Racconto di: Mara Alei

 

 

Ettore Chiarini aveva trascorso quasi tutta la sua vita a scrivere storie singolari e straordinarie. Era stato uno degli scrittori più rappresentativi del suo secolo, aveva ricevuto molti consensi, sia dalla critica, sia dal pubblico.

Nessuno mai avrebbe potuto immaginare che una carriera tanto luminosa si sarebbe spenta così tristemente.

All’inizio nessuno fu in grado di comprendere la vera natura del dramma di Ettore Chiarini. Lo scrittore, infatti, in un primo momento aveva manifestato il suo disagio esistenziale isolandosi. Aveva cominciato a diradare le sue apparizioni in pubblico, soprattutto nei salotti televisivi, da lui di solito tanto frequentati. Nelle rare volte in cui aveva preso parte a programmi televisivi, aveva assunto una strana condotta: rimaneva misteriosamente silenzioso, parlava solo se direttamente chiamato in causa dal presentatore e rispondeva per lo più con monosillabi.

Tutti avevano ormai capito che in Chiarini c’era qualcosa che non andava. A conferma di questa ipotesi, una volta accadde un fatto davvero strano: durante una sua apparizione televisiva, che sarebbe stata poi l’ultima per lui, ad una precisa domanda del conduttore, Chiarini non rispose, ma sbarrò gli occhi in un atteggiamento di terrore. Con lo sguardo perso nel vuoto, si alzò con un moto repentino e fuggì via, gridando e picchiandosi dei pugni in testa.

Ormai erano parecchi anni che questo grande scrittore viveva in completa solitudine, abbandonato da parenti ed amici. Solo la sua fedele governante gli era rimasta accanto ed è proprio da lei che ho appreso quanto sto per raccontarvi.

Il suo lavoro di governante accanto a Chiarini era finito da qualche mese, in seguito al ricovero dello scrittore in una clinica psichiatrica, quando conobbi Eva, così si chiamava lei, ad una esposizione di lavori ad uncinetto, nella quale sia io che lei presentavamo alcune nostre creazioni.

Conversando con lei, venni a sapere del suo lavoro presso Chiarini e così ne approfittai per conoscere qualche notizia interessante sul malessere psichico dell’uomo. Ebbene, Eva mi raccontò con grande sincerità e con dovizia di particolari tutto lo strano comportamento del suo padrone negli ultimi tempi.

Il signor Chiarini aveva delle visioni, immaginava di conversare con dei personaggi, gli stessi che aveva reso protagonisti dei suoi romanzi. Egli riteneva, infatti, che fossero persone realmente esistenti e che lo tormentassero durante il regolare svolgimento della sua vita.

“Mi tormentano!”, diceva, “Mi fanno i dispetti! Alcuni di loro sono arrivati al punto di minacciarmi di morte!”

La signora Eva era diventata ormai l’unica confidente del povero scrittore, era una donna semplice ed esperta dei malesseri dell’animo umano, si dimostrava sempre disponibile e pronta ad ascoltare chiunque, tanto più il signor Chiarini, di cui lei conosceva l’indole buona e gentile.

“Signor Ettore”, gli diceva dolcemente, “Non se la prenda! Stia calmo, che tutto si risolverà presto!…”

“Ma cosa si risolverà mai?”, sbottava lui, esasperato,”Questi disgraziati mi perseguitano, si vogliono vendicare perché ho dato loro la vita, perché li ho creati, perché li ho resi protagonisti di una vicenda, piuttosto che di un’altra a loro maggiormente gradita… Ma io che ci posso fare ormai? Essi vorrebbero che cambiassi la trama dei miei romanzi, per adattare le vicende alle loro egoistiche esigenze, ma questo è impensabile!”

La signora Eva mi raccontò con molta precisione e puntualità tutto quanto accadde fino al giorno in cui il signor Chiarini fu condotto via. La fedele governante rimase in casa dello scrittore ancora per una settimana dal giorno del ricovero e, cosa che mi fece stupire non poco, mi raccontò che proprio in quei giorni le capitò di fare incontri misteriosi, dei quali ancora non riusciva a darsi una spiegazione logica.

Durante quella settimana, infatti, le accadde di imbattersi in specie di sagome che camminavano per la casa, ma che sembravano non avere una reale consistenza corporea. L’effetto che esse producevano su di lei non era di paura o di preoccupazione, quanto piuttosto di curiosità.

La signora Eva aveva letto con passione tutte le opere del signor Chiarini e aveva apprezzato molto lo spessore spirituale e morale dei suoi personaggi, la forza d’animo dimostrata nelle situazioni tragiche di cui erano stati resi protagonisti. Aveva pensato, dunque, che il povero signor Chiarini avesse ragione, che non fosse affatto pazzo e che quelle apparizioni altro non erano che la manifestazione fisica dei suoi personaggi.

Ad ogni modo, la signora Eva, trascorsa quella settimana, se ne andò per sempre da quella casa, senza il desiderio di approfondire ulteriormente l’indagine sull’origine di quelle figure. Dopo qualche giorno la casa bruciò in un incendio, che i periti attribuirono a cause accidentali, probabilmente un corto circuito.

Questa è la storia che la signora Eva mi ha raccontato circa due mesi fa. Da allora non l’ho più rivista: in quell’occasione non pensai neppure di chiederle l’indirizzo, o comunque un recapito dove poterla rintracciare. A dire il vero, terminata la nostra conversazione, si dileguò senza che me ne accorgessi.

Certo, la sua è stata una condotta poco chiara e soltanto ora riesco a farmi una ragione di questo suo strano comportamento, soltanto adesso che ho finito di leggere l’ultimo romanzo di Ettore Chiarini, del quale è protagonista una governante di nome Eva, una signora molto brava nei lavori ad uncinetto e anche un po’ piromane.

 

 

 

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