Poesia di Cesare Pavese

 

 

Ogni notte, tornando dalla vita,

dinanzi a questo tavolo

prendo una sigaretta

e fumo solitario la mia anima.

 

La sento spasimare tra le dita

e consumarsi ardendo.

Mi sale innanzi agli occhi con fatica

in un fumo spettrale

e mi ravvolge tutto,

a poco a poco, d’una febbre stanca.

I rumori e i colori della vita

non la toccano piú:

sola in se stessa è tutta macerata

di triste sazietà

per colori e rumori.

 

Nella stanza è una luce violenta

ma piena di penombre.

Fuori, il silenzio eterno della notte.

 

Eppure nella fredda solitudine

la mia anima stanca

ha tanta forza ancora

che si raccoglie in sé

e brucia d’un’acredine convulsa.

Mi si contrae fra mano,

poi, distrutta, si fonde e si dissolve

in una nebbia pallida

che non è piú se stessa

ma si contorce tanto.

 

Cosí ogni notte, e non mi vale scampo,

in un silenzio altissimo,

io brucio solitario la mia anima.