Racconto di Jacopo Masini

 

 

L’omino di fuoco si era innamorato della ragazza di carta velina. Passava ogni sera in bicicletta sotto le sue finestre e ogni volta giurava a sé stesso, uscendo dal proprio appartamento in fiamme, che si sarebbe fermato, sarebbe sceso dalla bici e le avrebbe suonato. Poi, giunto a pochi metri dalla casa dell’amata, cominciava a rimescolare dubbi dentro i pensieri roventi, pensava “E se anche dovesse chiedermi di salire e mi amasse a sua volta, cosa potrei fare? Se salissi, o mi corresse incontro per le scale, il nostro abbraccio svanirebbe in un istante, il tempo di vederla ardere a contatto col mio petto”.

Così continuava a pedalare, appiccando per sbaglio il fuoco a un cestino della spazzatura o a una seggiola di vimini abbandonata in mezzo alla strada.

Dormire, in quelle condizioni, era diventato impossibile. Riusciva a riposare solo sulle sponde del fiume, rischiando di cadere in acqua e svanire come sarebbe accaduto alla ragazza di carta velina dentro il suo abbraccio. Sognava ghiacciai, grotte umide che gli avrebbero permesso di amarla, imbrigliando il fuoco che non gli dava requie, ma che era lui stesso.

La mattina, appena sveglio, montava sulla bici e ripassava sotto casa dell’amata. Un giorno, era un mattino di luglio, la vide affacciarsi alla finestra. Il vento la faceva ondeggiare, sembrava dovesse cadere da un momento all’altro. “Non si farà male, comunque” pensava l’omino di fuco, “non ha ossa ed è capace di volare” e affrettò la pedalata.

E capì. Quello che lo accomunava alla ragazza di carta velina era la possibilità di volare. Nel suo caso ardendo sempre più in alto, in lingue di fuoco altissime, in un incendio dalla vastità enorme, nell’altro, quello di lei, abbandonandosi alle traiettorie del vento. Allora, risoluto, si fermò per comunicarlo alla ragazza. Appoggiò la bicicletta a un muro e bruciando nella stessa luce dell’estate le disse “Scendi, possiamo volare”, ma in quell’istante lei versò dalla finestra una grossa catinella d’acqua sporca, che cadde sull’omino e lo spense.

Se ne accorse e si precipitò leggera per le scale. Si gettò sui resti fumanti dell’omino. A contatto col suolo si impregnò dell’acqua sporca che aveva gettato dal balcone e non poté rialzarsi.

Unita per sempre al suolo, diversamente dal sogno d’aria che aveva nutrito lui.