Racconto di Angelo Lachesi

(Prima pubblicazione)

 

 

Registri contabili, ricevute e note spese furono nuovamente analizzate con estrema cura: una mole enorme di documenti e certificati affollò la scrivania della segreteria che il revisore dei conti, saltuariamente, occupava per i suoi controlli.

Dopo aver trascorso quasi quattro ore curvo sui documenti, il revisore alzò lo sguardo verso la segretaria. Il suo viso cupo sembrava preannunciare un’orribile sciagura. L’espressione, come i suoi gesti, esprimevano un contegno senile che stava per spezzarsi: gli occhi pallidi, la fonte corrucciata e la bocca deformata da un ghigno di disgusto lasciavano trapelare la consapevolezza di essere giunto a una scoperta sconcertante.

– Mi chiami subito il dottor Sileo – disse con voce roca e preoccupata verso la segretaria.

Il viso della donna mutò in una maschera di sgomento e, senza esitazione, alzò la cornetta del telefono e chiamò il suo superiore.

Rapidissimo il dottor Sileo si recò in segretaria, fece uscire la sua assistente e chiuse la porta dietro di sé. Dopo un colloquio con il revisore di circa venti minuti uscì, anche lui con uno sguardo corrucciato e severo, dirigendosi rapidamente verso il suo ufficio. Il suo atteggiamento non faceva presagire alcuna buona notizia e contribuì ad alimentare lo stato di angosciante apprensione che già serpeggiava tra gli impiegati. Appena giunto in ufficio, si sistemò dietro la sua scrivania mentre tutti gli impiegati cercavano di dileguarsi ovunque avessero la possibilità. Bevve un sorso d’acqua, si sistemò la cravatta e chiamò la segretaria con il vivavoce:

– Faccia gentilmente accomodare nel mio ufficio Lambricchì e Amedeo.

Pochi secondi e i due addetti alla contabilità e alla fatturazione furono al cospetto del loro superiore. Con malcelato timore i due impiegati tentavano di mantenere un contegno disinvolto mentre, in preda alla paura, incrociavano lo sguardo severo e scrupoloso del direttore.

– Allora – esordì il dottor Sileo – qui ci sono due evidenti errori contabili sul bilancio del mese precedente e mancano le fatture per l’acquisto dell’acquario e della voliera.

I due impiegati rimasero a fissarlo impietriti.

– Sono inadempienze piuttosto gravi – proseguì il dottore alzandosi all’improvviso dalla sedia– un’azienda come la nostra non può permettersi tali errori che pregiudicano il lustro decennale di cui godiamo. Non si può – proseguì intonando la voce come stesse recitando in teatro – occupare una posizione di responsabilità e commettere tali inadempienze.

Seguitò poi la sua lunga requisitoria avventurandosi in una argomentata apologia del lavoro mentre, camminando su e giù per la stanza, gesticolava come un retore d’altri tempi. Silenziosi e deferenti i due impiegati ascoltarono il loro superiore mentre seguivano tutti i suoi movimenti. Terminato il suo discorso, il direttore si sedette e bevve dell’acqua. Ci furono alcuni secondi di incomprensibile silenzio, poi, rivolgendo lo sguardo ai due impiegati, li invitò implicitamente a prendere la parola.

– Dottor Sileo – esordì Lambricchì – mentre Amedeo aveva iniziato ad annuire con accondiscendenza ancora prima che il collega proferisse la prima parola – sappiamo con assoluta certezza chi è il responsabile di tali grossolani errori e chi ha omesso di custodire e archiviare con la cura necessaria le fatture che attualmente mancano.

Ci fu una pausa. Il dottor Sileo guardava impassibile l’impiegato mentre il collega continuava ad annuire malgrado fossero tutti in silenzio.

– Arnioni! Arnioni è il responsabile di tali deplorevoli errori e inadempienze!

– Arnioni dice? Ne è sicuro? – chiese perplesso il dottore.

– Ne ho l’assoluta e incontrovertibile certezza – rispose Lambricchì.

– Ne è convinto anche Lei – disse il dottor Sileo rivolto ad Amedeo il quale smise di annuire e iniziò a balbettare tentando di formulare una risposta. Ma non proferì altro che un una serie di vocali in successione. Solo dopo alcuni tentativi riuscì ad articolare delle parole:

– s… s… sì, con… conf… confermo!

– Bene signori – disse il dottore guardando i due impiegati con fermezza – potete andare.

I due impiegati si alzarono e si avviavano verso l’uscita. Lambicchì uscì per primo, Amedeo lo seguì ma sull’uscio dell’ufficio esitò per alcuni attimi. Poi proferì timidamente:

– Do… dottore, vo vo vorrei dir… che siccome infatti la partizione, secondo fu detto, è il giudizio del concetto, il porre la determinazione che gli è già immanente, epperò la sua differenza, e così questo porre non s’ha da intendere quasi un risolver di nuovo quella concreta unità delle determinazioni sue quali avrebbero a volere nel loro esser per sé.*

Il dott. Sileo guardava il registro contabile, mentre l’impiegato parlava, annuendo meccanicamente e fingendo di ascoltare le parole del lavoratore.

– Bene, ne prederò atto – rispose distrattamente appena l’impiegato ebbe terminato.

– Faccia venire Madez! – disse al vivavoce dopo pochi secondi alla segretaria.

Una volta al cospetto del suo superiore Mendez, addetto agli ordini e agli acquisti, lo anticipò risoluto e spavaldo:

– So perché mi ha chiamato direttore!

–Ah si? – disse questi con un tono e un’espressione di simulata sorpresa – e sentiamo per quale ragione?

– Le due malattie delle quali io non ho opportunamente presentato i relativi certificati medici.

– Ah si? – rispose il direttore questa volta realmente sorpreso.

– E Le posso dire anche la ragione per cui non li ho presentati.

– Sentiamola.

– Sì è colpa…colpa di Arnioni!

– E cosa c’entra Arnioni con la sua malattia?

– Era lui a dover provvedere ai certificati. Lui a doversi recare dal medico. Lui a doverli presentare all’azienda. E ovviamente non l’ha fatto.

Il direttore spazientito gettò, sbuffando, uno sguardo al soffitto palesando tutta la sua insofferenza.

– Senta signor Mendez – riprese dopo pochi secondi – su i permessi che non sono stati presentati soprassediamo. La ragione per cui l’ho convocata è che il fondo cassa, la cui gestione è affidata a Lei, registra questo mese un passivo ingiustificato di ben 876 euro. Lei sa che tutte le nostre spese sono rigorosamente quantificate e controllate. Come lo spiega?

– Come spiego cosa, le spese quantificate e controllate?

– Mendez, non faccia il cretino! Mi riferisco agli 876 mancanti dal fondo cassa!

– Ah sì i soldi… Beh Arnioni, è stato lui, è evidente! È stato lui ad aver sottratto quei soldi. Possiamo dire, senza alcun azzardo, che li ha sottratti indebitamente. Anzi, li ha rubati per esser più precisi!

– Rubati? Signor Mendez io non avevo accennato ad alcun furto, è sicuro di ciò che mi sta dicendo?

– Sicurissimo!

Il dottor Sileo posò il suo sguardo collerico sul dipendente per diversi secondi, mentre quest’ultimo lo fissava atterrito fingendo disinvoltura.

– Sono stufo, le cose ora cambieranno, per Lei e per i suoi colleghi – proferì astioso il direttore.

– L’azienda deve prendere provvedimenti contro questi parassiti – gli fece eco Mendez.

– No signor Mendez il parassita è Lei! Un parassita e un cretino! L’azienda non merita gente come Lei, non merita alcun rispetto, non meriti nemmeno che ti dia del Lei! Ora esci da questa stanza e non si farti più vedere!

– Dott. Sileo, mi lasci spiegare!

– Esci, farabutto! Urlò alzandosi di scatto.

Mendez uscì senza dire più nulla. Richiuse la porta dietro di sé e s’incamminò per i corridoi accompagnato dalle urla e dalle imprecazioni del direttore.

Quel giorno, alle diciotto e trenta, Aiace Arnioni aveva terminato quella giornata infernale e stava per uscire dall’ufficio quando, dinanzi all’uscita, fu chiamato dall’addetta delle reception che gli indicò un avviso da leggere. Prese svogliatamente il foglio tra le mani.

Avviso del 30/04/2008

Oggetto: Norme relative all’utilizzo del Capro Espiatorio aziendale.

In considerazione dei recenti errori e inadempienze compiute da alcuni impiegati in relazione alle modalità di comunicazione della malattia, alla redazione dei documenti contabili e alle emissioni di fatture, la direzione ricorda che l’utilizzo del Capro Espiatorio aziendale, come previsto dall’art. 203 del contratto aziendale, è prerogativa esclusiva della dirigenza.

Si invitano, pertanto, i sig.ri lavoratori ad assumersi l’onere personale relativo all’espletamento del proprio lavoro. La direzione aziendale riconosce la responsabilità personale nei confronti degli incarichi attribuiti e detiene la facoltà di giudicare la qualità e il buon esito degli stessi.

Si ricorda, inoltre, che la mancata osservanza delle regole sopra esposte può generare reazioni isteriche, moleste e talvolta violente da parte del Capro Espiatorio come previsto dall’art. 203 com. 80 del contratto aziendale.

Infine, si pregano i sig. lavoratori di apporre la propria firma per presa visione sul retro del presente avviso.

La Direzione

Terminata la lettura Arnioni girò il foglio, cercò il suo nome nell’elenco dei dipendenti ma, in quanto oggetto e non destinatario dell’avviso, non era presente. Lo restituì gentilmente all’addetta della reception che lo salutò sorridendo. Ricambiò il saluto con il medesimo sorriso, poi uscì.

Una volta fuori, non fece subito ritorno a casa come d’abitudine. Quell’avviso aveva risvegliato in lui un insolito buon umore rimediando, almeno in parte, alle pressioni e alle torture psicologiche alle quali era stato sottoposto quel giorno. Iniziò a passeggiare senza alcuna meta poi gli sovvenne della gelateria nella piazza della Stazione. Vi si diresse con passo lento. Si accomodò sulla panchina fuori dalla gelateria e si sistemò all’ombra per mangiare il gelato. In lontananza, scorse un collega che si dirigeva verso la stazione, lo salutò cordialmente ma fu ricambiato con un cenno del capo appena percepibile. Finito il gelato, si spostò nella parte della panchina lambita dal sole, si slaccio la cravatta e rimase a guardare i pendolari fumare in attesa del treno.

 

*Hegel, La scienza della logica, Introduzione p. 29

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