Racconto di Susanna Mastino

(Prima pubblicazione)

Era una mattina come tante e Leonard era nervoso ed ansioso, suo padre era morto da pochi mesi, sua madre era sommersa dai debiti, sua sorella aveva divorziato dal marito e si era trasferita con le sue due bambine in casa di suo padre e di sua madre. Leonard aveva ventinove anni suonati, ma viveva ancora alle spalle di sua madre, non voleva andarsene da casa, tanto era abituato agli agi, non voleva neppure saperne di andare a lavorare. Miriam, sua madre aveva sessantadue anni, lo sguardo triste, la carnagione chiarissima, e l’ovale del viso perfetto, era alta e snella, i suoi capelli erano lunghissimi, ma sempre raccolti sulla nuca. Miriam, aveva un carattere dolce, ma non per questo debole, anzi, si faceva rispettare, infatti Leonard lo sapeva benissimo. Quel giorno era andato a piangere sulla lapide di suo padre, egli l’amava e provava tanta rabbia per quella morte improvvisa, un tumore ai polmoni, l’aveva presto ucciso. Leonard divenne un giocatore d’azzardo accanito, aveva molti debiti di gioco e la sua vita stava prendendo una brutta piega. Quando rientrò a casa, Miriam era seduta vicino al camino acceso, aveva un’espressione in viso che faceva trapelare tutta la sua preoccupazione per quel figlio ingrato, viziato ed immaturo.

Era arrivato il momento di affrontare l’argomento, ma Leonard non le diede neppure il tempo, allungò la mano destra e gli sferrò un forte schiaffo sulla guancia, poi andò via di casa sconvolto. Leonard viaggiò per anni senza una meta precisa, chiedendo l’elemosina, vivendo come un mendicante. Era sempre davanti alle chiese, o nelle piazze, o nei mercati civici, si spostava da una città all’altra. Un giorno si specchiò e vide una figura di uomo dalla folta barba grigia, quasi a stento si riconosceva. Erano trascorsi quindici anni, la nostalgia di casa lo travolse, voleva rivedere sua madre, sua sorella Marina, le sue nipotine: Clara e Sara. Il treno in quel giorno di caldo infernale era diretto al suo paese natio: Ponte Chiasso. Era Estate e Miriam era solita andare al mercato civico ogni mercoledì, suo figlio conosceva bene le sue abitudini, fece in modo di incontrarla, si diresse nei pressi del mercato, ella gli fece l’elemosina,
ma Leonard impallidì, era visibilmente emozionato nel rivedere sua madre, la mano tremava, Miriam gli domandò – perché tremi buon uomo? – Ed egli le rispose – Perché questa è la maledetta mano che ti colpì!- Miriam però non comprese quella frase e andò verso casa. Dal canto suo Leonard era felice di aver rivisto sua madre, il suo cuore batteva all’impazzata, ora non restava che rivedere sua sorella e le nipotine.
Si diresse verso la grande villa storica, dove per tanti anni aveva vissuto, quando suo padre era in vita e la famiglia era felice. Giunse vicino al cancello di casa, ma non ebbe il coraggio di suonare il campanello, si limitò ad osservare da fuori e vide due splendide fanciulle che nel cortile di casa giocavano come due scolarette con i cerchietti. Erano allegre e apparivano serene ai suoi occhi, due lacrime scivolarono dal volto di Leonard.

Clara e Sara si accorsero della sua presenza e dissero a gran voce- C’è un barbone che ci spia! Leonard ricevette ennesima umiliazione, sua sorella Marina si avvicinò e gli diede l’elemosina. Leonard rimembrò quel fatidico giorno in cui schiaffeggiò sua madre, il senso di colpa lo attanagliava sempre più, viveva di stenti e dormiva sulle panchine nei parchi. Lo trovarono disteso, in fin di vita, dei buoni passanti e chiamarono l’ambulanza. Si ritrovò in una stanza tra i malati di Tisi.
Gli domandarono il suo nome e con voce sommessa disse – Leonard Castellani -.
Pulsava ancora il cuore, quand’ ecco giunse al capezzale sua madre e spirò felice.