Di Alda Merini

21 marzo 1931 – 1 novembre 2009

(A cura di Toto – redazione)

 

Poetessa che porta in superficie i nomi e le storie di tutte le donne del mondo: la sua vita, le sue poesie, il suo sentire è il sentire di tutte le donne. Impersona la forza che viene fuori dal dolore più lancinante, il dolore che vive solo nelle persone che scendono negli abissi della vita e sentono più intensamente, totalmente.

Alda Merini attraversa il Novecento con una duplice, imperdonabile colpa: essere malata di mente, a quel tempo non si parlava ancora del disturbo bipolare, ed essere donna in un mondo di uomini per gli uomini.

 

…fui quindi internata a mia insaputa e quando mi ci trovai nel mezzo credo che impazzii sul momento stesso in quanto mi resi conto di essere entrata in un labirinto dal quale avrei fatto molta fatica ad uscire “E ancora: “dai miei visceri partì un urlo lancinante, una invocazione spasmodica diretta ai miei figli e mi misi a urlare e a calciare con tutta la forza che avevo dentro, con il risultato che fui legata e martellata di iniezioni calmanti.

così per cinque lunghi anni mi adattai a quel ménage veramente pazzesco dopo un po’ di tempo cominciai ad accettare quel ambiente come buono, non mi rendevo conto che andavo incontro a quello strano fenomeno che gli psichiatri chiamano ospedalizzazione per cui rifiuti il mondo esterno e cresci unicamente in un mondo estraneo a te e a tutto il resto del mondo“.

“La stanzetta degli elettroshock era una stanzetta quanto mai angusta e terribile; e più terribile ancora era l’anticamera, dove ci preparavano per il triste evento. Ci facevano una premorfina, e poi ci davano del curaro, perché gli arti non prendessero ad agitarsi in modo sproporzionato durante la scarica elettrica. L’attesa era angosciosa. Una volta arrivai a prendere la caposala per la gola, a nome di tutte le mie compagne. Il risultato fu che fui sottoposta all’elettroshock per prima, e senza anestesia preliminare, di modo che sentii ogni cosa. E ancora ne conservo l’atroce ricordo”.

“Alcuni venivano internata per far posto alla bramosia e alla sete di potere di altre persone”.

“è senz’altro un’istituzione falsa, una di quelle istituzioni che, altro non servono che a scaricare gli istinti sadici dell’uomo”.

 

http://www.la-poesia.it/racconti/alda-merini-dal-diario-scritto-in-manicomio-5380-1.html