Racconto di Elena Marrassini
(Seconda pubblicazione – 6 febbraio 2019)
Si svegliò presto, prestissimo quella mattina, in preda a un incubo terrificante.
Evidentemente il senso di colpa per le lavatrici rimandate a oltranza e la paura di non riuscire a seguire abbastanza il bambino da quando aveva deciso di provare di nuovo a lavorare si erano fusi nell’immagine agghiacciante del suo microbambino dimenticato nel cassettino della lavatrice stessa, nel misterioso scomparto che sta in mezzo a quello del detersivo e quello dell’ammorbidente.
Non ha mai capito a cosa servisse, quello scomparto lì. Forse era a quello che serviva: ad accogliere nel loro ultimo sonno i bambini dimenticati.
Lo tirò subito fuori, e lo scaldava lo baciava col fiato caldo ma lo sapeva che era morto, lo vedeva: era tutto blu. Lo teneva nelle due mani a coppa, da quanto era rimpicciolito.
Ma la paura che più la devastava in quel terribile momento era pensare alla reazione del marito.
Lei, la solita incapace, la solita negligente, quella che agli occhi di lui, onnipotente e affermato medico chirurgo che salvava vite in continuazione, era sempre stata ‘quella con un cervellino così’.
Cioè, non sempre. All’inizio della loro storia lei, la ex-modella, la silfide di cui andare tanto orgogliosi, era stata anche quella ‘con due tette così’.
Adesso non più, se le sentiva come sgonfiate. Forse a causa del dispiacere per il microbambino dimenticato. Abbassò lo sguardo sul petto: non le vedeva più, non c’erano più.
Appoggiò il microbambino sulla cesta dei panni sporchi e si tastò le tette.
Ma che fai adesso, sei scema? Pensi alle tue tette e affondi lì il tuo microbambino morto? Hai veramente un cervellino così, guarda, i panni sporchi lo hanno inghiottito, guarda non si vede più.
Non è possibile. C’è qualcosa che non torna, lo capisce anche una scema come te: un bambino non può sparire fra i panni sporchi e men che meno entrare nel cassettino del detersivo della lavatrice. È un sogno.
Paf. Sveglia. Cristo che spavento.
L’affermato chirurgo non era ancora rientrato dall’ultima emergenza notturna e suo figlio, molto poco micro e ormai in età scolare, dormiva tranquillo nella camerina accanto a lei, ne udiva il russare sommesso: primo immenso sollievo.
Allora si alzò, corse in bagno davanti allo specchio e la prima cosa che fece, ancor prima di lavarsi via il sudore, fu togliersi la casacca del pigiama di seta e controllare subito se le sue tette erano ancora lì: secondo immenso sollievo.
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