Racconto di Elisabetta Periani

(Seconda pubblicazione)

 

 

Quella notte non dormì quasi per niente.

Si alzò prima delle sei, il marito sapeva della sua abitudine ad alzarsi presto ma non era a conoscenza di quanto presto.

Duilio aveva un altro carattere, dormiva come un sasso appena appoggiava la testa sul cuscino.

Si fece una doccia veloce e si mise la tuta, poi uscì sulla strada che conosceva così bene.

Ben presto le lacrime iniziarono ad offuscarle gli occhi, come le capitava da un po’ di tempo ormai, per buona parte della giornata.

“Ma perché sto al mondo? Se non ci fossi più, sarebbe meglio per tutti, che senso ha?”

L’asprezza del pensiero non la colpì poi tanto, era da qualche mese che faceva pensieri simili.

Iniziò a camminare, erano le prime luci del mattino e per strada non c’era nessuno, solo ogni tanto vedeva una finestra accesa, qualche mattiniero come lei, ma più probabilmente per ragioni di lavoro, pensò.

 

Arrivò alla meta che aveva in testa nel giro di dieci minuti.

Il silenzio, che di solito amava, la faceva da padrone, ma in quel momento le dava molta ansia e agitazione. Si affacciò al parapetto.

Il fiume sembrava calmo. Diede un’altra occhiata in giro, non c’erano macchine né persone.

Con il cuore che batteva forte chiuse gli occhi e provò ad immaginare il volo, poi li riaprì e guardò di sotto. Sarebbe stato un bel salto, sapeva di non essere stata la prima ad avere avuto quell’idea.

All’improvviso sentì uno zampettare improvviso dietro di lei e si girò a guardare.

Il cane era abbastanza grosso ma appariva come un giocherellone.

Dietro c’era un uomo alto e robusto, sui trentacinque anni, che arrivò di corsa con un po’ di fiatone.

– Mi scusi – le disse sorridendo- spero non le abbia dato troppo disturbo.

– No, si figuri – gli rispose di rimando.

– Vieni Rick, finiamo il giro. Sa, non capita spesso che mi sfugga di mano, di solito lo tengo sempre al guinzaglio, però mi sembrava così tranquillo… Questo cane mi sta salvando. Sto passando un pessimo periodo dopo la morte dei miei, ho preso lui dal canile per aiutarmi.

Ginevra gli sorrise. – Sì – rispose – i cani ti salvano la vita.

– Buona giornata, signora! Non si appoggi lì però, è pericoloso – e dopo quest’ultima raccomandazione l’uomo e il cane se ne andarono.

Sospirò passandosi una mano tra i capelli.

C’era qualcosa di nuovo in lei, nei suoi pensieri. “Eh no” pensò “ora torno a casa. Se necessario mi metterò in malattia dal lavoro per qualche tempo, ma qualcosa devo fare. Mi farò aiutare, non posso continuare così”.

Non sarebbe stato così facile e immediato, ma lo doveva prima di tutto a sé stessa.

Gli altri potevano aspettare.