Favola di Marina Cerni

(Terza pubblicazione – 26 febbraio 2021)

                                                       

 

In un piccolo paesino, arroccato su una collina che si affacciava sul mare, la vita scorreva tranquilla. Di origine medioevale era abbellito da mura imponenti, da torrioni che svettavano sulle campagne circostanti e da un minuscolo ma prezioso teatro.

Come tutti i piccoli borghi, fagocitati dalle città limitrofe e dai centri commerciali, le botteghe pian piano avevano chiuso, le iniziative e la vita sociale si erano affievolite.

Nonostante tutto, il piccolo paese aveva una misteriosa e inestimabile magia: i monumenti, gli edifici, le statue avevano un’anima, che dormiva di giorno e si destava di notte.

Se un semplice cittadino, nelle ore notturne si fosse posto in una speciale posizione tra le vie, in particolari condizioni atmosferiche e in determinate fasi lunari, avrebbe percepito delle voci sussurrate che sembravano giungere da lontano.

Adiacente alla piazza centrale c’era una piazzetta sulla quale si innalzava la mole architettonica del teatro e al centro, su un piedistallo marmoreo, in posa stentorea, si trovava il monumento dedicato al Milite Ignoto, simbolo di tutti i caduti nei conflitti mondiali.

Era luogo di incontri, di giochi e di commemorazioni civili, un luogo amato da tutti i paesani che si davano appuntamento lì, presso questo silenzioso e attento testimone della vita del paese.

Al margine della piazzetta, a poche decine di metri, era stata costruita una minuscola casetta dell’acqua, la Fonte Alma, un distributore automatico di acqua potabile, naturale e gasata, anch’essa luogo d’assembramento, soprattutto nella stagione estiva.

Dopo la mezzanotte, la statua del milite ignoto, soprannominata “ Toto milite” da tutte le generazioni di giovani che nei decenni si erano ritrovati ai suoi pressi, finalmente si svegliava e la prima cosa che faceva era rispondere alla raffica di domande che la Fonte gli poneva : “Ti prego, Alma, dammi il tempo di svegliarmi con calma, sì sì, sto bene, cerca di non scocciare sempre con tutte le tue preoccupazioni da crocerossina, russo rumorosamente, lo so, ma ho una certa età , ho fatto la grande guerra e non vorrei adesso morire per le tue continue lagne !!”

“Per carità, ti lascio in pace, ma ti svegli sempre di traverso, proprio come la tua canna di fucile! Tu non hai idea di cosa voglia dire ascoltare tutto il giorno i racconti delle persone che fanno la fila per prendere l’acqua: dolori, bronchiti, mal di pancia e strane malattie… Dai e dai, ti entra in testa tutta ‘sta roba…”

“Capisco, cara Alma, ma perché non mi racconti invece le storie d’amore e i tradimenti che sicuramente ascolti? Almeno mi terresti allegro, anche se in realtà io ho la fortuna di essere circondato da bambini festanti che si rincorrono, da fidanzatini che si baciano, nascondendosi nella mia ombra. A volte, ho anche troppa compagnia e non vedo l’ora che mi lascino in pace…”

Così continuavano a lungo, con battutine a volte affettuose, a volte caustiche, finché non giungeva il messaggero alato che faceva da legato tra tutte le creature notturne, Gastone, uno dei tanti piccioni che vivevano tra i merli del castello e sulla alta torre del paese.

Gastone era un pennuto impertinente, l’unico che, per la magia del posto, poteva interloquire con tutte le strane creature e si divertiva a provocare, riportando, non sempre obiettivamente, i vari messaggi che gli abitanti notturni si scambiavano.

Si divertiva molto a riferire commenti e notizie, alterandole a piacimento, per provocare spassose reazioni a catena.

Arrivò planando sulla piazzetta del monumento e annunciò: “I leoncini della piazza ( due statue in bronzo, poste ai lati della rampa della scala che andava al castello) dicono che ieri qualcuno ha scalfito un putto della fontana, di conseguenza la signora si è molto alterata e dice che, per protesta, domani non erogherà acqua, come sempre la fa lunga e pesante….”

La fontana della piazza principale, quella su cui svettava la torre campanaria, era una aristocratica e sussiegosa signora, “se la tirava” molto e stava sulle sue. La sua costruzione risaliva all’inizio del secolo, era una “fontana di mostra” e aveva la funzione di abbellire la piazza principale e consentire l’abbeveramento degli animali utilizzati per il trasporto. La maggior parte delle volte era silenziosa e riservata ma le poche volte che apriva bocca si lagnava di continuo e criticava sia gli abitanti del paese che i suoi compagni notturni, che per lei erano di evidente ceto inferiore.

All’annuncio dello sciopero della Fontana, Alma non si controllò. “Accidenti a lei e alla sua boria, chi si crede di essere, se io scioperassi tutte le volte che qualche ragazzino mi tira sassi o che qualche bicicletta mi riga la lamiera, il paese rimarrebbe senza acqua!!! “

Toto, esplose in una grassa risata:” Alma, certo che l’invidia è una brutta bestia, proprio non ti va giù che lei sia di marmo e finemente cesellata e tu invece sia di lamiera zincata, proprio come l’interno di una bara!!”

La caustica e poco felice facezia fece cadere dalle risate Gastone, che si era appollaiato sulla canna di fucile del monumento, finendo a terra rotolò tra Toto e Alma che, per reazione ad una così crudele battuta, si chiuse in un mutismo impenetrabile.

“Ragazzi- esclamò Gastone, dopo essersi ricomposto e dopo minuti di interminabile e imbarazzato silenzio – non sto qui a fare da paciere né ad ascoltare i vostri battibecchi, vado dall’Arco del torrione perché prima mi ha detto che mi deve raccontare uno spiacevole episodio al quale ha assistito; poi se smettete di fare gli sciocchi, torno e ve lo racconto! “

Così Gastone spiccò il volo e raggiunse il torrione occidentale per parlare con l’Arco di Porta Urbino che era già in fibrillazione perché non vedeva arrivare Gastone.

L’Arco guardava ad occidente ed era l’accesso secondario all’interno delle mura del castello, vedeva passare quotidianamente tutti i ragazzini che si recavano nel piazzale adiacente la Chiesa parrocchiale, luogo di giochi a squadre e rimpiattino serale. Il giorno precedente aveva assistito ad un brutto episodio: alcuni giovani forestieri avevano disturbato con schiamazzi il riposo pomeridiano degli anziani che vivevano nel castello e, cosa inaudita, avevano deriso una vecchina che aveva osato protestare. L’Arco, molto sensibile ma d’animo sanguigno e impulsivo, aveva osservato ribollendo e, se avesse potuto, avrebbe molto volentieri preso a calci nel sedere quei ragazzi.

Era in ansiosa attesa di Gastone per riferire l’accaduto e far sì che la notizia giungesse in questo modo a tutti i suoi compagni. Gastone era un impertinente e logorroico volatile ma era anche un impeccabile corrispondente e un rapido ambasciatore.

Nel frattempo Toto, con battute di recupero e promesse, era riuscito a far uscire dal silenzio Alma che, cuore di panna, non aveva resisto alle lusinghe.

Toto le promise che avrebbe cercato di non ferire più la sua sensibilità con spiacevoli battute sulla sua poco attraente forma fisica, la lamiera zincata può contenere un cuore attraente e profondo così come un anziano reduce di guerra può amare appassionatamente, intensamente, come un giovane adolescente.

Tra i voli notturni di Gastone, le lamentele della Fontana con i leoni, le diatribe tra Toto e Alma, scorrevano le ore notturne e, albeggiando, le notti magiche si chiudevano.

I sussurri nel silenzio si affievolivano, fino a scomparire del tutto.

Chi, di animo bello e sensibile, visse in quel paese, ebbe la fortuna di sentire sussurrare le statue e bisbigliare i monumenti.

Questo magicamente accade, perché le cose hanno un’anima, perché chi ha vissuto intensamente, chi ha amato o pianto, ha lasciato negli oggetti traccia dei sentimenti, strettamente imbrigliati negli atomi.

Basta chiudere gli occhi e ascoltare.