Racconto di Liliana Vastano

(Sesta Pubblicazione – 9 marzo 2021)

 

Quel sabato pomeriggio pioveva a dirotto e così mi ero rifugiato nel mio caffè preferito. Da cinque minuti ero lì che mi godevo la tranquillità del locale, quando davanti ai miei occhi si materializzò una scena incredibile: una signora anziana di bell’aspetto, impermeabile e cappellino in tinta, avanzava sotto la pioggia battente condividendo un grosso ombrello con un signore alto, capelli bianchi, ben messo. Era mia madre. L’intreccio fra stupore e discordanti emozioni mi impedì di alzarmi immediatamente e di capire cosa stesse accadendo. Quando lo feci, tutt’intorno al caffè non c’era nessuno. Mia madre era una prof. in pensione vedova da una decina d’anni. Era una donna di cultura, appassionata lettrice, frequentatrice di teatri. Viveva la sua terza età con molta allegria e si dedicava, per quel che poteva, anche ai nipoti, cioè i miei figli. Su una cosa però era stata categorica: chiamatemi quando volete dal lunedi al venerdi ma nel week end non ci sono per nessuno. Veniva a pranzo da noi solo nelle feste comandate e in occasione dei compleanni, altrimenti nei fine settimana si vedeva, per un aperitivo, con le amiche del Circolo del Bridge, andava fuori città in visita con Italia Nostra o altre associazioni culturali oppure alla pomeridiana del teatro Mercadante. Abitava a Mergellina, in Viale Regina Elena, nella casa dove ero cresciuto, mentre io mi ero trasferito nella zona di Chiaia da quando mi ero sposato, a due passi dal mio caffè preferito. Concludendo, visto che era sabato pomeriggio e non doveva venire da noi, che ci faceva mia madre a Vicolo Baciadonne al braccio di uno sconosciuto? Mi vennero mille pensieri, non tutti belli, in verità: possibile che mia madre fosse rimasta vittima di un truffatore? E se per caso si fosse trattato di un “caro amico”? E che c’era di tanto urgente da fare per costringerla ad uscire con quel tempaccio? Per riflettere meglio sul da farsi, mi concessi un altro cappuccino e una fetta di torta al cioccolato. Tornato a casa ne parlai con mia moglie la quale cercò di rassicurarmi convenendo, tuttavia, sul fatto che sarebbe stato opportuno saperne qualcosa di più. Decidemmo, al momento, di non parlargliene. Il sabato successivo io mi sarei recato, più o meno alla stessa ora, nel mio solito caffè e mi sarei accomodato in un posto strategico per tenere d’occhio la strada. E così fu. Ordinai subito una cioccolata calda con i biscotti, per darmi un tono sfogliai distrattamente un giornale e, finalmente, la vidi. Non era sola, come avevo immaginato, era al braccio di un signore attempato, elegante, ben messo, che non era lo stesso dell’altra volta. E allora? Cosa dovevo pensare? Cosa dovevo fare? Mi ripresi subito, uscii immediatamente fuori con l’intento di seguirli ma, anche questa volta, erano spariti, volatilizzati. Il sabato successivo decisi di appostarmi sotto casa di mia madre la quale, per andare in zona Chiaia, avrebbe preso certamente la metro fino a piazza Amedeo oppure un taxi. In ogni caso sarebbe passata davanti alla stazione di Mergellina. Fui fortunato, dopo una mezz’ora di attesa la vidi arrivare. Salimmo sulla stessa metro, prima, però, lei fece una telefonata. Alla fermata di Piazza Amedeo, come avevo previsto, scese ed io a distanza la seguii. Si fermò in attesa all’inizio di via Parco Margherita, dopo un po’ arrivò il suo cavaliere, quello della prima volta. Sempre più incuriosito, iniziai a seguirli ma un imprevisto rovinò tutto. Mentre scendevo per via Vittoria Colonna, qualcuno mi chiamò. Era il padre di un’amichetta di mia figlia, a scuola c’erano problemi con l’insegnante d’inglese, voleva parlarmi. Fui costretto a fermarmi e il pedinamento andò a farsi benedire. Tornai a casa molto nervoso non riuscendo a dare un senso alla cosa visto che mia madre non aveva un accompagnatore fisso. Non volendo turbare la sua privacy, pur essendo un po’ timoroso che si stesse ficcando in qualche guaio, con mia moglie decisi che il sabato successivo l’avremmo aspettata insieme nelle immediate vicinanze del caffè per capire finalmente dove fosse diretta. Avremmo portato con noi anche i bambini per rendere più credibile un incontro casuale. La cosa fu organizzata nei minimi dettagli ma di mia madre neanche l’ombra tant’è che ci infilammo tutti nel caffè e ci gratificammo con cioccolata calda e biscotti. Gli appostamenti durarono ancora qualche settimana poi desistemmo anche perché mia madre appariva tranquilla, faceva la sua solita vita, si teneva volentieri i bambini, ci aveva invitati perfino tutti in pizzeria per festeggiare mio figlio più grande che era diventato cintura nera a Karate. Le perplessità rimanevano ma decisi di darci un taglio e non pensarci più. Agli inizi di maggio, all’approssimarsi del suo compleanno, mia madre mi disse che quell’anno avrebbe voluto festeggiarlo in un ristorante sul mare e che ci avrebbe fatto una sorpresa. Aggiunse poi che non sarei dovuto andare a prenderla a casa con l’auto ma ci saremmo visti direttamente al ristorante, quello del Circolo Canottieri a Posillipo. Strana, molto strana la cosa. Il Circolo Canottieri è riservato ai soci, quando mai mia madre era stata socia di quel circolo? Mi vennero in mente mille pensieri e ritornarono tutti gli interrogativi legati alle sue frequentazioni di Vicolo Baciadonne. Nel giorno stabilito, vestiti più accuratamente del solito, io, mia moglie e i bambini ci presentammo all’ingresso del Circolo Canottieri. Una volta entrati ci venne incontro la mamma accompagnata da un signore molto distinto, alto, elegante, che ci presentò così: questo signore è Maurizio un mio carissimo amico, un amico del cuore, direi, che volevo farvi conoscere perché lo vedrete spesso in mia compagnia. Che dire? Tutti muti, impacciati soprattutto io perché in Maurizio non avevo riconosciuto nessuno dei due signori con cui avevo visto accompagnarsi mia madre in Vicolo Baciadonne. Maurizio, vecchio socio del circolo, ci mise subito a nostro agio e si rivelò un ospite amabilissimo. Da allora lo vedemmo spesso e dopo qualche perplessità io e mia moglie convenimmo sul fatto che, sapendo la mamma in compagnia, saremmo stati sicuramente più tranquilli. Col tempo, non venne mai fuori alcun riferimento diretto o indiretto alla vicenda che ci aveva tanto impensieriti, né io e mia moglie trovammo mai il coraggio di parlare a mia madre dei suoi incontri a Vicolo Baciadonne che rimasero, così, avvolti nel mistero.