Racconto di Monica Cerullo

(seconda pubblicazione – 20 novembre 2020)

 

 

 

Il cuore batteva forte al pensiero che di lì a un momento avrebbe visto per la prima volta il ragazzo con cui parlava da oltre un anno. Eleonora e Walter si erano conosciuti su un forum di scrittori e in molte occasioni si erano sfidati con i loro racconti, trovandosi spesso a scavalcarsi in classifica. Si stimavano a vicenda e, dopo i primi mesi, erano passati a scriversi anche in privato ma senza mai oltrepassare il confine della privacy, usavano solo la chat della piattaforma tramite la quale partecipavano come autori. Eleonora era stata scoperta da un editor che, leggendo alcune opere, le aveva proposto di scrivere un romanzo, voleva che fosse un po’ diverso dal solito e lei aveva accettato, anche se questo significava fare un viaggio a Roma. L’ultima volta che ci era stata frequentava le scuole elementari, per cui i ricordi erano vaghi e per far sì che il suo libro fosse veritiero, doveva rivisitare la capitale. Lo aveva detto a WalterW-983 e lui, che aveva vissuto a Viterbo per tanto tempo e quindi conosceva bene la città, si era offerto di farle da guida per quei quattro giorni. Non si erano mai incontrati, né avevano mai visto le proprie foto, tanto meno sentito le rispettive voci, per cui dovettero descriversi fisicamente per riconoscersi. Il treno si era fermato il 13 luglio alla stazione di Roma Termini alle 10:30. Eleonora scese trainando il trolley rosa, insieme a un flusso notevole di gente. Walter le aveva spiegato che indossava blu jeans, camicia celeste a mezze maniche, Nike bianche e occhiali da sole. Aveva un cenno di barba nera e capelli mossi e scuri. Non sarebbe stato facile individuarlo, eppure lo riconobbe in fretta. Le sue iridi verdi si soffermarono su un uomo che, guarda caso, stava già scrutando nella sua direzione. Non era molto lontano da lei, poi lo vide prendere il cellulare e scrivere e, pochi secondi dopo, le arrivò un msg sulla chat. -Io credo di averti riconosciuta, forse l’ho fatto prima di te ma, per essere sicuro, potresti alzare la mano destra e grattarti il naso?-  Eleonora sorrise e sollevò prima gli occhi su quella persona, poi lentamente la mano e si toccò il naso. E, quando scorse un sorriso sulle labbra dell’uomo che aveva quasi di fronte, capì di non essersi sbagliata. A quel punto lui si mosse e le andò incontro mentre lei faceva lo stesso. Si fermarono entrambi a un passo dall’altro, lui tolse le lenti per poterla vedere meglio e si sentì strano. Il cuore che faceva capricci e un inusuale esigenza di bere dell’acqua a causa della gola secca. Si salutarono con un briciolo di imbarazzo che poi sciolsero presto. Iniziarono a parlare e a confermare la loro conoscenza. Avevano prenotato lo stesso albergo, o meglio, lui aveva seguito lei, poiché non aveva intenzione di andare avanti e indietro tra Roma e Orvieto. In azienda si era preso dei giorni di ferie e a casa aveva raccontato di dover fare un viaggio di lavoro. Giunsero all’hotel in via Santa Costanza e nel tragitto Walter prese a mostrarle immediatamente la città. Guidò piano affinché lei potesse memorizzare e respirare l’aria di Roma, già brulicante di turisti e non solo. Entrarono per il check-in e si diedero appuntamento alle 11:30 nella hall, dopo una rapida doccia, e iniziarono il lungo giro. Erano molto affiatati, sembrava si conoscessero da una vita ed era una bella sensazione, forse troppo piacevole. Walter le rinfrescava la memoria sui posti più famosi; Piazza di Spagna e quindi la Scalinata della Trinità, Fontana di Trevi, si fermarono a Piazza Navona, naturalmente costeggiarono il Colosseo e il Pantheon, camminarono sul Lungotevere dove Castel Sant’Angelo rifletteva la sua magnificenza sul letto del fiume e gliene insegnò dei nuovi anche nei giorni a seguire. Lo sguardo di Elen era estasiato e attento ad ogni cosa, ai dettagli, appuntava ciò che credeva potesse esserle utile e, quando rientrava in albergo, le parole emergevano e scorrevano veloci. Aveva scelto dove ambientare la storia dopo una mezza giornata passata in un posto speciale che le aveva permesso di trovare persino il titolo: “Giallo a Villa Borghese”. Era soddisfatta, perché dopo tanto tempo scriveva senza sosta. Andare a Roma era stata la scelta giusta, si disse. Le piaceva. Quella città era fantastica, straordinaria, affascinante, romantica, aveva tutto! Ma era anche l’ultima notte prima di ripartire. Walter ed Eleonora erano stati in un locale dove avevano cenato e ballato, si erano divertiti ma quando si erano salutati nel lungo corridoio che separava le loro camere, c’era stato un attimo di esitazione, un tentennamento, prima di augurarsi la buonanotte. Eleonora si chiuse dentro sentendosi frastornata, si allontanò dalla porta per poi fare ritorno sui suoi passi appena udì bussare. Fuori, apparve un Walter quasi affannato, con una mano appoggiata allo stipite, e un’espressione turbata. La squadrò nuovamente nel mini abito nero che mostrava buona parte delle lunghe e belle gambe, sottolineava il punto vita sottile, il seno stretto nel tessuto, salì sul viso e si bloccò fissandole la bocca, e lì perse la ragione. Aveva resistito tutta la sera, per tutto il tempo passato insieme. Si fiondò in camera chiudendo la porta alle sue spalle e afferrò Eleonora inizialmente confusa e sorpresa dalla foga con cui Walter la stava baciando, come se non potesse farne a meno. A quel punto si lasciò andare e lo aiutò a togliere gli indumenti. Non smisero mai di baciarsi, nemmeno quando si sdraiarono sul letto, il corpo dell’uno adagiato su quello dell’altro, le mani che esploravano, tracciavano segni, marchiavano la pelle per imprimere nelle loro menti il ricordo di quella notte romana. Si addormentarono abbracciati, avvinghiati, con i cuori che riprendevano il giusto ritmo. Ma fu lei a svegliarsi per prima, un ronzio giunse alle sue orecchie, un display illuminato catturò la sua attenzione. Si scostò lentamente dal petto di Walter e intercettò il suo cellulare sul comodino, dove lesse il nome del mittente della chiamata: Amore mio. E i dubbi che avevano governato dentro di lei per quei giorni si erano rivelati. Guardò l’uomo con cui aveva trascorso la notte più bella di sempre, o meglio, la prima da quando Christian se n’era andato, e rimase delusa, soprattutto da sé stessa. Si era abbandonata a lui, si era fatta trasportare dall’attrazione che provava verso Walter, oltre a quella mentale anche fisica, perché indubbiamente era affascinante. Si sfilò dall’abbraccio e scese dal letto. Afferrò il vestito della sera precedente e lo indossò, agguantò la valigia, diede una sistemata ai capelli, prese scarpe e borsa e facendo piano lasciò la stanza, dando un’ultima occhiata a colui che l’aveva aiutata a scrivere l’incipit di un ottimo libro ma che aveva lasciato anche un senso di disappunto. Era consapevole che dimenticarlo non sarebbe stato facile. E fuggì prima che lui potesse accorgersene e inventare patetiche frasi di circostanza. Per il momento, era certa di una cosa; non avrebbe più voluto sapere, né parlare, di WalterW-983.