Racconto di Angela Moscarelli

(Terza pubblicazione – 24 febbraio 2021)

 

 

 

…si ritrovò a vagare per la città, come sempre persa nei suoi pensieri, senza una meta o un luogo preciso da raggiungere ma era proprio quello che la faceva sentire libera.

Cos’era, si chiese, per la maggior parte delle persone, la quotidianità? Era un susseguirsi infinito delle solite cose da fare sempre alla solita ora: svegliarsi ad una certa ora per andare a lavoro ad una certa ora e mangiare ad una certa ora, pure se non si ha fame, per poter rientrare a lavoro ad una certa ora e poi andare a dormire almeno ad una certa ora, anche se non si ha sonno, altrimenti non ci si sveglia alla stessa ora per andare a lavoro alla solita ora.

E così ci si trascina in giorni tutti uguali senza neppure chiedersi, alla fine, se si è felici di quella vita scandita da noiose certezze.

Però sapeva anche che il senso di colpa è sempre pronto a puntare il dito: “ma come, invece di essere contenta di avere un lavoro, delle sicurezze, ti lamenti anche?”

Perché il senso di colpa e di responsabilità sono crudeli, ti intimano di essere “razionale”, di essere persona di buon senso; non importa se non sei felice, se il tuo corpo ti dice che sei stanco, se il tuo cuore vorrebbe farti capire che è triste, senso di colpa e senso di responsabilità ti riporteranno sulla “retta via”, ti diranno che dovrai proseguire per la solita strada, quella delle certezze (fossero pure effimere, apparenti e deleterie per la tua felicità).

Il senso di colpa e di responsabilità stanno sempre all’erta. Appena ti sfiora il desiderio di una vita diversa, ecco che spuntano immediati a ricordarti che devi pensare innanzitutto a sopravvivere e poi “cosa ne sai che saresti felice se avessi una vita diversa. D’altronde, non sai neppure tu cosa vorresti davvero e cosa ti farebbe star bene”. Perché questi due impostori non ti danno scampo, non ti danno speranza, ti inchiodano, non ti lasciano neppure la possibilità di sognare.

E tu finisci per credere loro ancora una volta, ti affidi ai loro buoni consigli. E così rimandi. E nel frattempo cerchi di farti piacere anche cose che non ti piacciono, perché in fondo la felicità non la possiamo trovare all’esterno ma dentro di noi. Non sono i luoghi o le singole situazioni a condizionare la nostra vita ma come noi la affrontiamo, ovunque siamo e qualsiasi cosa facciamo.

Ok, belle parole, ti dici. E poi ti chiedi: le penso per consolarmi o ci credo davvero?

Questo pensava mentre continuava a vagare senza meta.

Pensieri e passi, ora veloci ora lenti.

E così, vagabondando per le strade della città e tra i meandri della sua testa, si ritrovò ad un certo punto davanti al mare. Mare impetuoso e in tempesta, così come i suoi pensieri.

Si fermò ipnotizzata a guardare onde enormi che arrivavano quasi sulla strada. Sentiva gli schizzi d’acqua salata sulle labbra e sul suo viso. Era spaventata e attratta allo stesso tempo da quello straordinario spettacolo.

Era come ascoltare un respiro profondo e rumoroso. Era il mare che affermava senza ombra di dubbio: io sono qui e sono vivo!

E lei più guardava quelle onde gigantesche e impetuose più si sentiva pervadere da una adrenalinica quiete.

Questo sentiva dentro di sé: un’esaltazione che però, contemporaneamente, le dava serenità e la faceva sentire straordinariamente viva.

E proprio quella sensazione era forse un frammento di quella felicità tanto agognata.