Racconto di Roberto Siconolfi
(Prima pubblicazione)
“RaccontiConParola-2”
Alessandra aprì un occhio, solleticata dalla luce sulle palpebre. Guardò fuori ma non riuscì a reggere l’intensità del sole e si fece ombra con la mano. Sentiva il bisogno di assaporare un buon caffè prima di fare qualsiasi altra attività mattutina. Non prima di aver ammirato il corpo ancora addormentato, in completa nudità, che le stava accanto nel letto. Accarezzandolo con lo sguardo si soffermò sulle labbra, malcelate da una leggera peluria arruffata, che le ricordarono i fiori psichedelici di Gerald Scarfe.
Purtroppo, il rumore della macchina Nespresso, dalla zona cucina, destò dal sonno la sua compagna, che si stiracchiò nel letto con movenze e sonorità tutt’altro che sensuali.
«’Giorno Alex», disse sbadigliando, «che visione per i miei occhi ancora assonnati. Una donna ignuda, con un sedere che sembra gridare mordicchiami, intenta a preparare il caffè. Girati che ti voglio ammirare di fronte».
«Ben svegliata Bea» rispose girandosi e mettendosi in posa «vai in bagno che la colazione è quasi pronta» poi, toccandosi dietro «Purtroppo, i segni dei tuoi denti sono già noti alle mie chiappe».
«Non fingere che non ti piaccia, li sento i gridolini di piacere quando i miei dentini affondano con delicatezza. Mai provati i tuoi invece. Ma tu mi desideri?» chiese a bruciapelo non appena finito in bagno.
«Caspita! Bella domanda. Se ti dicessi che vorrei svegliarmi accanto a te ogni mattina, che vorrei il profumo della tua pelle addosso ogni giorno, che vorrei la tua bocca a disposizione ventiquattr’ore su ventiquattro, basterebbe?».
Bea le passò vicino, strusciando il seno sulla schiena di lei e sussurrandole all’orecchio «ti lascio un po’ del mio profumo addosso, visto che lo adori». Seguì una palpatina di Alex sul giunonico culo di Bea prima che lo adagiasse sullo sgabello per sorseggiare il caffè e concludere con «anche se stamattina puzzo come dopo un allenamento in palestra».
«Sappi che l’omo ha da puzzà e tu sei l’uomo nella nostra coppia». Scoppiò in una risata fragorosa che riempì l’ambiente di allegria.
«Non esiste! Tu ti chiami Alex, inoltre delle due sei più palestrata. Ammetto però che adoro la rigogliosità dei tuoi seni e resterei a fissarli per ore quando ti muovi e li vedo ondeggiare… proprio come farebbe un uomo».
«Vedi? Tu puzzi e hai gli occhi fissi sulle mie tette quando parliamo. Se frugassi per bene in mezzo a quelle tue cosce, scommetto che un moncherino di pene preistorico lo troverei». Questa volta furono le risate di entrambe a riempire l’aria di buonumore, ma fu di breve durata. In quel momento l’intro di Firth of Fifth dei Genesis risuonò prepotente a interrompere le risa. Era la suoneria del cellulare di Bea. Entrambe girarono il loro sguardo verso lo schermo dove campeggiava la scritta Teo con a fianco un cuoricino rosso.
«È mio marito! Non fiatare ti prego. Ufficialmente sono in viaggio di lavoro da sola». Alex si fece scura in volto, lasciando intendere i suoi pensieri senza dover proferire parola.
«Ciao Teo, come stai?»
…
«Sì, anche io grazie».
…
«Cosa vuoi che faccia, sto facendo colazione. Poi mi preparo perché stamattina presto ho una riunione con il cliente».
…
«Ma certo che sono sola, che ti salta in mente? Ho preso una singola in hotel».
…
«Che significa “plin plon”?» e in quel preciso istante il campanello dell’appartamento suonò.
Entrambe realizzarono chi poteva essere alla porta, corsero a vestirsi, mentre continuava a suonare con insistenza. Erano state scoperte, e questo faceva precipitare la situazione senza dar tempo di inventarsi qualcosa. Bea aprì la porta. Non c’era sorpresa sul volto di Teo, solo un’espressione di severa impassibilità.
«Teo! Come ci hai trovato?» le uscì con una finta voce innocente, ma Teo prese subito a parlare come non avesse nemmeno ascoltato.
«Beatrice, parleremo più tardi di noi, adesso ti devo parlare di lei “esclamò con fermezza indicando Alex con un cenno del capo. Presa alla sprovvista, rispose con un sorriso di circostanza, ma rimase in silenzio.
«Lei non è chi pensi che sia. Innanzitutto, non si chiama Alessandra, ma Elisa, Elisa Maieli. E sai come si guadagna da vivere?» questa volta lasciò il tempo a Bea di rispondere.
«Ma che dici, stai scherzando? “rispose incredula. Poi, voltandosi «Alex, è vero?».
Con il volto contrito e visibilmente imbarazzata, Alex riuscì a mormorare un riluttante «Sì».
«Digli anche come ti guadagni da vivere, o glielo dirò io!» la incalzò Teo.
Silenzio.
«Diglielo!» urlò.
«Realizzo video porno su richiesta di facoltosi clienti» ammise, e il tono della sua voce non nascondeva il disagio dovuto al peso della verità.
«Hai capito Beatrice? Per lei sei solo la protagonista di filmetti che le avrebbero fruttato dei bei soldi, altro che storia d’amore» sbottò fuori di sé «cerca bene e troverai telecamere nascoste dappertutto» rimosse un vasetto sullo scaffale scoprendo una piccola microcamera per rafforzare quanto detto. La afferrò e la strappò con forza.
Bea aveva sul viso i segni di una doppia disfatta amorosa. Quella del finto rapporto amoroso che l’aveva trasformata in una ignara sex worker. Quella con l’uomo che condivideva con lei, da più di vent’anni, alti e bassi, e che forse nutriva ancora dei sentimenti. Gelide lacrime rigavano il suo volto, non riuscì a trattenerle dopo l’improvviso crollo emozionale, e non aveva nemmeno la forza per parlare.
Teo le mise addosso la sua giacca e, cingendole le spalle, la accompagnò alla porta d’ingesso. La aprì, facendola passare, ma comparvero dietro di lei due individui in divisa. Teo indicò Elisa con la mano.
«Lei è la persona di cui vi ho parlato. L’investigatore privato che ho ingaggiato vi ha fornito le prove del giro illecito di video pornografici all’insaputa delle vittime. Spero che la giustizia faccia il suo corso».
Tornando verso Beatrice, la trovò chiusa in sé stessa. Le cinse di nuovo le spalle e lei si girò verso di lui, guardandolo negli occhi e sfiorandogli le labbra con le sue in un ultimo bacio di gratitudine.
Scrivi un commento