Racconto di Federica Francesca Ricchiuto

(Prima pubblicazione)

 

Io glielo dico sempre alla maestra che mi prendono in giro, mi dicono tu puzzi non puoi giocare con noi, non sei amico nostro. Io glielo dico quando mi chiede perché piangi, perché non giochi con gli altri?

Poi a mensa non mi vogliono al tavolo, puzzi, vai via. Ma sarà vero che puzzo? Forse io non me ne accorgo? Una volta anche la bidella l’ha detto, lei pensava che io non capivo, che non sentivo. Una faccia, come se avesse pestato una cacca di cane.

Sguardi. Certi sguardi sono davvero puzzolenti, mi fanno sentire diverso, forse sono davvero diverso. Quando siamo per strada con la mamma, mille sguardi appiccicosi. È colpa del hijab. Le altre mamme non lo portano. La mamma dice che noi siamo musulmani, gli altri bambini invece sono cristiani. Lei dice che i cristiani non portano il hijab. Però io dico e quella signora piccolina con un vestito lungo color caffellatte? Anche lei ha uno strano hijab, un po’ lungo dietro; eppure lei è cristiana, infatti ha una croce di legno appesa al collo e poi va sempre in quel posto che si chiama chiesa. La mamma dice che in Marocco ci sono le moschee, dove vanno a pregare i musulmani. Qui moschee non ce ne sono. Non so neanche com’è fatta una moschea. Io in Marocco ci sono nato, ma non mi ricordo niente.

Mi ricordo del mare.

Nero. Grosso come un mostro. C’era una puzza, un odore forte, che una volta l’ho sentito mentre scendevo dal pulmino della scuola e c’era un fumo nero che usciva dal tubo. Credevo all’improvviso di essere di nuovo in mezzo al mare. Come quella notte. Era buio. Eravamo tutti stretti. Bagnati. Freddo. La mamma ci teneva stretti. Piangeva e pregava. La barca andava su e giù sulle onde. Troppo forte. Lo stomaco mi veniva su. Freddo. Battevo i denti. La mamma batteva i denti. Di notte batte i denti certe volte. E prega. E piange. Poi si sveglia. Io avevo tanto freddo. Anch’io di notte batto i denti. Avevo tanto freddo e lo stomaco ballava.

Lei era accanto a me. Mi ha dato la sua giacca. Se l’è tolta e me l’ha data. La barca ballava fortissimo.

Il mostro era sempre più grosso. E nero. Questo mi ricordo. E mi ricordo che il mostro a un certo punto ci ha presi tutti e la mamma urlava, ci chiamava, ci prendeva, ci tirava. E mi ricordo che ci siamo aggrappati alla barca, che il mostro si era preso pure quella. E mi ricordo tutto questo buio che non si vedeva la fine, e noi eravamo nel buio, nell’acqua buia e fredda e anche la giacca era fredda ormai. E lei era ancora vicino a me, ma si era addormentata e le vedevo solo un pezzo di schiena. Senza la giacca, perché la giacca me l’aveva data a me. E mi ricordo che ho pensato adesso dormo anch’io, così non lo vedo questo mostro e quando mi sveglio è andato via e io sono asciutto e al caldo, seduto sullo scoglio, anzi su una sedia vicino al fuoco. Ma io non mi sono addormentato. E quando sono arrivati i pescatori lei non si è svegliata. I pescatori mi hanno preso per la giacca e mi hanno tirato su. Per la giacca. Hanno tirato su anche la mamma e mia sorella. La mamma piangeva e gridava Alhamdulillah. E mia madre si aggrappava ai pantaloni di un pescatore e piangeva e diceva se arrivano i libici buttami a mare, non farmi tornare indietro, buttami a mare me e i miei figli. E io sentivo ancora quell’odore forte, quello del pulmino. Forse quell’odore mi è rimasto addosso, forse mi è entrato nei capelli, nella pelle e non se ne va più via e forse è per questo che mi dicono che puzzo.

 Poi, però, c’è lei. Lei gioca con me, si avvicina, anzi quando vede che piango si arrabbia, gli grida in faccia a quelli là, gli dice e se lo facessero a voi? Credete di essere forti solo perché fate i prepotenti? Invece siete solo dei bulli! È proprio forte. Una volta ci provo anch’io a dire quelle cose, a difendermi. Posso essere forte anch’io. Ho combattuto con un mostro nero io e ho vinto. Io sono più forte. Forse era la giacca che aveva dei superpoteri, infatti ce l’ho ancora quella giacca. Certe notti, quando batto i denti, mi sveglio e mi infilo la giacca. Poi torno a letto. E i denti non battono più.