Racconto di Eleonora Lupi

(prima pubblicazione – 29 luglio 2020)

 

 

L’aria era particolarmente afosa quella mattina e la salsedine le si appiccicava alla pelle come fosse colla. Le labbra secche, i capelli increspati e gli occhi, lo sapeva, a fine giornata sarebbero stati dannatamente irritati. A Maria non piaceva il mare, mai piaciuto. Ma quando un luminare della medicina ti dice: <<Signora, provate con il mare. Mi diceva che era una delle grandi passioni di Alberto. Sarebbe un ottimo stimolo per lui>>; cosa può fare una figlia? Prende padre, marito e figlio a carico e va a passare la sua settimana di ferie in un posto che odia, con la speranza di vedere ancora una volta un luccichio di consapevolezza… di amore… di felicità, negli occhi di quel vecchio che le cammina a fianco, sotto braccio, con lo sguardo fisso sull’immensa distesa d’acqua salata; quanto vorrebbe che il padre si girasse e la guardasse come lui ora guarda il mare.

<<Mammaaa?! Ma perché la spiaggia è vuota? Con chi gioco?!>> Ovviamente le passeggiate mattutine sono accompagnate da Luca, trenta chili di pura energia.

<<Perché è presto, tesoro. Sono le sei di mattina>>.

<<Ma perché veniamo sempre così presto? Non possiamo venire quando arrivano gli altri bambini?>>.

<<Mamma te lo ha già spiegato, amore. Il dottore ha detto che per il nonno ci sarebbe troppa confusione e lo renderebbe nervoso. Verrai più tardi con papà>>.

<<Perché non vieni anche tu dopo?>>. Già, perché. Un bambino ovviamente non capisce il concetto del non poter lasciare un adulto, men che meno un anziano, da solo in casa. E tu non puoi… non vuoi… spiegargli che suo nonno, lo stesso nonno che lo portava al parco, che giocava con lui, che gli comprava il gelato, non è più in grado neanche di cucinarsi da solo.

<<Perché mamma poi fa un pisolino insieme al nonno>>. Luca si convince. Prende per mano il nonno e lui finalmente si gira. Guarda il nipotino di nove anni, che ha i suoi stessi occhi, e gli sorride. Maria è allo stesso tempo felice e invidiosa. Felice perché, in questi piccoli momenti di contatto con la realtà, il padre sembra contento. Invidiosa perché non è lei, sua figlia, a provocare quella reazione. Ma nel vedere il sorriso di Luca, quest’ultima e sgradevole emozione svanisce.

Continuando la passeggiata, i minuti passano e la luce cambia. Il mare, dapprima calmo, piatto, cristallino nelle vicinanze e roseo all’orizzonte, come se stesse arrossendo per l’arrivo del sole, ora prende vita. Timide onde terminano sul bagnasciuga in bianca spuma, dove Luca inevitabilmente andrà a bagnarsi i piedi più tardi. Il blu non ha più la limpidezza di prima, data dall’immobilità dell’acqua, ma è scuro, deciso; il sole lo ha risvegliato e ora intende muoversi, creare sfumature, far capire che lui non è mai lo stesso. Due gabbiani si posano su di esso, spaventati subito dopo dall’arrivo della rete di un pescatore, che si immerge fino alla vita alla ricerca di telline.

Maria osserva tutto ciò, forse per la prima volta. E’ lì con la famiglia da quattro giorni e per tutto quel tempo la sua mente è stata occupata solamente da suo padre, dal carpire il minimo segno di ripresa, dal provare a rubargli qualche parola in più oltre che al nome e quello del nipote.

Si rende conto di non essersi mai fermata a guardare il mare come fa lui.

Decide di farlo ora. È sempre in continuo cambiamento. Ora le onde si sono fatte più insistenti, le impronte di gabbiani sulla sabbia aumentano e i primi ombrelloni fanno capolino, dando colore alla spiaggia. Il sole comincia a scottare.

<<Luca, vieni che ti metto la crema>>. Si fermano. Il bambino si stacca dal nonno, tirandolo leggermente per fargli capire di fermarsi. E lui si ferma. La sensibilità dei bambini, così povera di parole, a volte è la strada migliore. Maria, mentre spalma la Fissan sulle braccia e sul viso del bambino, ripensa con quanta naturalezza Luca si sia abituato al “nuovo nonno Alberto”, come lo chiama lui. Niente sguardi compassionevoli, niente pianti. Si è subito spogliato dei panni di nipote ed è entrato in quelli di un piccolo supereroe, pronto ad aiutare il suo vecchio eroe.

Riposto il tubetto di crema in borsa, Maria guarda ancora quegli occhi, così azzurri e innocenti; gli sorride e lo abbraccia, realizzando di essere fiera di suo figlio.

<<Mamma, mi soffochi così>>. Ridendo, lo lascia. Si gira di nuovo verso il mare. Ora la spiaggia è affollata, il sole scotta e i primi venditori si annunciano al grido di “Cocco bello!!”. Maria non ci pensa due volte, prende il cellulare e chiama suo marito, ancora assonnato, e gli dice di raggiungerli in spiaggia con costumi, ombrellone, materassino…il kit completo per una giornata al mare. Dopo varie perplessità, tra cui quella di portare tutto da solo, Giacomo si arrende e dice che li raggiungerà al più presto. Lei si sente un po’ in colpa però non vuole rischiare di rovinare l’atmosfera di serenità che si è creata, in lei come in suo padre. Ora lo sta guardando con attenzione, come guardava prima il mare, e nota un cambiamento. Non è un cambiamento negativo: niente nervosismo per via del caldo o delle troppe voci, niente farfugliamenti, niente sguardo assente. Sorride. Sorride guardando non solo il mare, ma anche la spiaggia, gli ombrelloni, le grida di ilarità dei bambini e il vociferare allegro delle persone.

Luca, appena capisce che in quel giorno tutta la famiglia andrà al mare, si lancia a perdifiato sulla sabbia, perdendo un sandalo, con la mamma che gli grida dietro, e mentre schizza via a destra e a sinistra felice come non mai, Alberto ha un lampo e afferra la mano di Maria. Si gira verso di lei. Ora è sua madre Angela.

Comincia a spalmargli la crema sulle braccia, gli dice di fare attenzione al mare mosso. Ora lui è di nuovo quel bambino che gioca nella sabbia, con il fastidiosissimo cappellino in testa per non prendere un’insolazione. Mamma Angela è lì, sotto l’ombrellone che parla con papà Alfredo, ridono e scherzano, senza mai tuttavia perderlo di vista. Cominciano ad aprire il tavolo da picnic, tra poco arriveranno i nonni con rispettivi zii e cugini e daranno spettacolo per tutta la spiaggia.

<<Alberto, vienimi ad aiutare! Tra poco arriveranno tutti!>>. Ora tutto lo stabilimento sa che esiste. Si immerge, desiderando con tutto sé stesso di non tornare più in superficie. Ma poi, lentamente riaffiora e, con i capelli incollati al viso minuto, saluta la sua compagna di immersioni, Gloria, promettendo di rivedersi nel pomeriggio dopo pranzo, senza neanche chiedersi se ci sarà ancora, se cambierà posto, o semplicemente se rimarrà o meno appena usciti dall’acqua. Comunque, neanche lei sembra farsi di questi problemi e si salutano speranzosi di rivedersi tra esattamente tre ore, non di meno, così dicono le mamme; chissà quante amicizie stroncate sul nascere proprio dalle fatidiche tre ore!

Il pranzo fila liscio. Pasta fredda, insalata, carne, frutta (rigorosamente cocomero, mangiato sbrodolandosi) e infine ghiacciolo. Il ghiacciolo alla coca-cola che metà finisce sciolto sulla sua manina, rendendola appiccicosa. Seguono i capricci per tornare in acqua prima del previsto, mentre una famiglia si allontana dalla spiaggia, con una bambina urlante che ha appena scoperto la crudele realtà: <<Noo! Avevo promesso ad Alberto che andavo a giocare con lui!>>. Alberto vorrebbe piangere ma non lo fa, sa che è inutile con la mamma, e piomba nella tattica del silenzio a braccia conserte. Puntualmente zio Claudio si stacca dall’allegra combriccola di parenti, lo raggiunge e tira fuori un sacchetto di biglie di vetro, pronto a rimettere in sesto la sua giornata.

Il bagno serale con tutta la sua famiglia è il momento che aspetta; persino la nonna, che durante la giornata si bagna solo i piedi, entra in quel mondo fantastico che è il mare, dove chiunque, almeno per un giorno, può tornare bambino.

<<Papà. Papà!>>. Maria si spaventa. Suo padre la fissa sorridendole da un paio di minuti e teme un attacco. Non le ha lasciato la mano.

<<Papà, mi senti?!>>. Per tutta risposta, Alberto alza la mano libera, le accarezza dolcemente la guancia arrossata dal sole e dice: <<Somigli tanto a Gloria, piccola>>. Maria trasale per un attimo. Non sentiva il nome della madre uscire dalla sua bocca da anni.

<<Papà, come mi chiamo?>>, sussurra speranzosa. Silenzio, Alberto guarda di nuovo il mare. “E’ stato solo un momento”, pensa con amara tristezza Maria. Ma poi rivaluta la situazione; l’ha chiamata piccola. Lei è figlia unica, quindi sì, l’ha finalmente riconosciuta. Per un breve e fugace attimo certo, ma lo ha fatto, sa che lei è lì e che non lo ha abbandonato, e lui non ha abbandonato lei.

<<Mamma, perché piangi?>>, chiede Luca avvicinandosi, con un filo di apprensione nella voce.

<<Mi è andata un po’ di sabbia negli occhi. Sai che mamma non la sopporta>>. Ma in realtà vorrebbe rispondere: “Perché mi ha guardata come guarda il mare”.