Racconto di  Silvana Guarina

(Settima pubblicazione)

 

«È single e di passaggio in città. – mi aveva detto – Ci dai una mano ad intrattenerlo. Inoltre una serata diversa farà bene anche a te. Dai, per favore!»

Mariella aveva tanto insistito che avevo finito per cedere. Così quel venerdì sera mi ero preparata senza troppa convinzione, scegliendo dall’armadio qualcosa di poco elegante e appariscente, e avevo guidato fino al ristorante in centro dove avrei dovuto incontrare la mia amica, suo marito ed un altro signore del quale Mariella mi aveva detto ben poco. Arrivata all’appuntamento per un attimo pensai di far dietro front e squagliarmela ma, temendo gravi ripercussioni sulla nostra amicizia di vecchissima data, sospirai ed entrai. Un premuroso cameriere mi scortò al tavolo dove Mariella e suo marito erano già seduti. Al mio sguardo interrogativo lei prontamente mi mise al corrente.

«Ha appena avvisato che ha dovuto trattenersi al lavoro. Dice che sarà qui nel tempo di un Martini.»

Gianni, il felice coniuge di Mariella, mi fece l’occhiolino e io rinunciai ad ogni commento.

«E vada per un Martini, spero di non mettermi a sghignazzare dopo. Sapete che effetto mi fa l’alcol!» commentai rassegnata a una serata noiosissima. Ero certa che quel signore avrebbe sicuramente parlato di lavoro per tutta la durata della cena. Non facemmo a tempo a svuotare i nostri bicchieri che sulla soglia del ristorante apparve Andrea. Senza indugi si diresse verso di noi con un gran sorriso stampato sul viso largo e squadrato.

«Non ditemi che lui è…»

Non riuscii a terminare la mia protesta che Roberto era già seduto al nostro tavolo e salutava tutti allegramente. Lanciai un’occhiata assassina a Mariella. Come aveva potuto imbrogliarmi in quel modo? Come aveva osato coinvolgermi in una serata con quell’essere abominevole? Lo sapevano tutti che proprio non lo sopportavo più. Ero stata così contenta quando aveva accettato quel lavoro all’estero! Che ci faceva in Italia? Che ci faceva a quel tavolo? Che ci faceva la sua mano sulla mia? La ritrassi immediatamente e dispensai uno sguardo malevolo anche a Andrea, mentre una marea di ricordi della nostra relazione passata mi sommergeva.

«Comprendo la tua sorpresa.» Mi disse.

«Disappunto è un termine più adeguato ma userei anche contrarietà, fastidio e…» Lo interruppi acida ma lui continuò imperterrito con quel suo sorriso che un tempo mi aveva affascinato.

«Sono stato io a coinvolgere Mariella e Gianni in questa serata a sorpresa. Non prendertela con loro! Volevo rivederti e ho chiesto il loro aiuto. Ho sentito molto la tua mancanza in questi due anni a Sidney…»

«Io no» lo interruppi di nuovo ma, invece di sparire all’istante come speravo, lui continuò.

«… mi sono mancate le tue battute, le nostre passeggiate in bici e anche i nostri scontri. – Usò proprio questa parola, di certo, per riportarmi alla mente il nostro primo incontro, anzi scontro, nell’atrio del palazzone pieno di uffici dove entrambi lavoravamo. Quel giorno mi fece cadere la pila di atti notarili che stringevo e se ne era andato senza neppure aiutarmi a tirarli su! -Vorresti litigare ancora con me, almeno questa sera?» Mi domandò ironico.

«Vorrei ben altro…»

«Anche io!» Questa volta fu lui ad interrompermi, sfoderando un sorriso a trentadue denti.

«Non provarci nemmeno a giocare con i doppi sensi!» lo minacciai tentando di scacciare scene del nostro passato non propriamente amichevoli che si riaffacciavano, prepotentemente, alla mia mente facendomi arrossire.

«Ragazzi, – intervenne Gianni – che ne dite di ordinare una buona bistecca?

È venerdì sera anche per noi e vorremmo iniziare il weekend in modo piacevole. Dopo il dolce, liberissimi di riprendere a punzecchiarvi!»

Mi guardarono tutti supplichevoli. Non era valido! Tre contro uno! Mi arresi ed accennai un sì con un cenno del capo, ripromettendomi di non “punzecchiare” Andrea ma di affettarlo, squartarlo e magari anche triturarlo in un momento migliore.

Era passato molto tempo, ma proprio non potevo dimenticare, e meno che meno perdonargli, il dolore che mi aveva causato. Con evidente sollievo i miei amici presero a conversare mentre io ostinatamente tenni il broncio. Non mi importava nulla di avere notizie del suo lavoro in Australia e del modo in cui trascorreva i suoi weekend. Una fugace visione di squali affamati all’inseguimento del suo windsurf mi increspò le labbra in un mezzo sorriso. Lui equivocò perché, con la faccia da schiaffi che lo caratterizza, ribadì di essere tornato in Italia per qualche mese per me, sopraffatto dalla nostalgia del passato. La sua posizione in azienda gli permetteva di seguire il lavoro anche dalla sede della nostra città. Aveva fatto carriera in quei due anni, una splendida carriera. Repressi una punta di invidia: anche se ero sempre là alla mia solita scrivania incasinata di plichi nella stanzetta più piccola di un noto studio notarile a fare straordinario su straordinario, io era una persona buona e onesta. Non avevo mai ferito i sentimenti di nessuno, io! Gli lanciai un’altra occhiataccia e aprii la bocca per dirgliene quattro ma Mariella mi precedette.

«Avresti potuto farti sentire in questi due anni. I tuoi racconti mi fanno venir voglia di veder personalmente l’Opera House, Ayers Rock e Kangaroo Island!»

«Siete tutti invitati, sarete miei ospiti per tutto il tempo che vorrete.»

«Wow! Grazie! Tu quando riparti?» gli chiese tutta euforica, programmando già le prossime vacanze.

«Appunto, quando te ne vai da qui?» mi inserii nella conversazione, provocando una battuta d’arresto ai progetti di viaggio che Mariella e Gianni avevano cominciato a fare.

«Dipende…» rispose evasivamente.

Prima che io potessi articolare una risposta velenosa, Mariella e Gianni riportarono il discorso sulle vacanze.

«E tu verresti in Australia con loro?» mi chiese Andrea.

«Dipende…»

Volli essere evasiva quanto lui poco prima. Gli si stampò un sorriso sornione sul viso, equivocando certamente a suo favore la mia risposta.

«Dipende – ripresi per chiarire – dalla tua presenza o meno su tutta l’isola. Vacanze in Australia sì se tu sarai al Polo Sud a tener compagnia ai pinguini.»

«Spiritosa! – ribatté ridendo – Possiamo fare una tregua? Sta arrivando il dolce…»

Mi abbuffai di tiramisù, avevo proprio bisogno di zuccheri per riuscire a sopportare gli sguardi di Andrea e gli ammiccamenti dei miei amici. Già, proprio amici, quei due mi avevano trascinato in una situazione veramente imbarazzante.  Mi ripromisi per la centesima volta di vendicarmi alla prima occasione. Andrea specialmente…

Ma che stava farneticando ora?  Finire la serata in un Karaoke bar?

«Sì! Dai! Giusto per farci due risate!» acconsentì subito Mariella e prima che avessi il tempo di aprire bocca per mandarli a… fare una passeggiata, mi prese sottobraccio e mi trascinò fuori dal ristorante.

«Sono stonata e poi domattina ho in programma…» provai a sganciarmi.

«Un giro in bici? – mi interruppe Roberto – Vengo anche io. Mare o monti?»

«Niente affatto. Shopping» improvvisai.

Sapevo molto bene che lui odiava andare per negozi e rischiare di portar shopper bags e pacchi vari. Avevo già fatto l’esperienza anni prima, una brutta esperienza. Ricordo ancora il suo muso lungo per un paio d’ore e poi, esasperata, dopo una specie di litigio, la mia decisione di mandarlo a raggiungere i suoi amici al club, proprio per tentare di salvare quel che restava di un pomeriggio penoso.

Per mia sfortuna il karaoke bar, molto in fra i non più giovanissimi come noi, era vicinissimo al ristorante. Non potei neppure fuggire nel parcheggio: letteralmente scortata da Mariella da una parte, Andrea dall’altra e Gianni alle mie spalle. Ogni mio tentativo di fuga sarebbe stato impossibile.

Mi tornò in mente l’espressione bere il calice dell’amarezza. “E facciamoci anche questa cantata!” pensai rassegnata. Guardai l’orologio.

«A dirla con le Kessler – mi sussurrò lui, languido, nell’orecchio – La notte è tenera, tenera, giovane, giovane, splendida, bella da morir!»

Incredibile! Dopo una penosissima cena, lui ci stava ancora provando con me?! E per giunta con una canzone dei tempi di sua nonna!?

Ordinarono qualcosa da bere e, con un’abile mossa, Andrea mi si accomodò accanto sul divanetto, con il suo bicchierone di non so cosa. Nuovamente scacciare dalla mente i ricordi di noi seduti vicini, del calore che dal suo braccio si irradiava al mio, fu difficile, molto difficile. Impossibile star là ferma vicino a lui rischiando di farmi travolgere un’altra volta dal suo innegabile fascino. Mi alzai e biascicai un “toilette” come scusa per allontanarmi. Dovetti aspettare un bel po’per il mio turno e uscii solo quando fui certa che l’attesa del mio ritorno in sala avesse stancato anche il più paziente dei corteggiatori. Me lo ritrovai invece sulla porta del bagno delle signore, in attesa.

«Eri bella anche senza una ritoccatina al trucco! – commentò trascinandomi al microfono. – Dai! È il nostro momento!»

Un duetto! Un duetto con lui! No! Mai più! Non volevo ripetere quell’esperienza, ci ero già cascata troppe volte! Partirono le prime note di Something stupid di Sinatra e io, invece di fuggire a gambe levate, rimasi là, accanto a lui, davanti al microfono, davanti a quel pubblico alticcio in attesa del nostro canto. I miei occhi si persero nei suoi quando Andrea attaccò la prima strofa.

 

I know I stand in line

Until you think you have the time

To spend an evening with me.

 

La sua voce calda mi avvolse tutta come in un abbraccio e il suo inglese, che dopo due anni all’estero non poteva non essere più che perfetto, mi fece sciogliere come neve al sole. Sono sempre stata sensibile al fascino della lingua anglosassone! E lui lo sapeva! Scelta azzeccata! La seconda strofa toccava a me e risultava essere proprio il mio pensiero. Sì, disprezzo le tue vecchie bugie e non voglio sentirne altre!

Biascicai il testo nel mio inglese stentato.

Come riuscii a cantare fine alla fine quella vecchia canzone non lo riesco proprio a ricordare! Indimenticabile invece il momento in cui, quando scoppiarono i primi applausi, lui mi abbracciò stretta e mi baciò. Fu una resa incondizionata, la mia! Tutti i propositi di non lasciarmi più incantare da quell’uomo svanirono come svanì il ricordo del litigio furioso che portò alla rottura del nostro rapporto.

Uscendo dal locale affrontai Mariella.

«Questa poi! Un appuntamento al buio eh! Voglio proprio vedere se avrai il coraggio di…»

«Mai più! Mai più! Tranquilla! – mi interruppe ridendo – Non ne avrai più bisogno!»

-°-

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