di Andrea Mitri

(Prosa)

 

 

Mio padre lavora agli spurghi.

E quando la sera tardi

lo trovi al tavolo

che mangia da solo

il saluto di tutti noi

sempre uguale

è “Ciao Merdaiolo”.

Ché in tutta la casa il suo odore si diffonde

si frammista

a quello dei piatti che mia madre cucina

esperimenti da Ora del Cuoco

tentativi di mantenere tra loro acceso un fuoco

in realtà già spento

ma molti anni prima.

Mia sorella prende l’odore del tipo con cui sta

ci si confonde proprio

come il mare piatto dentro l’orizzonte.

E mio fratello

ha l’odore dei fumogeni dello stadio

quelli che ti ardono la gola

e urla sempre contro questo e contro quello.

fino a quando esce di casa

afferrando un panino al volo

e salutando mio padre

“Ciao Merdaiolo” “Ciao Merdaiolo” Ciao Merdaiolo” …

 

È tutto dintorno le persone

pensano di avere odori diversi

apparentemente

ma se le annusi bene

è solo odore di gente

di persistenza tutta uguale

con qualche nota di testa qua e là

che qualcuno pomposamente chiama

la mia diversità.

Ma nell’atmosfera

vagano solo odori affaticati

Quasi che vivere non fosse altro

che un lento strascinare i piedi al suolo

aspettando di incontrare

per strada mio padre

e sfogarsi urlandogli

“Ciao Merdaiolo”.

 

Alle volte entro nella profumeria del paese

che neanche ci hanno fatto lo sforzo

di dargli un nome accattivante

l’hanno chiamata Profumeria Al Profumo.

E lì mi lascio trasportare

nel regno del fittizio

quasi a volere a tutti i costi

un’appartenenza

che passi per l’essenza.

Ma io

non ho odore.

O meglio non mi si percepisce

ché le essenze che mi compongono

sono diverse

dal comune sentire

hanno a che fare

con il sudore nel creare castelli di sabbia

con l’acredine della pioggia che arriva a battermi il viso

con il sentore di rododendro della mia rabbia.

La verità è che forse neanche io mi conosco

ma so che quando sulla collina

guardo le nuvole

frammentarsi bianche nel cielo

nella pienezza inodore del loro stare

mi sento di essere bello come loro

multiforme

e leggero in volo.

E dall’alto mio padre lo saluto

“Ciao… Claudio”

ché in tutto quel bianco morbido

io finalmente

non mi sento più solo.

-°-

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