Racconto di Gianluigi Vanni Bettega

(Quarta pubblicazione 7 aprile 2020)

 

Tutto cominciò la festa della Conciliazione, allora era ancora festa nazionale.

Era giorno di vacanza ed ero felice perché anche papà quel giorno stava con noi.

Il mattino papà decise che sarebbe andato nell’orto che avevamo in affitto a fianco del Cimitero di Corenno, decise pure, con mia grande gioia, di portarmi con sé.

Giunti sul luogo, mentre mio papà preparava gli attrezzi, trovai per terra un vasetto di vetro.

A scuola, facevo la quarta, mi piaceva ogni tanto portare qualche piantina o qualche fiore: però non recidevo, trapiantavo in scatole di latta in cui avevo con un chiodo praticato qualche forellino di drenaggio.

Nel praticello erano fiorite le primule e pensavo appunto di trapiantarle in quel vasetto. “Guarda che se le interri lì dentro, poi muoiono perché non c’è il forellino” osservò papà.

Trovato un chiodo mi accinsi a fare questa operazione anche sul vasetto di vetro, in verità senza troppa convinzione; invece con un certo stupore si aprì un forellino preciso, senza alcuna incrinatura: “papà guarda come mi è rimasto bene!!”  Per tutta risposta “Zitto“ intimò papà portandosi le mani al petto e restando come se ascoltasse qualcosa di lontano. “Andiamo a casa!” Rientrammo di corsa, qualcuno telefonò e poco dopo arrivò in casa il dottore: ricovero d’urgenza, è infarto!

Mamma quel giorno aveva cucinato riso in bianco con le patate. Intorno al tavolo nessuno di noi cinque parlava, anche Marco, seduto sul seggiolone, sembrava aver capito la gravità della situazione mentre intanto molto svogliatamente si sentiva il rumore delle posate.

Nei giorni successivi mamma andava a trovare papà all’ospedale di Bellano, ci andava in bicicletta, lei che aspettava l’arrivo di un nuovo fratellino. “speriamo sia femmina “mi diceva, forse pensando a Liliana, la nostra prima sorellina morta a sette mesi qualche anno prima.

Era molto preoccupata per la salute di papà, i medici non erano ottimisti e non glielo nascondevano.

Intanto passava il tempo e sembrava che papà si stesse piano piano riprendendo, la vedevo meno tesa, sembrava che anche lei cominciasse a riprendere la sua solita allegria, come quando qualche mese addietro nel rifare i letti cantava “so content come un rat, mi do fora de mat per la felicita!”

Un pomeriggio le venne la voglia di mangiare insalata con polenta fredda, se la preparò usando cicoria trinciata fine, polenta fredda a dadini, formaggio magro sempre a dadini e  con l’aggiunta di uovo sodo.

Il tutto condito con olio e aceto.

Poco più tardi cominciava a non stare bene, arrivò il dottore e mamma venne anche lei ricoverata all’ospedale di Bellano. Qualche giorno dopo, il 25 aprile, anche qui festa della Liberazione, il mattino appena alzato sentii qualcuno che mi chiamava, mi affacciai alla finestra, era zia Adelia: ” Vanni “  mi diceva

“tua mamma ti ha dato una sorellina!!”  “Chissà quanto sarà felice “risposi io: Era così arrivata Agnese. Era piccolissima, nata molto prematura era stata posta in una incubatrice e lì ci sarebbe rimasta per mesi, diventando in quel tempo un poco la mascotte dell’ospedale di Bellano.

Quando si dice “amico d’infanzia” penso subito a Rinaldo, Tato per gli amici. Figlio del Bepi che era stato in Russia con mio papà e di Maria, era nato pochi giorni dopo Renzo, sicché si rafforzò l’amicizia tra mia mamma e Maria

Andavo spesso a giocare da Rinaldo. Rinaldo era figlio unico, aveva tanti giocattoli ma era generosissimo, ti lasciava scegliere i soldatini o le automobiline. Talvolta recuperava vecchie coperture di ombrelloni con le quali costruivamo immense tendopoli, chiedeva a sua mamma pane e marmellata e ne offriva a tutti.

Quel giorno i nonni andavano a trovare mamma. Lasciarono me e Renzo in compagnia di Rinaldo e, come il solito cominciammo a giocare coi sodatini. Io avevo scelto gli indiani e lui i cow boy. Giocammo parecchio, passammo alle automobiline, lui teneva le Maserati e io la Borgward, mi sembrava che quel nome esprimesse maggior potenza! Giocammo parecchio, finché vestito di nero, col cappello in testa apparve mio nonno. Chiamò in disparte me e Renzo e ci comunicò che la mamma era morta. Nell’immediatezza capii che nulla sarebbe più stato come prima, l’istinto di conservazione mi suggerì di memorizzare tutti gli istanti vissuti fino a quel momento, una sorta di “salva con nome”, per ricordarmi che il bello esiste, l’amore esiste ed esiste pure la felicità, perché fino a quel momento io tutte queste cose le avevo provate. E dicevo a me stesso che, una volta uscito da quel brutto tunnel sarei andato a cercarle. Penso sia per questo motivo che io ricordo con estremo nitore molti momenti della mia prima infanzia! –  Ovviamente mamma mi mancava tantissimo: nel sogno ricorrente la vedevo a metà scalotta, vestita con il tailleur che lei stessa si era cucita, attardarsi coi vicini per spiegare loro che era tornata, io le andavo incontro, dicevo a me stesso che non poteva essere vero, mi davo pizzicotti ed era vero!! Allora le correvo incontro, saltellavo come un grillo dalla gioia, il sogno era più realistico della realtà stessa! Poi il mattino, al risveglio come un salto nel precipizio la dura realtà.

Qualche settimana dopo nonna Angelina ci portava all’ospedale di Bellano. Ci si andava a piedi, circa 5 km da Corenno però ci stan di mezzo le gallerie e, per i pedoni, non è il massimo della sicurezza. All’altezza della stazione di Dervio ci si ferma davanti una Fiat 1100 verdolina. E’ il Rugen, fratello della mia maestra di prima elementare e ex commilitone di papà. Si offre di darci uno strappo fino a Bellano. Saliamo in macchina e, tanto lui quanto la nonna, ci raccomandano di non dire a papà che mamma è morta perché il suo cuore è ancora debole e la forte emozione lo potrebbe uccidere. Se vi chiedesse, dite che mamma è stata trasferita all’ospedale di Lecco.

 

TAILLEUR

Mamma, cos’è il tailleur?

La radio parla dell’Andrea Doria

Di Stockolm e di naufragio

mamma, cos’è il tailleur?

“E’ un abito elegante

un abito da donna, gonna e giacchetta

aderenti ai fianchi.

Un abito per donne importanti”!

Gessetti, squadre, modelli e ritagli

mamma con la sua amica si cucirà il tailleur.

Righe sottili, verticali in due toni di beige

Mamma, quando sarà pronto?

La radio propone Carla Boni e Gino Latilla:

Mamma quando sarà pronto?

Ci vorrà tempo, il lavoro è tanto!

Il tailleur è finito e mamma lo ripone.

Quando lo indosserai?

La radio tace, papà è all’ospedale

Quando lo indosserai?

“quando faremo festa

Quando guarirà papà”!

E venne il giorno poi

Con tanta gente in casa

La radio sempre spenta

Vidi mia madre

Sul letto stesa

Con le calze di nylon

Elegantissima

Col suo tailleur a righe

In due toni di beige.

 

Oggi, ripensando quei momenti, mi sovviene di pensare a quel bimbo siriano che ha perso genitori e fratelli, emaciato, seduto solo sul sedile rosso di un aereo che lo porterà in salvo. Mi auguro che anche lui abbia avuto cose belle, amore e felicità da “salvare con nome” e che li possa un giorno cercare e ritrovare: Io, oggi, a settant’anni, mi reputo un uomo particolarmente felice.