Racconto di Gisella Albano

(Prima pubblicazione)

 

Leda stava in piedi, cercando di mantenere l’equilibrio. Doveva dividere quel piccolo spazio

con altre tre persone.

“Venga signora, si appoggi qui, ci stiamo comodamente anche in due”.

Era un’altra signora a parlare. Leda pensò: “Avremmo più o meno la stessa età, circa 140 anni in due. Stessa chioma di capelli, stesse scarpe comode”.

Leda però si permetteva ancora qualche vezzo: un foularino di seta, tre o quattro gocce di Chanel nº5. A che serviranno poi? A sentire il profumo della vita, anche quella già vissuta.

Frankie stava seduto a pochi metri di distanza.

Aveva trovato posto perché era salito prima, accanto a lui il sedile era vuoto e, malgrado la calca sull’autobus, nessuno andava a occuparlo.

Leda però l’aveva notato e a stento, tra i vari “Mi scusi”, “Mi fa passare?” lo raggiunse e si sedette. Si era davvero stancata a stare in piedi tutto quel tempo, ormai le gambe, intrappolate in una rete di vene, non le reggevano più.

Frankie rimase seccato e sorpreso per quell’intrusione tra i suoi pensieri. Non gli capitava spesso di percorrere il tragitto in autobus seduto accanto a una signora bianca, per giunta di una certa età. “Dev’essere davvero stanca” pensò.

Leda non si accorse di nulla. Per un attimo era andata indietro nei ricordi, al tempo in cui stava in piedi per ore e ore a lavorare, perché aveva passione per il suo lavoro e anni da vendere.

Frankie pensò: “Ancora un po’ e finalmente avrò i soldi necessari per acquistare un’auto. Potrò andare anch’io in giro automunito e mi sentirò uguale agli altri, in fila al semaforo, al casello autostradale, senza più sguardi indiscreti e sarò felicissimo se il posto accanto a me rimarrà vuoto, perché sarà mia moglie a occuparlo e mi guarderà con amore”.

 

Leda, dopo tanto riflettere, era arrivata a una conclusione: avrebbe acquistato un’auto con un cambio automatico. Sarebbe stato come ritornare un po’ giovane, sarebbe potuta andare veloce senza sforzo, senza sentire il dolore alle gambe.

Frankie sentiva già il rombo del motore, le risate dei bambini sul sedile posteriore, contenti come se fossero seduti su una giostra, l’imbarazzo della moglie che gli stava accanto composta, come se sedesse al teatro in prima fila.

Leda si immaginava nella sua comoda auto, con lo stereo in sottofondo che trasmetteva la sua musica preferita, le ruote che fluidamente percorrevano le strade della città e andavano oltre arrivando fino al mare magari, con il foularino di seta che svolazzava al vento del finestrino emanando il suo dolce profumo, finalmente libera, leggera.

Per un attimo i loro sguardi s’incrociarono e si riconobbero, entrambi sorpresi di ritrovarsi a sorridere, felici. Fu solo un attimo, ma intenso, pieno, capace di cogliere tutta la loro… autonomia elettiva.

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