Racconto di Manuela Fucci
Illustrazione di Manuela Fucci
(Prima pubblicazione)
L’uomo entrò in cucina: la moglie era nella doccia; aveva quindi tempo. Sfilò una lama dal ceppo dei coltelli e appoggiò la mano sul tavolo. Era pronto a dare un colpo secco, senza pensare al dolore e al sangue che avrebbe sporcato dappertutto, ma sentì un rumore e si accorse che sua moglie era dietro di lui: era nuda, gocciolava acqua e sapone sul pavimento. «Lo vedi anche tu?». Impossibile non vederlo: le era spuntato un terzo occhio, azzurro, al centro della fronte. Allora lui le mostrò la mano con quella deformità cheratinosa nata vicino al mignolo, e lei pianse.
«Andiamo di là, cara.»
La aiutò ad asciugarsi e a vestirsi, poi si inginocchiarono davanti alla statuetta della Madonna, nel corridoio vicino alla cucina. Pregarono. A lui spuntò una coppia di lobi sopra l’orecchio sinistro, e a lei si aprì una terza narice. Ripresero a pregare. La moglie si ricordò che lui, qualche giorno prima, aveva avuto la febbre.
«Tu no, cara.»
Accesero la TV, ma parlava d’altro.
«Forse siamo delle cavie.»
«A nessuno interessa di due settantenni malandati, cara.»
Le accarezzò i capelli e si accorse di un piccolo naso nascosto. Lei iniziò a singhiozzare.
«Vuoi mangiare: ti preparo un’insalata, cara?»
«Meglio di no.»
«Se non mangi è peggio.»
«Non pensavo che fosse così.»
«Una dormita ci farà bene, cara.»
Prima di spogliarsi chiusero le tende. Alle nove lui aveva quattro lobi e dodici dita; lei: cinque narici, tre occhi e quattro bocche.
«Devo essere orribile.»
«Io ti trovo sempre bellissima, cara.»
La sentì sospirare nel buio. Dopo lei gli chiese di raccontarle qualcosa di buffo; lo faceva sempre quando era agitata. Allora lui provò con alcune freddure che aveva sentite a scuola. E lei rise, rise di gusto, con tutte le sue quattro bocche. Ma quando suo marito esaurì il repertorio, ripiombò nella tristezza.
«Andremo all’inferno?»
«L’importante è rimanere insieme, non credi?»
«Hai ragione tu, come sempre, caro.»
Lui continuava a pensare a qualche altra barzelletta. Aveva come la sensazione che avrebbe potuto parlare tutta la notte. A un tratto lei si sollevò: «Ho qualcosa qui, dietro la schiena». Si scostò la camicia da notte. Lui si girò sul fianco appoggiandosi al gomito sinistro, senza smettere di parlare. Le toccò la colonna vertebrale e sentì una protuberanza dura come il corno che aveva lui sulla mano, e poi un’altra di media grandezza e una più piccola.
«Che guaio non essere riuscita a stirare.»
Lui fece uno lungo sbadiglio.
Verso le tre crollarono.
Al mattino la sveglia suonò alle otto. Per prima, come al solito, si alzò lei. Tostò il pane e riscaldò le due tazze di latte, poi preparò la macchinetta del caffè. Aspettò. Il marito entrò in cucina assonnato.
Era bello. Nonostante l’età era ancora attraente. Anche quelle corna sparse per il corpo, che avevano strappato il pigiama e che lo facevano sembrare uno scolapasta, aggiungevano interesse alla sua persona. Si sedettero a fare colazione. Lei disse che già si stava abituando, a poco a poco sarebbe riuscita a stirare di nuovo, a soffiarsi i nasi: forse solo quello tra i capelli le avrebbe dato dei grattacapi.
«Mi fai ridere?» Gli accarezzò la faccia taurina.
«Un marito dice alla moglie: “Leggo sempre il tuo oroscopo per capire cosa mi aspetta”.»
Lei si rovesciò all’indietro battendo la mano bulbosa sul tavolo: «Questa era la più esilarante delle ultime ventiquattr’ore», disse.
Si asciugò le lacrime e continuò a bere il latte e caffè, prima con una bocca e poi con le altre tre.
«In fondo non è male, credevo peggio. Già mi sono abituata.»
«Sono d’accordo con te, cara. Ti ho già detto che ti trovo bellissima?»
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