Racconto di Giulia Ancona

(Quinta Pubblicazione)

 

 

La giornata era splendida.

Il sole alto nel cielo azzurro illuminava graziose nubi bianche che, spinte da un leggero soffio di vento si rincorrevano gioiose in quella immensità. Mahsa alzò gli occhi e, socchiudendo le palpebre, assaporò la bellezza di quello spettacolo. La natura, aveva regalato a lei, al mondo, tanta magnificenza, ma, spesso, i più sembravano ignorare.

Era giovane e bella e la vita era tutta da vivere. Le sorrideva e le chiedeva a gran voce di andarle incontro. Purtroppo non era così facile seguire quel richiamo. La terra che lei amava, la terra alla quale era legata da un amore e un rispetto infiniti, non la comprendeva. Sentiva che le apparteneva sempre meno e che quelle parole che forti risuonavano nella sua testa, dovevano restare chiuse lì, un grido nel silenzio.

– Sta attenta, figlia mia – le ripeteva sempre più spesso sua madre – Non puoi fare finta che le leggi non esistano. Sei giovane, ma non devi ignorare le regole dei nostri padri. Sono sacre e vanno rispettate fino in fondo –.

Avvolta dalla testa ai piedi nel suo burka nero, la donna la supplicava di non lasciarsi attirare in trappole moderne dalle quali non avrebbe più potuto scappare.

– Ma di quali trappole parli? Non ci sono pericoli. È necessario, invece che noi donne, giovani e meno giovani, ci uniamo e iniziamo a farci strada in questa società che ci emargina da tutto! Non chiediamo nulla di straordinario. Vorrei almeno essere libera di mostrare il mio capo, il mio volto senza paura di essere punita. Chiedo troppo? –

E così dicendo, con un gesto di rabbia, si era strappato dal capo il grande fazzoletto che copriva i suoi bellissimi capelli.

– Ti prego, copriti immediatamente.  Sei impazzita? Se ti vede tuo padre ti ammazza! –

La madre con gli occhi terrorizzati le era corsa vicino ricoprendole il capo e riavvolgendo con forza l’Hijab.

– Lo vedi? Sei schiava di tutto e tutti compreso tuo marito che ti ricatta ogni giorno con la storia della tradizione. Non vedi come ti stai intristendo? Gli anni passano per tutti, questo è vero, ma il tuo tempo corre più veloce. Sembri già vecchia o meglio lo sei stata sempre, prima ancora di venire al mondo. È ora di capire che non è certo nascondendosi dietro ad un velo che si ha rispetto degli antenati. È ora di cambiare e tu puoi farlo, sei ancora in tempo!-

– Ma che ti è preso oggi? Ti prego di abbassare la voce. Non parlare più in questo modo. Vuoi farmi morire di crepacuore. Se ti sente tuo padre sono grossi guai per tutti! –

– E va bene! Ti lascio tranquilla. Provo ad uscire un po’ per farmi passare questa rabbia che ho dentro –.

– Esci, va bene. Ma torna presto perché nel pomeriggio dobbiamo andare dagli zii. Ricorda di stare attenta a quello che dici e a quello che fai. E copriti bene i capelli! –

E così dicendo la madre aveva stretto nuovamente l’Hijab intorno al capo di sua figlia. Lo aveva avvolto più del dovuto per evitare che qualche ciocca di capelli ribelli vi fuoriuscisse. Poi, con un gesto insolito per lei, aveva attirato a se Mahsa. L’ aveva abbracciata con forza baciandole le guance, mentre grosse lacrime avevano preso a rigarle il volto e a bagnare il velo che lo ricopriva.

– Mi raccomando, piccola mia. Non fare pazzie e torna presto, prima che rientri tuo padre –.

– Non ti preoccupare, mamma. Sarò a casa per l’ora di pranzo con l’Hijab ben sistemato sul capo -.

E, ricambiando quell’ insolito abbraccio, uscì di casa. La madre la vide allontanarsi nel sole e diventare sempre più piccola mentre con la mano continuava a salutarla.

– Ma quante storie per un velo!- Mahsa senza quasi rendersene conto aveva allentato la presa dell’Hijab intorno al capo.

  • Ei tu, che fai? Dove stai andando? Fermati! –

Due uomini in abito scuro e turbante bianco, le erano sbucati alle spalle e la stavano affiancando dai due lati.

  • Non sai che devi coprirti il capo? –

Mahsa trasalì. Cercò di parlare per spiegare che il velo lo aveva. Certo qualche ciocca di capelli era sfuggita fuori, ne aveva così tanti, ma non ebbe il tempo di difendersi. I due uomini, dopo aver dato uno strattone alle ciocche della vergogna, esposte agli sguardi di tutti, la trascinarono in un furgone, chiudendone, immediatamente, le porte, con rabbia.

– La polizia morale ha arrestato Mahsa Amini. Sicuramente la portano in centrale per interrogarla. Ma su cosa? Non ha fatto nulla. Per punirla, piuttosto. Per sottoporla ad una lezione di rieducazione morale…–

Gli amici che l’aspettavano radunati in piazza, presero a parlare tra loro con vigore sempre crescente. Inviarono sms invitando gli assenti a raggiungerli. In poco tempo la piazza fu gremita di giovani e il fermento per l’accaduto crebbe di ora in ora. La polizia ebbe l’ordine dall’ alto di serrare le fila e tenersi pronta in assetto da anti sommossa.

La situazione stava sfuggendo di mano. Come un’onda gigantesca gonfiata dal maestrale in un mare in burrasca, così la folla di giovani in subbuglio diventava sempre più imponente e minacciosa. Nei media e sui social si diffuse la notizia dell’arresto di Mahsa. In tutto il mondo e in ogni parte del globo si iniziarono ad organizzare manifestazioni per la liberazione della ragazza.

Intanto Mahsa, chiusa in una lugubre cella della prigione di stato, se ne stava rannicchiata per terra, in un angolo. Le ginocchia strette al petto e il viso nascosto in esse, cercava di alleviare il dolore dei colpi ricevuti. Guardava la porta ascoltando con terrore ogni passo che si avvicinava ad essa. Sapeva di aver infranto le maledette regole, ma non avrebbe mai immaginato che una ciocca di capelli fuori dal velo avrebbe potuto fare infuriare tanto la polizia morale. Eppure sua madre l’aveva avvisata e pregata più volte di non fare di testa sua. Ribellarsi in quel regime significava rischiare la vita.

– Ma qualcuno deve farlo! – pensava quasi a voce alta Mahsa– Qualcuno deve fare capire a questa gente che il mondo si muove. Il rispetto viene da altro non da un velo portato stretto intorno al capo. Non è pensabile che io non possa studiare, che le ragazze come me non possano farlo, ma devono sottostare agli ordini dei propri mariti o dei padri o dei fratelli. Nascere donna non deve essere una maledizione al punto da fare preferire la morte alla vita…–

I pensieri le turbinavano in testa sempre più frenetici, mentre fuori, sulle piazze i tumulti stavano prendendo piede.

– Maledetta ribelle! Hai visto cosa hai combinato con il tuo comportamento amorale? –

Due guardie, come dal nulla, erano ripiombate nella cella e avevano ripreso a percuotere la ragazza su tutto il corpo. Calci e pugni venivano giù a raffica su quel piccolo corpo. Come presi da un irrefrenabile senso di rivalsa su una donnicciola che aveva osato sfidarli, gli uomini persistevano nella loro violenza senza rendersi conto che i loro colpi non trovavano più alcuna resistenza. Mahsa giaceva in terra, ormai, come un sacco vuoto che calci e pugni spostavano senza fatica.

– Dai, alzati! In piedi! Non fare finta di star male! – Le urlò uno degli aguzzini sferrandole un calcio più forte. Poggiò, quindi, uno stivale sul fianco della ragazza facendole rotolare il corpo avanti e indietro. Non ricevendo alcuna reazione, guardò l’altra guardia e disse:

– Forse ci conviene portarla in infermeria. Le daranno qualcosa per rimetterla in piedi –.

Presa, quindi, in braccio Mahsa, la gettarono su una barella improvvisata e, attraverso corridoi bui del sotterraneo, la trascinarono non si sa bene dove.

“ Mahsa Amini, ventiduenne curda è deceduta mentre si trovava in custodia della polizia religiosa.  Ricoverata all’ospedale Kasra di Teheran in coma, ha poi avuto un infarto morendo, quindi, per cause naturali”.

La notizia si irradiò come un tornado in tutto il mondo: Mahsa Amini diventa un simbolo della lotta ai soprusi perpetrati dal fondamentalismo islamico nei confronti delle donne.

Migliaia di ciocche di capelli vengono tagliate da donne e uomini in segno di appartenenza a quel movimento.

Negli scontri altri perdono la vita e vengono arrestati, ma i tumulti non si fermano.

Le note di “Bella ciao” in Iraniano riecheggiano, ormai, in tutte le strade del mondo.