Racconto di Raffaella Legname

(Seconda pubblicazione)

 

 

L’ultima lite tra Guido e Luciana era stata più feroce delle altre, che si erano fatte sempre più frequenti. La causa scatenante era stata l’ultima bravata di Diego, il loro unico figlio. Quel figlio scapestrato, che fin da adolescente gli aveva dato problemi questa volta era stato capace, al volante del suo Suv, di sfondare la vetrina di un bar in preda ai fumi dell’alcool, dopo una notte di bagordi insieme agli amici. Ne erano usciti tutti illesi: per fortuna l’incidente era avvenuto quando il locale era ancora chiuso, e Guido aveva evitato una denuncia rivelando al gestore che suo figlio aveva grossi problemi di dipendenze e impegnandosi a risarcire tutti i danni.

Guido Corsani aveva 55 anni ed era il manager di una importante multinazionale che, grazie al suo lavoro, era riuscito a garantire a sua moglie Luciana e a suo figlio un tenore di vita molto elevato. Ma, come spesso accade a chi ha un’attività che tiene lontani da casa, l’armonia familiare era ben presto venuta a mancare. Luciana lamentava il fatto che Guido non ci fosse mai: i soldi che lui le metteva a disposizione – tanti – non bastavano a colmare il vuoto di un marito distante, a volte infedele, e di un padre distratto.

«Tu e il tuo maledetto lavoro! La colpa è solo tua se nostro figlio è uno sbandato!», gli aveva urlato. «A Diego è sempre mancato un papà!».

«Sei tu che lo hai fatto crescere nella bambagia!», era stata la risposta di Guido «Con la scusa della mia mancata presenza gliele hai sempre date tutte vinte, e questo è il risultato!».

La discussione era degenerata, erano volate parole grosse e accuse reciproche. Poi Guido era uscito sbattendo la porta, snervato dalla situazione e stanco dei continui litigi con Luciana. Tutti e due erano consapevoli che la misura era colma, che non si poteva andare avanti così.

Il giorno seguente Guido era salito su un aereo diretto a Ginevra: doveva prendere parte a un congresso importante. Si era rilassato guardando il cielo fuori dal finestrino. Ma si sentiva solo, e preoccupato al pensiero che Diego avrebbe dovuto iniziare al più presto un programma di disintossicazione dall’alcool e dalle droghe. Pensò a quando era ancora uno studente e prendeva la vita con leggerezza nonostante non avesse un soldo in tasca, e gli mancarono gli anni spensierati della gioventù. Magari poter tornare indietro, pensò, anche solo per un momento!

La sala congressi era gremita di manager provenienti da tutta Europa. Gli unici italiani erano lui e un suo collega fiorentino, Lorenzo Conti, donnaiolo e buontempone, e Guido fu felice di rivederlo dopo tanto tempo: in sua compagnia non si sarebbe certo annoiato. Come al solito Lorenzo, che durante questi meeting amava unire l’utile al dilettevole andando a caccia di ragazze, passò in rassegna le hostess presenti in sala:

«Quest’anno proprio non ci possiamo lamentare!», ammiccò dando a Guido una gomitata «Guarda quanta bella gioventù!».

«Smettila di fare il playboy, che abbiamo una certa età!» gli rispose Guido, anche se non poté fare a meno di pensare che il suo collega aveva ragione.

Fu quando le hostess iniziarono a fare il giro per distribuire le cartelline con il materiale congressuale che Guido si imbatté in un paio di meravigliosi occhi neri: appartenevano a una ragazza alta e formosa dai tratti mediterranei, che gli ricordò le maggiorate degli anni 50. Aveva lunghi capelli scuri raccolti in una coda bassa, e quando gli sorrise rivelò una fila perfetta di denti candidi. Guido lesse sul badge che si chiamava Amanda, e pensò che mai nome fosse più azzeccato. Rimasero per un istante l’uno negli occhi dell’altra, poi lei si allontanò continuando con il suo lavoro.

«Hai fatto colpo, eh?», gli disse Lorenzo divertito.

«Ma figurati!», ribatté Guido fingendo indifferenza ma lusingato: così prese a lanciare di tanto in tanto delle occhiatine ad Amanda che lei ricambiò con piacere. Guido pensò che l’ultima volta che aveva scambiato degli sguardi d’intesa con una donna era stato quando aveva conosciuto Luciana, e si rese conto di quanto tempo fosse passato da allora.

Finito il congresso, Guido e Lorenzo decisero di andare a mangiare in un ristorante del centro, e poi a bere qualcosa in un disco pub. Fu proprio là che Guido incontrò nuovamente la bella Amanda. Portava i capelli sciolti sulle spalle, un abitino nero aderente e scarpe rosse col tacco alto: sedeva a uno dei divanetti insieme ad altre delle hostess del congresso. Erano tutte molto affascinanti, ma lei risaltava, oltre che per l’avvenenza, per la sua grande sensualità.

Amanda gli sorrise da lontano, accennandogli un saluto mentre accavallava le gambe, lunghe e ben fatte. Guido pensò che fosse la seduzione fatta persona e, pervaso da un’adrenalina e un entusiasmo che non provava da anni andò verso di lei e: «Ciao, io mi chiamo Guido!», le disse «Ti va di bere qualcosa?».

«Con vero piacere!», rispose la ragazza guardandolo maliziosa «Sono Amanda, ma credo che tu lo abbia già letto oggi sul mio badge!».

Bastarono un drink e poche frasi di circostanza, e la forte chimica che si era scatenata tra di loro li fece finire a letto insieme. Guido e Amanda vissero una notte di passione travolgente in una camera d’albergo poco distante.

Entrambi sapevano che la cosa non avrebbe avuto un seguito: lei era una giovane studentessa prossima alla laurea che si manteneva agli studi facendo l’hostess congressuale, lui un maturo e stimato manager con una moglie e un figlio ad attenderlo a Milano. La mattina dopo si congedarono salutandosi come due vecchi amici e tornarono alle proprie vite, ma Guido portò con sé il ricordo di quella splendida donna che per un attimo lo aveva fatto sentire di nuovo un ragazzino.

Erano trascorsi quattro anni da quell’episodio: Guido se ne stava rendendo conto solo ora che aveva ritrovato tra le sue cose la cartellina del meeting durante il quale aveva conosciuto Amanda, e questo pensiero lo distrasse per un attimo dall’ennesima discussione che aveva avuto con Luciana. La loro unione continuava a fare acqua da tutte le parti ma entrambi ancora non erano riusciti a mettere la parola fine a quel rapporto ormai alla deriva. Diego però sembrava aver superato una volta per tutte i problemi del passato. Il percorso di riabilitazione aveva avuto successo: in poco tempo aveva finito l’università laureandosi in giurisprudenza col massimo dei voti. Ora lavorava come praticante nello studio di un avvocato amico di Guido. Tutti erano rimasti sorpresi per il suo cambiamento, ancor più i suoi genitori quando aveva detto loro di essersi fidanzato una delle psicologhe della comunità di recupero che lo aveva assistito.

Luciana, felice della piega positiva che stava prendendo la vita di suo figlio, un giorno gli propose di invitare a casa quella ragazza per conoscerla, e Diego accettò volentieri.

La donna per l’occasione organizzò uno splendido pranzo domenicale. Era molto emozionata: non vedeva l’ora di incontrare colei che era stata l’artefice della rinascita del suo adorato ragazzo. Sarebbero arrivati intorno all’una, ma lei già da una buona mezz’ora li stava aspettando in giardino. Anche Guido era impaziente, e ingannava l’attesa sistemando le piante ai lati del vialetto d’ingresso. Grande fu la sua sorpresa nel momento in cui vide suo figlio parcheggiare la macchina ed uscire per aprire la portiera alla fidanzata: quando la ragazza scese dall’auto, in lei Guido riconobbe Amanda, la bellissima hostess con la quale quattro anni prima aveva avuto un fugace ma intenso momento di passione. Mentre si avvicinavano a lui mano nella mano, Amanda lo riconobbe, si agitò e si fece rossa in viso.

«Cos’hai tesoro?» le chiese Diego «Non ti senti bene?».

«No, sono solo un po’ emozionata» rispose lei «queste cose mi mettono ansia!».

Anche Guido era agitato, e fece di tutto per celare il suo stato d’animo.

Svanito l’imbarazzo iniziale da parte di entrambi e fatte le presentazioni il pranzo si svolse senza problemi; Luciana rimase entusiasta della nuora e non fece altro che lodarla. Ma anche se Guido e Amanda furono molto abili nel fingere di non conoscersi, Luciana notò in suo marito un velo di disagio che la insospettì non poco.

Guido nei giorni successivi decise di parlare ad Amanda: Diego continuava ad essere comunque un ragazzo fragile, e la notizia della loro avventura di una notte avrebbe potuto destabilizzarlo di nuovo. Meglio che non sapesse.

La rintracciò al lavoro e la chiamò: «Amanda, sono io», le disse «dobbiamo parlare!».

«Ciao Guido!», rispose lei «Sì, hai ragione… se non mi avessi cercato tu l’avrei fatto io!».

Si incontrarono in un bar di Porta Romana, e ragionarono sul da farsi. Decisero di comune accordo che quello che era successo tra di loro sarebbe rimasto un segreto. Ma la fiamma che li aveva travolti e fatti capitolare quattro anni prima evidentemente non si era spenta. Mentre si congedavano la forte attrazione che provavano l’uno per l’altra tornò a farsi sentire: si baciarono a lungo e con passione, sembrava che non ne avessero mai abbastanza.

Ma non si accorsero di non essere da soli.

La voce di Luciana li fece sobbalzare: «Mi fate schifo!», urlò.

Insospettita fin dal giorno del pranzo e dal modo circospetto in cui Guido quel giorno era uscito di casa, lo aveva seguito ed aveva visto e sentito tutto.

«Luciana…» dissero quasi all’unisono.

«Come sei caduto in basso!», inveì Luciana con rabbia contro di lui «Ma adesso ne ho abbastanza! Voglio il divorzio!».

Poi squadrò Amanda da capo a piedi, disgustata:

«Ma come ho fatto a non accorgermi di che pasta eri fatta? Che stupida sono stata! Povero il mio Diego!» le disse, e se ne andò scuotendo la testa, sconvolta e frastornata per ciò che stava accadendo.

La sera stessa Luciana fece le valigie e tornò a casa dai suoi. Aveva fatto una scelta molto dolorosa: era ancora innamorata di suo marito, ma lo squallore di quella situazione le aveva fatto trovare il coraggio di dire basta.

Guido e Luciana non rivelarono a Diego la causa della loro rottura: del resto, i problemi tra di loro c’erano sempre stati e il ragazzo sapeva che prima o poi si sarebbero lasciati.

Luciana riprese in mano la sua vita, dedicandosi ai tanti progetti che aveva accantonato per dedicarsi alla famiglia. In un paio di mesi aprì un piccolo negozio e iniziò a vendere mobili e oggetti per la casa in stile Shabby che provvedeva da sola a rimettere a nuovo, armata di pennelli, vernici e stencil. Il lusso in cui era vissuta fino ad allora era solo un ricordo, ma andava bene così. Quel nuovo equilibrio le giovò molto. C’era sempre la preoccupazione di Diego fidanzato con quella donna, il timore che tutto venisse a galla, ma poi pensò che né Amanda né Guido avrebbero mai avuto il coraggio di rivelare al ragazzo una verità così disgustosa.

Mentre ragionava a questo, intenta a levigare un comodino con la carta vetrata, vide Diego entrare nella sua piccola bottega: aveva un’espressione molto seria.

«Diego! Che piacere vederti!», le disse correndo ad abbracciarlo «Che mi racconti di bello?».

«C’è posto nella tua nuova vita per un figlio ex pazzerello ma che ti vuole un bene dell’anima?» le chiese lui ricambiando l’abbraccio.

«E me lo chiedi?».

«Ho lasciato Amanda…», continuò lui «So tutto, mamma. E sto con te!».

«Vieni qua, ragazzo mio!» gli disse stringendolo ancora più forte «Ti prometto che insieme saremo felici!».

Quel figlio un tempo instabile, scapestrato e desideroso di quella famiglia unita che né Guido né lei erano riusciti a dargli, aveva capito senza che loro gli avessero detto niente, e si stava lasciando quella brutta situazione alle spalle dando prova di grande maturità. Del resto, durante il percorso di recupero Amanda con lui aveva fatto un ottimo lavoro.

«Sono solo due superficiali!» disse Luciana «Li rimpiazzeremo presto!».

Diego le sorrise, si mise accanto a lei, prese un pezzo di carta vetrata e incominciò ad aiutarla con il mobiletto.

Per loro una nuova, splendida vita stava avendo inizio.

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