Racconto di Michele Messina

(Prima pubblicazione)

 

Un uomo era seduto alla fermata dell’autobus, il cielo non nascondeva nuvole e il sole vestito di bianco illuminava perfettamente ogni angolo della strada. Si chiamava Stefano, nessuno gli aveva comunicato che la fermata del 64 era stata soppressa. Ascoltava con aria sufficiente 500 canzoni di Peppino di Capri tra folate di smog, gabbiani arrestati dalla polizia di confine, fiocchi rossi appesi alle finestre e, quando iniziarono le note di “Speedy Gonzales”, si alzò dalla panchina verde e iniziò a dimenarsi sotto lo sguardo severo dei bigliettai. Subito dopo tornò a sedersi, abbassando gli occhi in direzione di una giovane coppia diretta al bar vicino.

Il giovane le chiese agitando i capelli biondi: “Lo vuoi un caffè?”

Lei rispose sorridendo: “Sì con lo stecco.”

Lui si fermò un attimo, poi il sorriso riprese a splendere: “Allora vuol dire che prenderemo un caffè con lo stecco e un’acqua tonica…con lo stecco…ahahah!”

Stefano non aveva letto il foglietto bianco dai contorni azzurri, appeso al palo, che recava la seguente scritta: “La fermata del 64 è stata soppressa per motivi di ordine pubblico, fino a quando i viaggiatori seduti non saranno più dei viaggiatori sul tetto del mezzo pubblico.” Non lo aveva letto perché quel biglietto era rimasto attaccato solo per mezza giornata. Era stata la mano di un ragazzino a bordo di uno scooter a strapparlo in un attimo di insofferenza contro il potere costituito e le ruote della nuova cinquecento della signora Aurelia lo avevano calpestato, incollandolo ad un pneumatico. Successivamente si seppe che il biglietto dopo una lunga degenza alla Copisteria Fornaci, aveva chiesto asilo politico in Danimarca presso la tipografia della regina.

Il responsabile alla comunicazione, dottor Emanuele Stringato, era intervenuto immediatamente e aveva fatto mettere un secondo cartello. Stefano non vide neppure quello perché quel giorno era impegnato a seguire una serie su Infinity e il biglietto fu strappato da un profugo inglese, rifugiatosi in Italia per sfuggire alla Brexit. Venne usato come foglio per segnare l’indirizzo del centro di accoglienza presso la prefettura.

Per questo spiacevole inconveniente, conclusosi con una multa al reo confesso, sanzionata dai vigili urbani in uniforme estiva, venne posto un nuovo biglietto. Il destino non è sempre benevolo e verso il dottor Stringato fu ancora più tremendo: un camion che trasportava cassette di acqua minerale urtò con la parte posteriore al palo, il biglietto volò sotto le ruote di un passeggino. In seguito si unì ad un venditore di calzini per piedi sinistri e, infine, trovò rifugio nel bagno di un piccione, che da quel momento in poi lo usò come diversivo culturale. Dopo questo spiacevole disguido il dottor Stringato venne trasferito ad una nuova mansione e il suo posto rimase libero, anche perché le elezioni comunali incombevano e non era possibile assegnare un posto non previsto nei nuovi accordi circoscrizionali.

Stefano, ogni mattina alle 9,07, si sedeva alla fermata del 64 e aspettava l’autobus, dove aveva visto quella donna carica di borse che le segnavano i polsi, per questo l’aveva aiutata a scendere e lei lo aveva ringraziato, sorridendogli. Ricordava ancora le cicatrici momentanee impresse su quella pelle rosa. L’impazienza gli rovinava la t-shirt, i pensieri gli bruciavano la testa, gli occhiali chiedevano impetuosamente di andare in pensione, ma lui non demordeva, continuava ad aspettare il suo autobus numero 64, che non sarebbe più passato per via Giovanni Verga ma per via Leonida Bissolati. Tutto questo però Stefano non poteva saperlo.

Nel cielo volavano aerei diretti in Africa con l’intento di portare aiuti umanitari. Capitava che alcuni sbagliavano rotta e finivano per atterrare in Svizzera, forse per colpa di un foglietto strappato alla fermata dell’autobus?

Improvvisamente si sentì: “Lalalalalalà/Lalalalalalà/Lalalalalalà/Lalalalalà/Lalalà… ritorna a casa Speedy Gonzales…” e Stefano iniziò a ballare davanti a due massaie stremate accanto al carrello della spesa. Il caldo è molto pericoloso nelle ore centrali del giorno.

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