Racconto di Stefano Benni
Questo tipo di bar, anche se in via di estinzione, è uno degli ultimi esempi di bar del passato. Ne resta un centinaio di esemplari, non protetti, in quanto sono in grado di proteggersi benissimo da soli. Si trovano in paesi impervi, e in alcune periferie metropolitane. Il Bar Peso è contrassegnato da un clima di ruvida familiarità e cordiale rissosità, nonchè dall’igiene disinvolta e dalla presenza di gestori e clienti fortemente orientati agli alcolici.
Come si riconosce un Bar Peso? L’intenditore lo individua subito, dagli occhi, dalle facce, dall’atmosfera particolare. Ma se siete dei profani, ecco 13 indizi che vi possono aiutare.
- Segatura per terra.
- La presenza di un cane nero di nome Black, Bill o Pallino, che appena entrati vi annusa il sedere.
- Televisione pensile (se c’è), sospesa a tre metri di altezza. È un vecchio modello 18 pollici, ottantotto chili miracolosamente in equilibrio su una mensolina di vetro. Sotto la televisione dorme un vecchietto con la bocca aperta, sorvolato da una pattuglia acrobatica di mosche. Appoggiato al muro c’è un lungo bastone di legno: è il telecomando. Il vero telecomando è sempre rotto perchè i clienti, abituati a ben altri attrezzi, tutte le volte che lo usano lo sbriciolano come un wafer.
- Nell’aria volano le mosche del Bar Peso (dipterus rudis) alquanto diverse dalle mosche normali. Anzitutto le loro traiettorie, per i vapori alcolici, sono più sghembe e imprevedibili della media, con grandi cabrate dentro le bocche dei clienti assopiti. Se le colpite con un normale schiacciamosche, ve lo strappano di mano e restituiscono il colpo. Oppure stramazzano al suolo simulando l’agonia, e dopo un’ora ripartono più vispe di prima. Ultima particolarità, il rumore: sanno ronzare in cinque tonalità diverse, dal trapano dentistico al decollo del jumbo e nei giorni d’estate compongono una colonna sonora indimenticabile. Perchè il loro volo ha tanta varietà di suoni? L’ha scoperto recentemente un’entomologa di Imola: le mosche da bar hanno il cambio e le marce.
- Presenza di una grossa carpa imbalsamata, d’aspetto sacerdotale, appesa al muro.
- Presenza di un distributore misterioso, somigliante ai robot dei film di fantascienza anni cinquanta, il cui contenuto è ormai indecifrabile, perchè da anni, per la ruggine, nessuno riesce ad introdurre una monetina. Alcuni di questi distributori sono così vecchi che accettano solo sesterzi romani. Aprendoli a martellate, a volte ne escono noccioline fossili, palline con l’effige di Girardengo e gomme americane del tipo “Dracula” che svaniscono al contatto dell’aria.
- Foto del barista a fianco di un famoso campione, che però lui non ricorda più chi è, forse Carnera, forse Bobet, forse sua moglie da giovane.
- Foto di squadre di calcio nazionali, locali o degli avventori del bar stesso. Quest’ultima squadra è riconoscibile dal dodicesimo giocatore basso e rotondetto che, a un esame più accurato, risulterà una damigiana.
- Bicchieri di almeno tre centimetri di spessore, con effetto telescopico: accostando l’occhio al vetro si possono vedere distintamente gli anelli di Saturno, specialmente dopo la decima grappa.
- Bacheca delle paste con vetro fumè per nascondere le rughe.
- Coniglio di peluche azzurro delle dimensioni di un orango, usato come premio-esca per la riffa, e mai aggiudicato in trent’anni.
- Cartoline da tutto il mondo
- Presenza dietro al bancone del Barista Peso.
Il Barista Peso
L’anima e l’emblema del Bar Peso è naturalmente il Barman Peso, un omaccio con barba lunga e sigaretta in bocca. La brace della sigaretta cade (quando va bene) nel lavello, quando va male scende invece a condire il caffè, conferendo quel particolare sapore che talvolta la clientela richiede (un caffè alla brace, per favore).
Il Barman Peso raramente si lava le mani e quasi mai indossa il berrettino bianco di ordinanza. È quindi possibile che i suoi capelli, e anche qualche pelo di barba o di ascella, cadano copiosi sulle ordinazioni.
In un bar pedemontano era famoso il sandwich “Porcospino”. Trattavasi di un panino peloso, decorato almeno da una ventina di capelli del barista Remo, che usava pettinarseli con lo strutto, conferendo all’insieme un sapore molto particolare. Per palati ancora più forti c’è il “Blizzard” (panino allo sternuto) e il “Surprise” (se il prosciutto cade per terra).
Non si può naturalmente discutere dell’igiene o del servizio con un Barista Peso, perchè si rischia grosso. Il Barista Peso parla pochissimo, grugnisce, smadonna, sbatte i bicchieri sul bancone e si incazza immancabilmente ogni volta che deve incassare i soldi o dare il resto.
Esempio:
– Beh, prende un caffè da milleduecento lire e paga con un diecimila, per chi mi ha preso, per una banca? –
Oppure:
– Beh, novemiladuecento lire di paste e mi dà le diecimila, cosa crede, che li fabbrico io gli spiccioli? –
Oppure:
– Oh bimbo, prendi quattrocento lire di liquerizia e mi dai otto monete da cinquanta, devo comprarmi una cassaforte apposta per te? –
Oppure (ancora più fine):
– Cosa ha fatto con queste mille lire, ci si è spazzato il culo?
Scrivi un commento