Racconto di Elisabetta Imperato

(Prima pubblicazione)

 

Mi chiamo Alice e ho sette anni. Soffro di claustrofobia e appena posso scappo dal romanzo e vado a giocare nel parco. Non riesco a rimanere ferma nelle pagine che mi imprigionano dal 1865. Mi piace intrufolarmi nei libri dove ci sono illustrazioni di boschi e ruscelli e così, scendendo di corsa di pagina in pagina, sono riuscita ad entrare nella fiaba più popolare del mondo: la prima edizione di Cappuccetto Rosso. Ho attraversato il bosco e ho incontrato il lupo che mi è sembrato gentile e addirittura affettuoso tant’è che mi ha indicato la strada per raggiungere la casa della nonna. In cambio mi ha chiesto due biscotti e un pezzo di focaccia che portavo nel cestino delle merende. Arrivata a destinazione (la casetta della nonna purtroppo non ha un buon sapore e non ha il tetto di cioccolata di Hansel e Gretel) ho bussato alla porta e mi ha aperto la nonna, felice di vedermi. Le ho lasciato il panierino con la marmellata di albicocca e le fragoline rosse e succose che ho raccolto per lei strada facendo. Un abbraccio e sono scappata via. Ora mi trovo in una strada larga all’uscita del bosco. Posso attraversarla correndo e saltando con la corda che porto sempre con me. E’ quasi estate. Ho lasciato cadere il mantello rosso col cappuccio e mi sento finalmente libera e leggera.

Dimenticavo: il collettino bianco me lo ha regalato Pinocchio in una mia precedente incursione nel libro di Collodi e le scarpette nere sono un regalo di Cenerentola. Mi fanno un po’ male ma sono belle e lucide come due liquerizie. Come avrete capito la mia passione è curiosare tra le pagine dei libri, entrare in personaggi diversi, con una sete che non si esaurisce mai. Da grande voglio fare l’attrice. O la scrittrice. Sono certamente la prima donna di questa libreria.

-Non credo sai, Alice dei miei stivali! Io sono l’enciclopedia della fiaba, in 4 volumi, nell’edizione prestigiosa del 1958, a cura di Fernando Palazzi, la più amata, e prima in assoluto tra tutti i libri che vedo. Per questo godo dei benefici riservati ai numeri primi. Ho la copertina in cartonato, di un bellissimo verde bottiglia ma ho perso il soprabito leggero che un tempo mi ricopriva con i colori dell’arcobaleno. Le mie fiabe sono state lette per la prima volta in un giardino incantato e da oltre 50 anni porto addosso il profumo degli alberi. Fiabe mitologiche, classiche e medievali, regionali e di tutti i paesi europei, arabe, indiane, persiane e dell’Estremo Oriente. In me trovate di tutto. Storie e miti che vengono da paesi lontani e fiabe del focolare. Le mie pagine sono piene di illustrazioni, al tatto si offrono morbide e frusciano come foglie al tocco delle dita. Non è un caso che si dica “sfogliare” le pagine di un libro. Sono vecchio e giovane al tempo stesso, perché la giovinezza, come scrive Samuel Ullman (1840-1924), non è un periodo della vita ma uno stato d’animo, un effetto della volontà, una qualità dell’immaginazione, un’intensità emotiva. La libreria mi somiglia: ama le colline ma non disdegna le pianure e i boschi, conosce gli abissi marini e le maggiori altitudini. Insieme ad altri compagni mettiamo in gioco tutte le emozioni e sappiamo che alto e basso in letteratura sono punti di vista. Il primo si nutre del secondo e viceversa. Provate ad indagare sul tema della monacazione forzata in Manzoni e scoprirete il suo debito nei confronti dei popolari romanzi d’appendice. La mia casa è fatta di tante stanze: ha i romanzi gotici nelle cantine, le poesie d’amore nei piani alti e nel mezzo, le profondità dei russi e le rêverie dei francesi. Negli scaffali tutto si mescola in un’alchimia anarcoide: la realtà e il sogno, l’olfatto, il gusto e l’udito. La vista può incontrare i cieli di Chagall, le marine di Sorolla, il tatto può nutrirsi delle sensazioni più varie, dal liscio al rugoso, l’olfatto può sentire l’aroma delle spezie orientali e il tanfo delle metropoli, l’udito è attratto dalle voci di mille personaggi diversi. Non mancano libri di cucina e romanzi sul cibo per accontentare tutti i gusti. Oggi siamo a pranzo da Babette e nel pomeriggio a “La celeste praline” per una cioccolata calda con una madeleine. Se si ha fame si può scegliere tra gli arancini di Montalbano e il timballo di maccheroni de Il Gattopardo. Un tempo noi libri eravamo archiviati per temi. C’è un ripiano dedicato ai romanzi epistolari e alle narrazioni gotiche e a proposito della monacazione forzata, passeggiando tra I promessi Sposi e Storia di una capinera, potreste incontrare Geltrude e Maria, insieme alla famosa Susanna di Diderot. Ci sono serie di filosofi in giacca e cravatta e volumetti vestiti di straccetti, acquistati sulle bancarelle partenopee di Port’Alba. Non che la mia proprietaria sia di bocca buona. I libri li rispetta tutti. Non importa se coperti da vestiti della festa o da modesti abiti quotidiani. In questo contesto l’abito non fa il monaco. È il caso degli Oscar settimanali Mondadori che costavano 350 lire negli anni 60. Il primo numero del 1965, Addio alle armi, riceve la stessa cura dei libri preziosi con ricami in oro dei classici della letteratura mondiale. Ha scrigni con collane di lusso, adora i gioielli ma indossa anche bigiotteria e paccottiglia. È curiosa e bulimica ma nella sua macedonia di letture si sente a proprio agio. Le piace leggere di mattina presto e la sera prima di dormire. Ama starsene in poltrona o sdraiata sul divano ma appena può si mette in viaggio e torna a Napoli da Matilde Serao, vola a Marsiglia con Jean Claude Izzo, sogna la Lisbona con Saramago e Reykjavik con Indridason. Viaggia con loro e prolunga la sua vita, diventando, di volta in volta, uno, nessuno, centomila.

-Dopo anni di silenzio, finalmente ho l’occasione di parlare. Sono il DIVINO POETA e da troppo tempo la mia voce tace. Ho attraversato secoli e generazioni di lettori, per arrivare qui, dove mi è stato destinato il piano inferiore di una scialba libreria color latte. Giaccio quasi dimenticato, dolorante per una costola rotta che non si decidono a mettere a posto, spintonato a destra dall’Interpretazione dei sogni e a sinistra da un volumetto insignificante di un autore sconosciuto. Un insopportabile segnalibro a forma di gatto mi arruffa la pagina del quinto canto. Quella di Paolo e Francesca. Chissà perché la maggior parte dei lettori si fissa su quella. C’è tanto altro da scoprire in me. Vi interessa solo la storia di questo tradimento? Bene. Vi meritate tutti di finire all’Inferno . Cercherò di intercedere presso il mio amico Virgilio perché vi ci accompagni al più presto.

Nella mia attuale dimora manca non solo il confort del silenzio ma anche il rigore dei bibliotecari: nessuna logica nel collocare i libri, messi insieme senza rispetto del nostro genere e di continuo cambiati di posto. Alloggio in una posizione scomoda e quando spalancano la finestra mi arrivano spifferi di vento che nuocciono alla mia cagionevole salute. Negli scaffali di fronte i classici sono ordinati in armoniose collane dello stesso colore, senza confusione di ranghi. Se ne stanno beati soprattutto gli scrittori russi in una elegante collana verde scuro, con ricami dorati. Chissà se I Demoni che mi stanno di fronte sono gli stessi che ho incontrato nel mio lungo viaggio nell’Ade. Ho provato a contattare il mio vicino Freud e gli ho posto la domanda ma mi ha dato una risposta incomprensibile. “I demoni sono dentro di noi e dimorano nell’inconscio, ove vivono Eros e Thanatos”. Stamattina poi è successo il finimondo. Come ogni giovedì è venuta la donna delle pulizie. Ha cominciato a spostarci tutti per toglierci la polvere di dosso ma a un certo punto ha ricevuto una telefonata lasciandomi in bilico sul ripiano. L’ho sentita parlare in una lingua sconosciuta, forse in russo, perché Tolstoi e Dostoeveskij hanno drizzato le orecchie prima ridacchiando tra loro e poi, all’improvviso, borbottando risentiti tra l’umiliato e l’offeso. A telefonata conclusa, la donna con poco garbo mi ha spostato al piano superiore. Mi sono ritrovato nei pressi della collana dei classici, vicino al grande Aristotele. Per un momento sono stato felice, quand’ecco che, appena finito di parlare del sacro principio d’identità, sono caduto con un tonfo sul pavimento e mi sono ritrovato ancora più lontano dal maestro di color che sanno, schiacciato da una pila di libri, a cavalcioni di Neruda e sotto Freud, col piede di Kafka sulla quarta di copertina. Poi un certo Sartre si è messo a parlare addossandosi a me con le mani sporche, provocandomi una nausea che mi ha rovinato la giornata. Un peso esistenziale insostenibile. Più fortunati di me alcuni classici della letteratura italiana che pur non essendo alla mia altezza sono saltati su una specie di carretto a 4 ruote senza fare il biglietto e si sono trasferiti nel quartiere di fronte, molto più ordinato. Se dovesse arrivare a qualcuno di voi questa mia testimonianza di vita, vi prego di comunicare alla persona che mi possiede di tenermi in maggiore considerazione. Chiedo un cambio di posto adeguato al mio rango, una maggiore delicatezza nel maneggiarmi, una attenta considerazione della mia età vetusta. E poi supplicatela di trasferirmi nello scaffale di fronte, dove dimorano i poeti. Vorrei essere coinquilino del Petrarca e dei suoi Trionfi. Parliamo la stessa lingua in endecasillabi. Non voglio restare un terzino per il resto dei miei giorni. Se non volete esaudire la mia preghiera per amor mio, fatelo per l’amor che move il sole e l’altre stelle. Sarete ricompensati sicuramente dalla giustizia divina con un posto in Paradiso.

-Mi dispiace contraddire chi prima di me ha parlato ma credo di essere io il libro più amato e prezioso di questa libreria. Sono Il Manifesto del partito comunista di Karl Marx. Il sopravvissuto. Nessuno ha sopportato ingiurie e persecuzioni come me. Nessuno ha superato indenne esili e prigionie, attraversando da rifugiato il tempo e lo spazio. Neanche il divin Poeta. Le mie persecuzioni non sono finite con la morte dei miei due autori. Il 10 maggio 1933 sono stato mandato al rogo durante la catastrofe nazista abbattuta sull’Europa ma anche in quella occasione terribile della storia dell’umanità, sono scampato alla distruzione. Sopravvivo in milioni di copie e sono ancora qui, segno che le idee sopravanzano i più tremendi fuochi. Ho girato il mondo e ho ispirato diverse rivoluzioni, nella maggior parte fallite. Sono io il libro più prezioso di questa libreria, il primo vero amore della mia proprietaria, un classico del pensiero a cui sempre ritorna. Ho lottato tutta la vita contro ogni discriminazione, per l’uguaglianza degli uomini, ma non ho trascurato gli affetti. Vicino a me dimora il libro che raccoglie le lettere d’amore scritte alla mia Jenny con le sue risposte (Ti amo Jenny. Lettere d’amore e di amicizia). E al piano superiore tanti illustri colleghi ebrei: i romanzi di Elias Canetti e poi David Grossman, Irene Nemyrovsky, Primo Levi, Natalia Ginzburg, tutti accomunati dal dovere della testimonianza. Sono stato prestato a migliaia di studenti, letto ad alta voce, commentato e studiato alla perfezione. Righe nere attraversano il corpo delle mie pagine con appunti e sottolineature a matita. Ho messo in contatto la politica con la filosofia, la scienza economica con la storia delle idee e col giornalismo, la teoria con la prassi. Io stesso sono il frutto di una bellissima amicizia con Engels. Adoro il meticciato e le contaminazioni tra scienza, storia e letteratura e auguro l’unione universale tra i popoli della lettura. Dalla mia postazione posso osservare soltanto una parte degli scaffali che ricoprono le pareti di una stanza. Alla mia destra i vecchi filosofi tedeschi con Hegel in testa e alla mia sinistra gli amici della scuola di Francoforte; al piano di sopra i Dialoghi di Platone mescolati con le liriche dei greci e le tragedie. Siamo disposti secondo una geometria irregolare, senza rigore, contro l’ordine borghese. Ed è un bene essere sistemati così. Per poter imparare gli uni dagli altri. Non siamo ordinati come file di ubbidienti soldati ma scompigliati come partigiani in allerta, sempre sul piede di guerra, sbuchiamo da ogni dove, mescolati ai romanzi d’amore e ai libri di poesia, con fogli di appunti che pendono dalle pagine come banderuole e segnalibri, come armi sul punto di essere usate. Siamo i libri preziosi della rivoluzione, un capitale di consigli per abbattere il dominio dell’uomo sull’uomo e liberare tutti i Prometei della terra, capovolgendo la dialettica servo- padrone, in nome della libertà dal bisogno. Io sono il capofila, l’ispiratore di tanti seguaci. Il mio spettro si aggirava per l’Europa a partire dal lontano 1848 e da allora non ho mai smesso di guidare uomini e donne. Specialmente giovani studenti. La mia lettura non ammette proprietà privata. E’ un’arma infallibile che rende liberi. Che trova le sue munizioni negli occhi di chi la coltiva. Ne discutevo proprio ieri con il mio amico Feuerbach: l’uomo non è solo ciò che mangia ma soprattutto ciò che legge. In grado di realizzare la profezia dell’armonia universale e del paradiso in terra. I libri non hanno patria. Sono poesie della libertà con corpi di carta e sangue d’’inchiostro. Il mio motto sempre e ovunque sarà “Pro-lettori di tutto il mondo unitevi”.

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