Racconto di Agostino Terranova

(Prima pubblicazione)

 

 

 

Uno di questi giorni, uguale agli altri, tra i miei pensieri ho ospitato un pipistrello.

Ho pensato proprio a quel pipistrello.

Ma non l’ho pensato con la faccia da pipistrello.

Aveva la faccia di un cittadino o cittadina di Wuhan.

Ho chiuso gli occhi e li ho riaperti.

Stavo ancora pensando a quel pipistrello ma questa volta la faccia era quella di un uomo o donna tedeschi.

Poi di uno spagnolo o spagnola, di un francese o di una francese, di un russo o di una russa e di un americano o di un’americana.

Nell’incertezza del sesso avevo una sola certezza: erano nani.

Una roulette russa fatta di facce e, alla fine, quando il tamburo della rivoltella ha smesso di ruotare, la faccia del pipistrello era la mia.

Sono corso in bagno, davanti allo specchio, a controllare non fosse avvenuto quello che gli informatici chiamano “reverse engineering”.

Piano, lentamente, mi sono esposto con il terrore di trovarmi davanti non la mia solita faccia ma quella di un pipistrello.

La mia faccia era ancora lì, sempre quella, sempre la stessa.

Passato lo spavento, il mio pensiero è tornato al suo ospite.

Il pipistrello non aveva più il suo corpo ma quello di un proiettile.

Così, nel giro di pochi secondi, il pipistrello aveva corpo di proiettile e una faccia non meglio definita, non certo la sua.

Inevitabilmente ho pensato: cosa starà pensando, ora, il pipistrello?

Avrà consapevolezza, il pipistrello, di cosa è stato capace di scatenare (lui?)?

Sarà vivo o sarà morto?

Io sono vivo (è un eufemismo).

Lo diceva ieri Lindo, lo dico oggi io.

Poi ho pensato al momento in cui il pipistrello ha incontrato l’uomo a cui ha passato il testimone.

Il testimone si chiama “salto di specie” e non ha forma visibile ad occhio umano.

Ho visto la faccia amorevole con cui l’uomo tendeva la mano al pipistrello in segno di pace.

Ma pace non era, era studio con un bisturi in mano.

Era un dire, per dire: “Piacere, io sono l’uomo disgrazia e tu la cavia che strazia”.

Poi ho immaginato l’uomo disgrazia giocare con i suoi bimbi e le sue bimbe.

L’ho immaginato cenare in compagnia degli amici e delle amiche di sempre.

L’ho immaginato discutere con colleghi e colleghe nel bar del laboratorio di ricerca.

L’ho immaginato fare l’amore con sua moglie, sesso con la sua amante, poi giochi erotici con una prostituta perché ha una sorta di dipendenza dal sesso.

L’ho immaginato ripetere la sua quotidianità fino al giorno in cui l’ho visto maledire il suo essere disgraziato.

L’ho visto maledirsi quando non aveva senso farlo e mi sono chiesto: quando ha senso?

Poi ho visto una specie, quella umana, maledirlo senza scopo ma solo per rabbia.

Poi ho visto la specie, sempre quella umana, scagliarsi rabbiosamente contro il pipistrello senza senso e mi sono chiesto: dove risiede il senso in tutto questo?

Alla fine, quando il mondo è tornato la Babele d’altri tempi, in tutto il suo splendore, ho pensato: pipistrello, non prenderla male, ma credo ti abbiano un tantino sopravvalutato sai.

Non riesco proprio a vederti nei panni dell’eroe cattivo, l’Hulk nero che soffia nei polmoni della gente.

Piuttosto, ora che ci (ri)penso, ti vedo con il corpo e la faccia di un bellissimo capretto mentre (in)felice saltelli da un banco di vivisezione all’altro.

L’(in)felicità della spensieratezza di chi non sa e scambia, all’inizio, la tortura per un gioco.

Quando arriva il dolore è troppo tardi per volare via.

Sì, decisamente, “Capro” deve essere il tuo nome e “Espiatorio” il cognome con i quali la specie umana si sciacquetta la sua piccola e misera coscienza da quattro denari di bronzo per non sentirsi in colpa per la sua nefandezza.

L’ospite mi saluta, educatamente, e se ne va.

Con un battito d’ali è fuori, all’aria aperta.

Sarebbe così semplice.

Lo è per lui che vola via, se ne torna da dove è venuto lasciandomi qui con i miei strampalati pensieri.

Chiuso in casa.

Come fossi dentro un laboratorio.

Come fossi una cavia oggetto di studio.

Speriamo a nessuno venga in mente di sezionarmi.

Sono mica un pipistrello io.

O no?

 

 

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