Racconto di Emanuele Ninotti

(Seconda pubblicazione – 13 aprile 2021)

 

 

L’amore è una bella fregatura. Nessuno te lo dice con anticipo, non un una buona anima che ti si metta accanto a spiegarti tutte le rogne che comporta.

L’amore lo vedi nei film: struggente e appassionato, tremendo, vigoroso, gli innamorati da pellicola superano ogni ostacolo e anche quando tutto sembra stia andando in malora quel tutto ha comunque preso il verso giusto che culmina nel solito, disgustoso Happy ending. Dell’amore leggi nei libri: eterno, poetico, “L’amor che move il sole e l’altre stelle”.

Quando dicono che l’amore folgora dicono il vero, almeno su questo non hanno mentito. Fui proprio fulminato da Camilla: la vidi che scendeva le scale della scuola, dietro, una luce opaca che la stagliava dallo sfondo, conferendole un’aura angelica.

Scendeva con grazia e ne fui subito innamorato. Si fermò accanto a me per salutare Gianni, che scoprii amico comune, le sue labbra si muovevano ma io non captavo i suoni, ero immerso nella sua immagine: i capelli fulgenti, le labbra rosee che si muovevano languidamente e gli occhi dalle iridi verdi. Ero fottuto e non lo sapevo ancora. Gianni ci presentò.

Lei allungò il braccio e mi offrì la sua bella mano bianca e disse “Piacere Camilla”, in uno stato estatico seppi solamente rispondere “Mi fa male il ginocchio.”

Rise e fu un altro colpo al cuore; Gianni si coprì il volto con una mano, io, inebetito, balbettai “Giacomo, pia-cere”.

Lei si congedò per raggiungere l’aula dove aveva lezione, non appena restammo soli, Gianni mi diede uno scossone alla spalla che mi fece vibrare pure i capelli, ” Ma che ti è preso? Mi hai fatto fare la figura dell’imbranato, quella la conosco da sempre”.

Non me ne importava proprio nulla. I miei pensieri erano tutti rivolti a Camilla.

“Dammi il suo numero” apostrofai con una sicurezza che pareva non m’appartenesse in quel momento.

Gianni mi fissò esterrefatto ” Ma non ci penso neanche, mi toglie il saluto se ti do il suo numero”.

Afferrai Gianni per le spalle con entrambe le braccia e lo fulminai con gli occhi ” Non fare lo stronzo! Niente cavolate, promesso, non so che m’è preso prima, sarà il caldo.

  • Si il caldo, te sei mezzo scemo, ecco cosa è stato. Va bene, calmati”.

Tirò fuori il telefono e iniziò a dettarmi il numero.

” Mi raccomando, niente cazzate, quella è una brava ragazza”

Il giorno seguente le scrissi, mi scusai per la gag che avevo improvvisato e le chiesi di uscire per un caffè. Accettò.

L’appuntamento andò a gonfie vele. Continuammo a vederci, i nostri incontri erano così piacevoli e il tempo pareva si sospendesse.

Parlavamo di tutto: lei mi faceva lunghi discorsi sulla filosofia politica, su Rousseau, Machiavelli, etc., io mi struggevo di desiderio e rimanevo muto come un pesce.

La guardavo e studiavo ogni parte del suo corpo: le gambe lunghe e lisce, lucide, come quelle di una statua, la vita stretta che mi sussurrava “afferrami”, il seno giovane e sopra le spalle minute e il collo esile, il viso poi, pareva un ritratto impressionista, ogni cosa era bella presa di per sé, ma tutte insieme formavano un quadro di inusitata bellezza.

Così passo qualche mese e ci fidanzammo.

Confessammo il nostro amore reciproco e arrivato al punto in cui il desiderio mi aveva svuotato, al limite del collasso, dell’esplosione dei sensi, le chiesi ” Sei vergine?”.

Mi guardò, sospesa, ” Si..” disse, con un pizzico di timidezza ” e Tu? – Anche io” risposi frettolosamente, – Domani mattina ho casa libera, ti va se…

  • Va bene”

Quella notte non presi sonno, avrei fatto per la prima volta l’amore e lo stesso sarebbe stato per lei, un idillio.

Il giorno seguente preparai la mia camera, creai l’atmosfera giusta: luci, musica soft-jazz e tutto il resto.

Palpitavo. Il citofono suonò, la feci salire.

Ci salutammo, io impacciato, lei stranamente calma.

Ci sdraiammo sul letto e iniziammo a baciarci, carezzai ogni centimetro del suo corpo, la spogliai delicatamente.

Lei mi sfilò la maglietta, mi sbottonò i pantaloni, freneticamente, bene pensai, è passionale!

Nudi, ci abbracciavamo scompigliando le coperte del letto, mi tirava i capelli, mi mordeva, mi afferrava con le unghie.

Un dubbio mi sovvenne per un attimo Ma è veramente vergine? Ma si, sono io quello paralizzato dalla tensione, devo lasciarmi andare.

Ne avevo sentite di storie sulla prima volta, che era doloroso, scomodo, che bisognava fare piano, che spesso niente funziona.

La mia prima volta andò in modo del tutto diverso: terminati i preliminari, Camilla si distese supina, allargò le gambe e mi guardò con occhi felini come per dire ” Dai, adesso tocca a te”.

Mi accostai al suo bel corpo liscio e facemmo l’amore. Non successe nulla di quanto mi aspettassi, perdonate la brutalità, ma il mio coso entrò senza resistenze, non ci fu una goccia di sangue, e lei pareva che avesse fatto una passeggiata tanto era tranquilla.

Al che le domandai ” Ma non hai detto che eri vergine?

  • Tu sei il primo con cui ho fatto veramente l’amore.

– E che cazzo vorrebbe dire scusa?

  • Che prima di te ho fatto solo sesso, con te, invece, l’amore, sai col sentimento.

Sbottai. Mi vestii mentre lei cercava di calmarmi, la presi per un braccio, l’accompagnai alla porta e la salutai “Troia”.