Racconto di Renata Pieroni

(20 febbraio 2021)

 

 

 

Si erano appena conosciuti, ma il Covid li aveva separati. Così, a distanza, c’erano state solo parole, per rivelarsi pian piano le loro vite, per scoprire con sorpresa e piacere quanto fossero in sintonia le loro anime.

Poi il Covid lasciò una tregua, quando la primavera era nel suo pieno trionfo.

Si potevano incontrare, finalmente! Lui propose un grande parco della città, sulla collina, in un mattino di sole.

– Vestiti comoda, sarà una bella passeggiata.-

L’appuntamento è all’entrata, davanti all’antico cancello di ferro, lei indossa una leggera camicia indiana, larghi pantaloni etnici, un delicato profumo di fresia. Lo avvolge, lieve, quando si avvicinano per un bacio leggero di saluto: gli sembra che la mano di lei scivoli sul suo braccio in una timida carezza e un calore nuovo gli arriva al cuore. Tutto l’insieme lo sente un po’ esotico, eppure straordinariamente familiare.

Vanno per stradelle ombrose o soleggiate, salgono tra gli alberi fino al prato più in alto, dove i ranuncoli ondeggiano alla brezza.

Le panchine sono occupate, per sedersi resta solo l’erba fresca del prato, così si sentono più vicini al regno fiorito della primavera. Hanno chiacchierato quietamente del più e del meno, le parole a cui da mesi sono abituati adesso diventano più vive, prendono più forza, l’uno accanto all’altra.

Poi un sorriso e il silenzio: ascoltano il vento, il mormorio delle foglie, forse il fluire indistinto di tante immagini nella mente…

Lei ora fissa la città in lontananza, lui percorre con lo sguardo il suo profilo assorto verso l’orizzonte: ne studia ogni tratto, la pelle leggermente colorita dal sole della passeggiata, gli occhi scuri e profondi, la piccola curva del naso, le labbra sottili e serrate, le braccia attorno alle ginocchia piegate: chissà a cosa sta pensando, darebbe un tesoro per saperlo.

Fa caldo, lei all’improvviso alza le braccia, solleva i capelli ondulati che il vento ha già leggermente scompigliato, velocemente li raccoglie sulla nuca e li lega con un piccolo elastico di stoffa colorata che stava avvolto attorno a un dito, come un anello.

Poi torna a guardare l’orizzonte, ora tiene le gambe distese davanti, le mani appoggiate sull’erba.

La camicia sottile è scivolata e ha scoperto leggermente una spalla, una linea morbida e rotonda, con un piccolo neo scuro. Il vento si diverte, dai capelli raccolti libera una ciocca che scivola lentamente, si appoggia alla spalla nuda e oscilla a ogni soffio, come ad accarezzare lì, tra collo e clavicola.

Lui fissa intensamente quel ricciolo scuro sulla pelle, è una suggestione, un invito. Con un filo d’erba lo sfiora, come volesse spostarlo, è un abbozzo di carezza, che lei forse sta aspettando.

Lei si volta, gli sorride, gli prende la mano.

Le dita si intrecciano, le loro due mani sembrano fatte l’una per l’altra, ognuna è avvolta e avvolge nel modo giusto e profondo, si svelano emozioni nuove da quel nuovo linguaggio.