Racconto di Lucia De Bortoli

(Nona pubblicazione – 27 gennaio 2020)

 

Carlo spegne la televisione, si alza dal divano, entra nello studio e richiude la porta dietro di sé.

La scrivania di suo nonno troneggia al centro della stanza, il piano rivestito di pelle color verde bottiglia si intona al divano a due posti che gli ha dato sua madre. È in stile ottocentesco, ha braccioli rotondi e rigidi, i cuscini in velluto ancora nuovi e lo schienale alto fino alla testa, non consumato dall’uso.

Sulla parete del divano è appeso un quadro datogli da suo padre. Rappresenta due uomini lungo un sentiero di campagna con il fucile tra le braccia, preceduti da due cani che tentano di stanare la preda. È il quadro di un autore sconosciuto ma, alla morte del padre, Carlo lo aveva voluto per ricordare la passione della caccia tramandatagli di generazione in generazione.

Parlava spesso di quando si svegliava all’alba prima di tutti per poter uscire con lui e trascorrere un po’ di tempo insieme. Ricordava le lunghe passeggiate in solitudine solamente loro due, un padre duro e di poche parole, dal cuore d’oro, ma non educato a dimostrare affetto.

Laura aveva tentato di rinnovare la stanza con delle tende di cotone beige e verdi che richiamassero il colore del divano, ma non aveva ottenuto grandi risultati. Quei tre pezzi di arredamento pesavano nell’aria della stanza, come nell’indole di suo marito.

Dopo pochi minuti Carlo esce e sale in camera.

Laura sente il crepitio dei gradini fino al piano superiore, quindi si alza dalla sedia in cucina, si siede sul divano e accende il televisore. Passa da un canale all’altro fissandolo senza guardare. Il vuoto della solitudine le sta mangiando la vita, non trova una corretta via di fuga da una situazione statica. Il matrimonio è finito, lo hanno capito entrambi, ma l’abitudine, le convenzioni, la paura li tiene inchiodati nella stessa realtà di sempre, nella routine del perbenismo e nessuno dei due si decide a smettere questa farsa.

Laura entra in studio per prendere il cuscino e la coperta che in quest’ultimo mese l’hanno accolta nel divano, ma appena entra sente uno strano brusio, il ronzio di una ventola la attira alla scrivania. Le gira intorno, scosta la sedia e si siede di fronte al computer portatile. Lo apre. È acceso, sta facendo il backup dei dati.

Lo schermo illumina la stanza e dalla finestra disegna un geometrico fascio di luce sul prato.

Di fronte a lei ci sono domande senza risposta, dubbi e incertezze, ma con lucidità sfiora il mouse, clicca nell’angolo in basso a sinistra dello schermo nella cartella attività recenti.

Non sa di preciso cosa cercare, ma è certa che qualcosa scoprirà.

Almeno una risposta, un chiarimento, forse spera di trovare la forza, la parola fine, niente di più.

E così, tra le decine di ultimi file aperti, ne vede uno.

“Caro Carlo…”

Laura legge tutto d’un fiato quella sconosciuta lettera d’amore.

“Ti amo. Anna”

Un senso di rabbia pervade ogni angolo del corpo, rabbrividisce e con furia chiude lo schermo del PC. Ritorna il buio. Tutti quei mesi trascorsi nell’indifferenza reciproca, giorni e giorni a chiedersi il motivo di tanta distrazione. Notti a rigirarsi su quell’odiato divano, attanagliata da un senso di colpa nel prendere una decisione inevitabile. Ora è tutto chiaro.

Va in cucina, apre il primo cassetto con le posate, prende un coltello, il più resistente, il più appuntito e lentamente sale le scale fino alla soglia della camera.

Carlo sta dormendo supino, le coperte ordinate gli arrivano fino alla vita, a braccia conserte muove appena il torace, respira piano.

Laura si ferma vicino a lui, immobile al buio lo fissa. È proprio lui. L’uomo che ha amato, con cui ha deciso di costruire una casa, una famiglia, condividere un lavoro. Ora è lì di fronte a lei, immobile e indifeso come le era sempre sembrato.

Trattiene il respiro. Le braccia rigide sono piegate lungo i fianchi, una nell’altra le mani stringono il coltello al petto come l’inizio di un rito purificatore. Lo sguardo fisso ed immobile vede un morto, un corpo già svanito nel suo cuore.

Chiude gli occhi, espira tutta l’aria che ha trattenuto, scioglie le spalle, abbassa le braccia, allenta la presa e con passo lento ridiscende le scale.

Entra in cucina, apre il primo cassetto e posa il coltello, entra in studio, prende la coperta e il cuscino. Si stende sul divano pronta per un’altra notte insonne.