riflessi del mare il motivo di quella brusca interruzione.
Una nuvola viola e azzurra circondava le nostre canoe, come se qualcuno avesse steso sotto di noi una coperta da pic nic a pois, enormi cupole gelatinose danzavano tranquille al ritmo lento delle onde della sera, tutt’intorno a noi.
Rientriamo velocemente a riva per salire insieme sul pattino di salvataggio, l’unico a disposizione a quell’ora tarda e torniamo al luogo del bagno e dei tuffi, con un remo peschiamo una di quelle grandi meduse con i tentacoli argentei e l’ombrella violacea con sfumature indaco, mentre Massimo rema verso riva io continuo a bagnare la creatura per non farla soffrire, offriamo la vista di quell’essere evanescente ai pochi bagnanti curiosi accorsi in riva poi la restituiamo al suo branco affinché possa proseguire la sua vita subacquea interrotta dalle grida di due giovani innamorati.
Ogni volta che esco in mare non posso fare a meno di scrutare con lo sguardo subito sotto il pelo dell’acqua sperando di rivedere i colori brillanti e la delicatezza di quelle meduse enormi.
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